L’Arabia Saudita ha fermato i bombardamenti in Yemen

22/04/2015 di Mazzetta

Il Tweet con il quale il principe al Waleed Bin Talal promette 100 Bentley ai piloti sauditi
Il Tweet con il quale il principe al Waleed Bin Talal ha promesso 100 Bentley ai piloti sauditi

I SAUDITI CANTANO VITTORIA  –

La pazienza e il basso profilo tenuti da Washington sembrano aver premiato, anche se è difficile definire un successo un’azione che sembra aver avuto il senso dei bombardamenti israeliani su Gaza, un attacco meramente punitivo senza grandi prospettive oltre quell’orizzonte, visto che sul terreno non c’erano forze armate ad approfittare dei bombardamenti. Così ora i sauditi sono passati dall’operazione Decisive Storm (Tempesta decisiva) per rimuovere «le minacce» a Restoration of Hope (Ricostruzione della speranza) per «proteggere i civili». In questa fase pare che rimarrà il blocco navale e che la Guardia Nazionale saudita, il reparto più efficiente e fidato, sarà schierato ai confini con lo Yemen e sembra che l’intenzione sia quella di far passare solo i carichi «umanitari» in un’altra inquietante analogia con Gaza, se non fosse che i confini e le coste dello Yemen sono tutta un’altra storia da controllare. I sauditi comunque formalmente cantano vittoria a il principe al Waleed ha pubblicato un Twitter con il quale annunciava il dono di 100 Bentley ai 100 piloti sauditi che hanno partecipato ai bombardamenti sullo Yemen. Poi ha cancellato il tweet perché forse qualcuno gli ha fatto presente che non faceva proprio una bella impressione e che non è carino nei confronti delle 1000 vittime dei 100 coraggiosi piloti che li hanno uccisi senza correre molti rischi, visto che non un aereo attaccante è stato colpito dall’inutile contraerea yemenita.

UNA GUERRA SENZA SENSO –

A uscirne tutto sommato meglio è Washington, che ha subito l’iniziativa saudita dando evidenti segni di fastidio, tanto che mentre i bombardamenti sauditi favorivano e non toccavano i qaedisti in Yemen, gli americani hanno continuato a bombardarli con i droni come se non fosse successo niente e non hanno nemmeno evacuato i propri cittadini, né si sono accordati con altri paesi per consentire loro d’imbarcarsi su altre navi giunte a prelevare i cittadini di altri paesi. Così gli americani presenti nel paese se la sono filata alla chetichella, riuscendo comunque ad arrivare quasi tutti a Gibuti attraversando il Mar Rosso con relativa facilità. Segno che gli americani sapevano fin da subito che i bombardamenti non sarebbero durati più del mese annunciato e anche che non avrebbero precipitato il paese in guerra, perché in Yemen erano in pochissimi con la voglia di combattere gli Houthi e quanti si sono schierati con loro, e ancora meno quelli che lo avrebbero fatto per Hadi o per i sauditi. Tra l’altro se c’è una caratteristica rimarchevole dello Yemen è che la consuetudine agli scontri armati fa sì che rimangano sempre molti limitati e che vengano risolti più con la trattativa o la resa che con lo showdown all’ultimo sangue, tanto che i diversi scontri che si sono registrati nell’ultimo mese hanno provocato un numero molto modesto di vittime a differenza dei bombardamenti, ben poco chirurgici in diverse occasioni.

CI SONO DELLE VITE DA SALVARE IN YEMEN –

Ora l’emergenza principale in Yemen è quella umanitaria, perché il paese è il più povero della penisola Arabica e uno dei più poveri al mondo anche quando sta bene e in pace e l’aggressione saudita ha peggiorato la situazione, mettendo in crisi le strutture sanitarie e la catena degli approvvigionamenti, tanto che fin dai primi giorni di sono sviluppate file lunghissime ai distributori. Già in condizioni normali lo Yemen ha qualche milione di abitanti che dipendono dagli aiuti internazionali, più i profughi arrivati dall’Africa che vivono in diversi campi in attesa di proseguire il loro viaggio per mete più ambite, il rischio è che ora le conseguenze della guerra uccidano più della guerra stessa.

 

 

 

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