La storia del boss mafioso sepolto in Chiesa

28/03/2012 di Dario Ferri

Insomma, nella vita tutto può essere: ovvero, che realmente la Minardi abbia portato una ragazzina al monsignore, ma che questa ragazzina non fosse Emanuela, ma semplicemente che le somigliasse. Voi che dite? Che è un’ipotesi? Perché, invece quali evidenze abbiamo che la Minardi dica la verità?

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IL TESTIMONE COMODO – Sabrina Minardi infatti è un testimone comodo. Racconta una marea di delitti commessi dal suo amante De Pedis – regolarmente sposato con un altra donna – ma dimentica l’omicidio di un bambino, confessato però nel libro da lei cofirmato e uscito in tutte le librerie. Per questo è stata indagata dalla procura di Roma. Parla di un bambino sciolto nell’acido insieme ad Emanuela Orlandi, ma questo non può essere successo perché il figlio del pentito Nicitra è morto invece più di dieci anni dopo. Quante storie.

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LE TRACCE DEL 2008 – Sono passati quattro anni da quando sono state riaperte le indagini del caso Orlandi. Il pubblico ministero Simona Maisto ha indagato altre persone, ritenute amiche o collegate a De Pedis. Tra questi c’è Sergione. Chi lo vedeva a volte presentarsi alla Banca dell’Agricoltura dei Colli Portuensi per “versare”, come diceva sempre, si ricorda che era tanto grosso da non riuscire a entrare nell’automobile. Chi l’ha conosciuto “ma è roba de quarant’anni fa”, invece, non ha proprio voglia di parlarne: “So’ cose che è meglio dimenticare, e poi che l’hanno arrestato non vuol dire niente: lo sai quanti ministri arrestano entro la fine dell’anno?”.  Chi invece l’ha osservato all’opera fa sapere che sapeva come gestire le sue vittime. Mai aggressivo, quasi accomodante nei modi. La sua forza risiedeva anche nel suo passato: il biglietto da visita di ex membro della Banda della Magliana bastava ad incutere timore e rispetto dai suoi ‘clienti’. Clienti tra i quali comparivano commercianti, imprenditori, anche ex carabinieri e vip come Marco Baldini, ‘spalla’ di Fiorello, indebitato per gioco d’azzardo e scommesse. Giuseppe De Tomasi, alias Sergione, era a capo di un gruppo criminale composto esclusivamente dai suoi familiari dedito all’usura, all’estorsione e al riciclaggio. Tra i familiari c’è suo figlio Carlo Alberto.

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