L’occasione persa del bike-sharing

10/02/2014 di Maghdi Abo Abia

BIXI A RISCHIO FALLIMENTO – Il budget è di un milione e 272 mila euro, di cui 1 milione e 294 mila euro viene dall’Unione Europea. Per Padova sono stati forniti 120.752 euro a fronte di un costo di 170 mila euro. Insomma, nonostante il servizio sia ben apprezzato, mancano i fondi per poterlo spingere al meglio. Ed allora ci si affida ad aziende private che investono ottenendo in cambio della pubblicità. Ma questo non basta ancora. Come riporta il Financial Times ed America 24, il fornitore di servizi di mobilità su due ruote che offre il servizio di Bike Sharing alle città di New York, Londra e Sydney rischia il fallimento. La società in questione, la Bixi, avrebbe accumulato debiti per 50 milioni di dollari canadesi e rischia di essere rilevata dalla città di Montreal, in Canada, dove hanno sede i suoi uffici.

Chicago lancia il programma di Bike Sharing

IL CONTENZIOSO ECONOMICO – Il problema grosso è stato scatenato da New York e Chicago che hanno trattenuto pagamenti per 5,6 milioni di dollari Usa a causa di problemi riscontrati nel sistema di prenotazione delle biciclette. La Bixi aveva cercato di sviluppare un proprio software ed ha così rotto il contratto con la società sviluppatrice 8D che a sua volta ha chiesto un pagamento di una penale pari a 26 milioni di dollari. E nonostante la crisi, viene però garantito che i servizi continueranno ad essere erogati. Segno però che alla fine il meccanismo ha fatto corto-circuito. I cittadini potrebbero usare il servizio ma questo spesso non è adeguato alle esigenze degli stessi.

A COSA SERVE IL BIKE SHARING – E dire che, come abbiamo anticipato, i clienti ci sarebbero anche. Mondoeco ci presenta i dati provenienti dalla guida «The Bike Share Planning Guide», elaborata dall’ «Institute for Transportation and Development Policy» che ha presentato una panoramica mondiale dell’utilizzo dei servizi di bike-sharing. E nessuna città italiana è presente nell’elenco delle virtuose del mondo. Tolta la Cina, il Paese con il più grande sistema di bike-sharing, al momento in tutto il mondo i servizi sono circa 600 e, come riportato dall’Institute for Transportation and Development Policy:

I sistemi di bike sharing riducono il traffico, migliorano la qualità dell’aria, e in più aiutano a stare attivi e in forma. Riducono una delle barriere all’uso della bici in città: possedere e mantenere una bici propria. Ma soprattutto offrono un’alternativa ai mezzi motorizzati per tragitti brevi e risolvono il problema dell’ultimo chilometro: il tratto cioé che va dalla fermata di bus o metropolitane fino alla destinazione delle persone

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C’È ANCORA MOLTO DA FARE – Che poi alla fine è l’obiettivo che sta dietro alla nascita del servizio Bikemi. Ovvero quello di garantire un servizio che possa risolvere il problema dei percorsi brevi. E certo appare evidente che il mezzo è quello giusto, anche perché a Milano lo scorso settembre è stato registrato il record di prelievi in una giornata per la città di Milano, 10.495. Ma se dividiamo per le circa 3000 biciclette presenti in città, ci si accorge che mediamente ogni bicicletta ha fatto tre viaggi e mezzo. Se arrotondassimo per difetto, potremmo dire che ogni mezzo ha fatto quattro viaggi (immaginando qualche bicicletta ferma in una rastrelliera). Ma secondo l’analisi della «The Bike Share Planning Guide», le performance migliori sono ben lontane da quella milanese:

Barcellona: 18,8 viaggi per bici e 67,9 viaggi al giorno ogni 1.000 residenti

Lione: 8,3 viaggi per bici e 55,1 viaggi al giorno ogni 1.000 residenti

Città del Messico: 5,5 viaggi per bici e 158,2 viaggi al giorno ogni 1.000 residenti

Montréal: 6,8 viaggi per bici e 113,8 viaggi al giorno ogni 1.000 residenti

New York: 8,3 viaggi per bici e 42,7 viaggi al giorno ogni 1.000 residenti

Parigi: 6,7 viaggi per bici e 38,4 viaggi al giorno ogni 1.000 residenti

Rio de Janeiro: 6,9 viaggi per bici e 44,2 viaggi al giorno ogni 1.000 residenti

SERVE UN PROGETTO VERO – Per questo si tratta di un’occasione persa. Gli utenti richiedono biciclette da poter utilizzare ma i progetti italiani al momento sono ben lontani dall’essere definiti positivi. A partire dai buchi di bilancio e dalla scarsa cultura ciclistica di buona parte della popolazione, c’è la sensazione che si potrebbe fare molto di più, anche per fronteggiare i costi ed evitare che il servizio finisca in perdita o che società private possano ottenere soldi dal pubblico che potrebbe usarli per la collettività, come accaduto con Bikemi. Come ci spiega Italiapost, per ogni stazione Atm ha fornito un finanziamento di circa 40.000 euro. Moltiplichiamo questi soldi per le stazioni presenti e si capisce come il Comune avrebbe potuto sfruttare meglio tale denaro. Certo, per molte città siamo ancora agli albori ma questo dimostra che devono essere le singole autorità cittadine a scegliere un vero progetto di rilancio della mobilità e non semplicemente seguire una moda senza prendere in considerazione la situazione della propria città. Perché, a Bari come a New York, i problemi sono dietro l’angolo.

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