Le promesse mancate di Rafael Correa ai nativi dell’Ecuador

06/02/2014 di Mazzetta

ECUADOR-US-OIL-GLOVER

LA GUERRA AI NATIVI – Il caso più evidente di promesse dimenticate la portato a contrapporsi alla rappresentanza delle popolazioni native (il CONAIE) in maniera aspra e poco commendevole, soprattutto considerando che Correa è andato al potere sulle ali del loro sostegno e che nella costituzione ha voluto inserire il riconoscimento dei loro diritti. Oggi però il CONAIE lamenta che la sua politica delle concessioni minerarie e petrolifere passi sulle teste delle popolazioni locali e che non sia poi tanto diversa da quella di chi l’ha preceduto, lasciando ad esempio che Chevron trasformasse vaste aree di foresta vergine in pantani inquinati dal petrolio e poi si dileguasse inseguita da denunce che probabilmente finiranno nel nulla o in una sanzione poco significativa.

IL VOLTAFACCIA – Correa ha così cominciato a descriverli come estremisti, terroristi e a bastonarli pubblicamente in ogni occasione, dicendo che sono nemici del progresso, portatori di un «ecologismo perverso» e, soprattutto, a negare che abbiano potere decisionale su quanto il governo decide che vada fatto sulle loro terre, a cominciare dalla politica mineraria e finendo per l’utilizzo e lo sfruttamento dell’acqua. Troppe restrizioni dice, riferendosi a quelle che la sua stessa costituzione del 2008 afferma. La legge fondamentale del paese infatti negli articoli dal 71 al 74 stabilisce che la minoranza nativa «ha il diritto all’integrale rispetto della sua esistenza e al mantenimento della rigenerazione del ciclo vitale, delle strutture, delle funzione e del processo evolutivo». Più nettamente, lo stato deve prevenire «la distruzione degli ecosistemi e l’alterazione permanente dei cicli vitali» e rispettare il diritto delle comunità di godere dell’ambiente in modo che permetta una vita dignitosa.

LA COSTITUZIONE COME UNA PETIZIONE DI PRINCIPIO – Correa lo vede come un impedimento allo sviluppo e sostiene in pratica che si tratti di dichiarazioni di principio, largamente sorvolabili quando l’interesse nazionale sia preponderante, con tanti saluti alla «plurinazionalità» che avrebbe dovuto integrare e includere le autonomie più varie della gestione della cosa pubblica. Secondo Correa Marx, Engels, Lenin, Mao, Ho Chi Minh o Castro non si sono mai opposti allo sfruttamento delle miniere o delle risorse naturali, sorvolando ovviamente sia sul fatto che poi la coscienza e la scienza siano evolute fino ad illuminarne limiti e controindicazioni che sui diritti che la sua costituzione riconosce nero su bianco ai nativi.

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