Carolina Picchio: dopo il suicidio la violenza continua

05/02/2013 di Maghdi Abo Abia

IL TRASFERIMENTO NON SOPPORTATO – A quel punto si è trovata costretta ad andare a Novara dal padre, Paolo Picchio. Una situazione complicata, quindi, come confermato dal Procuratore Francesco Saluzzo il quale ha invitato tutti a non lanciarsi in una caccia alle streghe che avrebbe come conseguenza quella d’influenzare negativamente le indagini. Restano però le frasi affidate a Facebook della giovane. Il suo ultimo aggiornamento di stato di Facebook, scritto poche ore prima della morte, è abbastanza eloquente:

Con la gente ho già avuto troppa pazienza, non voglio più perdere tempo.

Mentre invece tra i bigliettini rinvenuti dalla polizia in casa del papà è stato trovato il seguente messaggio:

Scusate se non sono forte, mi dispiace. Tati, amiche mie, vi voglio bene. Non è colpa di papà

Parlavamo poi di strada. Pochi giorni dopo i funerali di Carolina è stata registrata una rissa tra ragazzi nel luogo in cui gli amici della quattordicenne hanno affrontato coloro che erano ritenuti i “responsabili” del suicidio della ragazza. Un giovane è stato rintracciato dal Corriere della Sera ed ha spiegato di non essere un bullo, anche se ha riconosciuto di aver trattato male Carolina. Perché? Non si sa. Così. “Con quel suo modo di fare lei mi faceva arrabbiare e le ho girato le spalle. Perché… Non lo so nemmeno io il perché, era così e basta”.

LE CONTRADDIZIONI – Confusione. La stessa che ha caratterizzato le indagini. Prima si parlava di una lettera, poi non era vero. Il Corriere della Sera ha parlato di uno schiaffo, invece c’è stata una rissa. I compagni di scuola si sono presentati con uno striscione sul quale avevano scritto “Bella Caro, sei l’angelo più bello” ma hanno minacciato ritorsioni nei confronti dei responsabili, dimenticando quello che era il messaggio del prete che ha officiato la funzione, Padre Giuseppe Galliano, ovvero di sentirsi “vicini nello spirito” della defunta. Pensiero dedicato in special modo ai carnefici. Ma nessuno ha fatto questo. Le responsabilità si sono rimbalzate da persona a persona ed oggi ancora non si sa perché Carolina ha deciso di farla finita.

LA INSULTANO ANCORA – Ma certo non possiamo dire che si siano interrotti gli atti di bullismo via web. La mamma della giovane, Leite Colla, ha spiegato che la memoria della figlia è ancora offesa nonostante la scomparsa. Si, su Facebook ci sono persone che insultano Carolina nonostante la tragedia che l’ha colpita. La sorella Talita risponde come può e cerca d’informarsi su chi siano le persone, talvolta compagne di classe della giovane, che prima hanno dimostrato empatia e vicinanza a Carolina ed i suoi amici e poi hanno continuato a “bulleggiare” i compagni di classe esattamente come niente fosse avvenuto.

A DIFESA DELLA SORELLA – In fondo parliamo di ragazzi, ovvero di persone che a causa della loro età non riescono a dare né peso né importanza ai propri gesti. Una parola vale l’altra e quando qualcuno si sente ferito ecco che arriva la difesa. “Eh, non volevo”. Oppure “Scusa”. Carolina se le è sentite dire, ma non ha potuto, o voluto, reagire. Chi ha reagito, invece, è la sorella Talita la quale ormai interviene a difesa della sorella come ha fatto ad esempio nel gruppo chiuso “Carolina Picchio, addio angelo meraviglioso“. Un profilo che riassume quelle che sono le accuse della mamma di Carolina.

LA SCHEDA – Su Facebook sono tanti i singoli commenti offensivi ma in questo caso parliamo di una pagina chiusa, accessibile solo dietro autorizzazione degli amministratori. Il gruppo è animato da Zoe Anderlini, ritenuta da “l’olocausto animale” Trollettina per via del suo divertimento fatto di insulti fini a sé stessi lanciati solo per della facile notorietà. Uno su tutti, quello pubblicato in una pagina creata per ricordare Marco Simoncelli:

Adesso vado, domani voglio che tutti i meridionali se ne vadano dalla pagina sentivo puzza di cipolla. Eccoli li’ questi terroni di merda! Solo loro possono essere dalla parte di quell’assassino

Oppure, come scritto da L’Olocausto Animale:

Zoe Andreini definitasi ora “Aleksandra Serghejevich” ci ha lasciata. Se lo dice da sola “114 Ban e non dice altro.” Bene, meglio così

In questa pagina le persone hanno commentato il “volo” di Carolina con la stessa superficialità di chi l’ha spinta al suicidio. Battute come “voleva superare il record di Baumgartner” oppure “ora è letame per piante” dimostrano in maniera inconfutabile come sia difficile, se non impossibile, fare capire alle persone che il male chiama male. Alcune amiche sono intervenute ricevendo solo insulti e parolacce. Anche Talita Leite ha risposto agli amministratori ed a chi fa il grosso dietro ad un profilo forse falso.

PAROLE SENZA PESO –“Io sono la sorella di Carolina -queste le parole di Talita- e credimi si vede che non l’hai minimamente conosciuta per permetterti di giudicare il suo carattere! O come sarebbe stata da grande! Per tua informazione l’ha fatto proprio per la cattiveria di persone come te! Idiota!!!”. Ed è questo il punto. Qualcuno ha accusato Carolina di essere voluta crescere troppo in fretta, ma come si puo’ pretendere che una ragazza di 14 anni possa automaticamente comprendere da sola fino a dove si estende il male?

CATTIVERIE GRATUITE – Carolina molto probabilmente è stata uccisa da queste cattiverie gratuite ma il fatto che continuino in maniera irrispettosa nonostante la sua morte dimostrano come in realtà non si impari nulla e che non vi sia rispetto per chi è rimasto schiacciato. La famiglia ha deciso di non reagire, ha mantenuto il massimo riserbo sulla faccenda, ha cercato di difendere l’onore della ragazza con compostezza ed educazione. E la stessa Carolina li ha scagionati nei suoi bigliettini proteggendo in special modo il papà, forse visto come possibile colpevole della sua crisi a causa del trasferimento da Oleggio a Novara. Invece non sopportava i commenti degli esterni, di chi non conosceva, di quelli che non sentono la responsabilità delle parole e che insultano certi di farla franca perché “forti” e “sicuri”. Un po’ come discutere con un asino che raglia.

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