L’altra casta: sprechi e privilegi dei dipendenti del Parlamento
04/04/2013 di Alberto Sofia
Vizi e privilegi non sono garantiti soltanto ai parlamentari. Sono gli uscieri l’altra faccia della “Casta“, da 10 mila euro al mese. Un vero esercito, al quale si aggiungono tutti i commessi che lavorano tra Montecitorio e Palazzo Madama: . Lo svela il Giornale, citando un documento riservato del Senato, che mostra i numeri degli sprechi. Dai barbieri, agli stenografi, passando per dirigenti e segretari, fino agli assistenti e agli addetti alla buvette. Non manca proprio nessuno tra i palazzi che non conoscono crisi. Né sacrifici, anche perché, di fronte al rischio tagli, le tredici sigle sindacali si sono opposte compatte.
USCIERI E DIPENDENTI: TUTTI GLI SPRECHI – I numeri parlano chiaro. Tra Camera e Senato i dipendenti sono più di due mila: 800 a Palazzo Madama, 1540 a Montecitorio. Insieme, tre volte più numerosi dei deputati: nel 2012 sono costati mezzo miliardo. E, leggendo gli stipendi, le cifre non riflettono certo i sacrifici fatti dal resto del paese, né i compensi di altre categorie. “C’è chi guadagna anche più del capo dello Stato Giorgio Napolitano”, spiega il Giornale. Nel documento, che risale alla fine dello scorso anno, sono riportati gli stipendi lordi dei dipendenti, gli scatti per ogni anno di lavoro, oltre che la simulazione della loro curva retributiva: “Ma sembra una linea retta, che vola verso i livelli standard di fine carriera”, si accusa. Come se fossero dei manager d’azienda. Il documento nasce dal tentativo studiato di abbassare i costi del personale, portando da 27 mila a 21 mila euro il livello di fine carriera. Ma, per il Giornale, le barricate fatte dai sindacati hanno impedito di operare una drastica riduzione delle spese.
STIPENDI DA MANAGER – Il quotidiano presenta alcuni esempi, analizzando le diverse fasce:
“Partiamo dal grado più basso, quella di«assistenza tecnico- operativa», cioè i commessi, o i famosi barbieri. Appena arrivati hanno un lordo di 2.482 euro al Senato e 2.338 euro alla Camera. Ma dopo soltanto 12 mesi, per contratto,scattano rispettivamente a 2.659 euro e 3.199, e ogni anno guadagnano di più, inesorabilmente, recessione o non recessione, crisi o non crisi. Con 40 anni di anzianità l’ultimo stipendio dell’usciere è di 10.477 euro lordi mensili (aumentato del 400% rispetto all’inizio carriera), che moltiplicati per 15 mesi fanno 157.500 euro all’anno, come un dirigente di una grossa azienda.
Poi ci sono anche gli addetti amministrativi, come le segretarie e coloro che hanno il compito di fare fotocopie e inviare le convocazioni per le commissioni: in questo caso gli stipendi superano a fine carriera i 12 mila euro al Senato (poco meno alla Camera), partendo da una base di 3 mila euro circa. E i funzionari? Arrivano fino a 17 mila euro, mentre i dirigenti toccano i 27 mila. Anche Marzia Maglio di Ballarò aveva scovato numeri simili per i 1540 dipendenti della Camera: in media, si passa da compensi da 67 mila euro annui (per il livello più basso) fino a 167 mila euro (per i consiglieri parlamentari). E come dimenticare i 406.399 euro del segretario generale di Montecitorio. Cifre irreali per troppi italiani.
BUONUSCITE E PENSIONI – Non mancano nemmeno le maxi-liquidazioni: “Al segretario generale di Palazzo Madama – Antonio Malaschini, ndr – sono andati un milione e 200mila euro, quando ha lasciato l’incarico”, continua il Giornale. Una buonuscita che si aggiunge alla pensione di 520 mila euro annui. E proprio il sistema pensionistico rappresenta un’altra isola felice, rispetto alla scure Fornero: “Gli esodati non esistono, anzi si va in pensione a 51anni, e con una penalizzazione ridicola, dall’1% al 4,5% massimo sull’ultimo stipendio”, conclude l’articolo del Giornale.E la media dell’età di chi chiede di andare in pensione al Senato tocca soltanto i 55 anni. In pratica, la Casta è ampia e non è composta di soli politici: altro lavoro in vista per i neo presidenti delle Camere Grasso e Boldrini, che, dopo essersi decurtati lo stipendio, hanno annunciato la volontà di ridurre i costi. Incomprensibili di fronte alla sofferenza di un paese ancora in recessione.