La storia del boss mafioso sepolto in Chiesa

28/03/2012 di Dario Ferri

CHE C’ENTRA DE PEDIS – Che c’entra De Pedis, imprenditore e criminale tanto da meritarsi l’appellativo giornalistico di boss, e collettore di una pletora di piccoli e grandi criminali nella Roma degli anni ’70 e ’80 fino a finire ammazzato da un ex amico per vendetta a causa del carcere patito? Non è vero che è stata Sabrina Minardi a chiamare in causa per la prima volta la Banda della Magliana nel rapimento di Emanuela Orlandi. La primogenitura di questo sgùb è di Max Parisi e Otello Lupacchini, che nel libro Dodici donne e un solo assassinocitano espressamente Enrico “Renatino” De’ Pedis. La fonte? Giulio Gangi, l’agente del Sisde che già abbiamo incontrato nel primo pezzo. E che dice di preciso? Un sacco di cose, qui riassunte: “Lupacchini e Parisi partono dal caso di Emanuela Orlandi, giovanissima cittadina vaticana scomparsa a Roma il 22 giugno del 1983, per approdare al crac del Banco Ambrosiano e agli intrighi in Vaticano attraverso «un finanziatore privato romano, in rapporti con personaggi legati a Pippo Calò (cassiere della mafia) e alla banda della Magliana, che possedeva un negozio in corso Rinascimento», dirimpetto al Senato. Proprio dove Emanuela venne adescata e vista per l’ultima volta mentre parlava con un uomo. L’incontro avvenne di fronte alle vetrine del locale di un «noto usuraio condannato a una pesante pena detentiva per concorso nella bancarotta del Banco Ambrosiano». Il nome che sciorinano gli autori è quello di Fausto Annibaldi che insieme a Ernesto Diotallevi (vecchia conoscenza del giudice Lupacchini ai tempi dell’inchiesta sulla Banda della Magliana) avrebbe prestato prestato 24 miliardi di dollari a Calvi. Annibaldi – ricordano gli autori – possedeva un’officina all’interno della quale venne ritrovata la macchina presumibilmente usata per trasportare la Orlandi. E la ragazza bionda che parcheggiò l’auto aveva una relazione con Enrico De Pedis, capo della «Bandaccia», unico boss ad essere sepolto in una chiesa del Vaticano.

LO STRACCIO – Di tutto questo non solo non c’è prova, ma ci sono anche alcune smentite. Ricordiamo che l’aggancio, l’approccio, l’abbocco – che dir si voglia – è stato fatto davanti al Senato della Repubblica, all’epoca pieno di polizia perché c’era il terrorismo ed avevano appena sparato a Gino Giugni, in zona; in più, c’erano delle telecamere che però quel giorno non erano in funzione, anche se questo il nostro rapitore di Emanuela non avrebbe dovuto saperlo…), o qualche altra improbabile ipotesi, è un po’ buia. Ricordiamo che Giulio Gangi non riconobbe come Sabrina Minardi la donna che lo fermò in un hotel quando si era avvicinato alla Mercedes che gli aveva indicato il vigile. Ricordiamo che questa lunga storia ha però un altro collegamento con Renatino. Perché uno dei messaggi deliranti di rivendicazione del sequestro Orlandi – la serie del Turkesh – chiama in causa un calciatore della Lazio, tal Spinozzi. Nella Lazio giocava anche Bruno Giordano, il bomber, all’epoca sposato e già separato da Sabrina Minardi, che invece frequentava – indovinate chi? Proprio Renatino De Pedis. Quanto è piccolo il mondo.

Leggi anche:
Debunking Emanuela Orlandi – 2

COSA DICE LA MINARDI? – Ma cosa dice davvero Sabrina Minardi? Ecco l’agenzia che all’epoca riportava per prima il caso:

=ORLANDI:TESTIMONE,LA CONSEGNAI A UN SACERDOTE; ERA INTONTITA = ZCZC AGI2194 3 CRO 0 R01 / (Rif. 2115) ==ORLANDI:TESTIMONE,LA CONSEGNAI A UN SACERDOTE; ERA INTONTITA = (AGI) – Roma, 23 giu. – “Io arrivai li’ al bar Gianicolo con una macchina – racconta – . Poi Renato, il signor De Pedis, con cui in quel tempo avevo una relazione, mi disse di prendere un’altra macchina, che era una Bmw e di accompagnareÂ…Cioe’ arrivo’ questa ragazza, una ragazzina, arrivo’ questa ragazza e se l’accompagnavo fino a sotto, dove sta il benzinaio del Vaticano, che ci sarebbe stata una macchina targata ‘Citta’ del Vaticano’ che stava aspettando questa ragazza. Io l’accompagnai: cosi’ feci. Durante il tragittoÂ…non so quanto tempo era passato dal sequestro di Emanuela Orlandi…la identificai come Emanuela OrlandiÂ…Era frastornata, era confusa ‘sta ragazza. Si sentiva che non stava bene: piangeva, rideva. Anche se il tragitto e’ stato breve, mi sembra che parlava di un certo Paolo, non so se fosse il fratello. Va be’, comunque, io quando l’accompagnai c’era un signore con tutte le sembianze di essere un sacerdote, c’aveva il vestito lungo e il cappello con le falde larghe. Scese dalla Mercedes nera, io feci scendere la ragazza: ‘Buonasera, lei aspettava me?’. ‘Si’. Si’, credo proprio di si”. Guardo’ la ragazza, prese la ragazza e sali’ in macchina sua. Poi, io, dopo che avevo realizzato chi era, dissi, quando tornai su, a Renato: ‘A’ Rena’, ma quella non eraÂ…’. Ha detto: ‘Tu, se l’hai riconosciuta e’ meglio che non la riconosci, fatti gli affari tuoi’”. (AGI) Pot (Segue) 231306 GIU 08 NNNN

Oh, ma mi sbaglio o dice: “io la identificai come Emanuela Orlandi”? No, perché è un distinguo assai importante. Dove aveva visto la Orlandi, Sabrina? Nelle foto dei giornali.

Share this article