Londra, l’amore gay del principe saudita finito in tragedia
05/10/2010 di Pietro Salvato
Per la Old Bailey – La Corte criminale inglese – si è trattato di un omicidio volontario con evidente movente sessuale
Secondo la Central Criminal Court, in Inghilterra, popolarmente conosciuta con il nome di Old Bailey, un principe saudita lo scorso febbraio ha ucciso il suo servo con “estrema ferocia”. Il movente sarebbe “sessuale”, il suo inserviente avrebbe infatti cercato di resistere inutilmente alle insistenti “avance” del regnate arabo, il quale vistosi rifiutato l’avrebbe poi ucciso con inaudita violenza.
AMORE CRIMINALE – Questa è la storia di un apparente amore criminale tra Saud bin Abdulaziz Al Saud Nasser, ricco e potente principe saudita e il suo servo di corte, Bandar Abdulaziz. Una storia dove si intreccia un rapporto omosessuale con la violenza e la sopraffazione. Infatti, la vittima, prima di morire, è stata fatta oggetto di una terribile aggressioni fisica e di violenti maltrattamenti. Almeno questo è quello che ha stabilito la corte britannica. Tutto cominciò lo scorso 15 febbraio in una stanza d’albergo del celebre e lussuoso hotel a cinque stelle, Landmark a Marylebone, nel pieno centro di Londra. Qui, il trentaduenne Bandar fu trovato strangolato nella camera da letto che condivideva col principe saudita. Secondo le cronache di allora, la polizia fu allertata dal personale dell’albergo che, precedentemente, aveva trovato la vittima ormai esanime con gravi ferite al capo, nella sontuosa suite al terzo piano. Quasi immediatamente scattarono le manette per il regnate saudita che era con lui. L’accusa mossa dagli investigatori fu di omicidio volontario, tuttavia mancava ancora un movente. Certo, le voci di un raptus del principe, magari proprio a sfondo sessuale, erano cominciate a circolare quasi da subito, però mancavano ancora evidenti prove. Prove che, in base ai successivi rilievi autoptici e alle contraddizioni in cui è caduto il regnate nel corso del dibattimento, sarebbero poi finalmente emerse.
UNA VIOLENZA INAUDITA – Nel corso del processo, il principe Saud è caduto, più volte, in gravi antinomie inoltre, successive perizie, hanno appurato che i segni dei morsi lasciati sulle guance del povero Abdulaziz erano compatibili proprio con quelli del regnate saudita. Una prova, a detta della Old Bailey, evidente dell’accanimento morboso e violento del “padrone” carnefice sulla sua vittima. In un primo momento il principe ha sostenuto che il suo aiutante era stato vittima di una rapina ed era stato aggredito a Edgware Road tre settimane prima della sua morte. Ma i filmati di una videocamera presente nell’ascensore presso l’hotel Landmark dove i due abitavano, ha mostrato che la vittima era stata sì sottoposta ad un “assalto brutale” lo scorso 22 gennaio, ma non da parte di sconosciuti. L’aggressore era stato proprio il principe saudita. Con il passare dei giorni, agli investigatori è parso ormai chiaro che ad aver ucciso Abdulaziz, nella “privacy della camera” era stato proprio chi condivideva con lui la stanza. Il principe Saud, appunto. Ulteriori ricerca hanno rivelato come esistevano altri filmati della Tv a circuito chiuso, che hanno ripreso altri furibondi litigi tra i due.
LA CONDANNA – Proprio queste evidenze permisero di trasformare il fermo di polizia in arresto. Restava, tuttavia, da capire il movente: “la vera natura del rapporto” tra i due uomini, ha detto il procuratore di Sua Maestà, Jonathan Laidlaw. Alla domanda se i due avessero intrattenuto un’amicizia sentimentale, Saud ha affermato davanti alla giuria di essere solo “amici” e che era eterosessuale. Ma Laidlaw ha invece ribattuto che “Le prove dimostrano in modo abbastanza esaustivo che egli o è gay o ha tendenze omosessuali. E’ chiaro che il suo abuso sul povero Bandar non si limitava semplicemente a percosse fisiche. E’ evidente, al di là dei segni e dei morsi, che c’era anche un elemento sessuale alla base dei suoi maltrattamenti alla vittima”. E ancora. Per il Procuratore Laidlaw dietro l’imbarazzo del principe Saud “si nasconderebbe solo la paura di essere giudicato omosessuale nel suo paese”, paura ed imbarazzo che deve “pesare” molto di più rispetto a quella di essere un feroce assassino. “L’imputato nasconde l’aspetto sessuale dei suoi abusi per ragioni ben più sinistre, – ha affermato nel dibattimento il Procuratore – ma l’esistenza di un elemento sessuale per le circostanze della morte di Bandar sono evidenti”. L’esame autoptico, secondo il procuratore, toglie ogni dubbio “c’è stata un’inaudita violenza”, una violenza che solo un raptus dovuto alle resistenze del giovane inserviente, poteva scatenare. Per Laidlaw i giurati avevano solo due scelte da fare. Non quella tra innocenza e colpevolezza, ma quella tra “omicidio volontario o omicidio colposo”. La corte, chiuso il dibattimento, ha sentenziato la condanna per il reato più grave.