Caro Luigi Di Maio, chi di gentismo ferisce di gentismo perisce
22/07/2016 di Boris Sollazzo
Caro Luigi Di Maio, sono qui per difenderti. Lo so, non ne hai bisogno. O forse sì, dal momento che hai voluto, dovuto o sei stato costretto a chiedere scusa. A chiedere scusa se le tue “parole sono risultate offensive”. Ma è (anche) colpa tua se sono risultati tali
Perdonami se ti do del tu, ma sai uno vale uno e sarebbe da casta darci del lei. Io il tuo intervento l’ho apprezzato molto come, da tempo, trovo intelligente, strategicamente arguto e anche politicamente giusto il tuo tentativo di far diventare il M5S una forza credibile di governo. Apprezzo la tua propensione al dialogo con le altre forze, il tuo aver difeso Virginia Raggi dai tentativi di assalto alla diligenza della vostra ruspante corrente capitolina, il tuo tentativo di andare oltre il populismo a buon mercato.
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E in fondo il post su Facebook incriminato, che il Pd con foga grillina – eh sì, son lontani i tempi dei goffi spartani, ora anche loro sanno fare trollaggio social come dio comanda – ha subito attaccato, come già fatto con il voto segreto su Berlusconi, era volto proprio a quello. A dire a tutti che non siete più grillini, soldati ottusi al servizio di un re bizzoso, ma una forza politica seria, preparata, non di rado pronta ad alleanze utili a leggi giuste. Ho anche guardato con attenzione alla tua propensione alla partecipazione a dibattiti non facili – come quello “Dentro o fuori dal palazzo?” da cui è uscita questa polemica – e la tua capacità di partecipare a incontri non scontati per l’ideologia e la rigidità pentastellate. E tutto questo senza essere mai (ancora) espulso. Piaci a Grillo, ma non troppo, piacevi parecchio a Casaleggio. E non fai paura a noi trinariciuti che non siamo ancora stati investiti dall’illuminazione a cinque stelle.
Eppure. Eppure Luigi Di Maio, tu hai sempre cavalcato il populismo, il gentismo, le k nelle parole e gli uno e i punti esclamativi. Non li hai (quasi) mai usati, è vero, sebbene in qualche intervista tu sia caduto nella tentazione di cavalcarlo, così come nel post della discordia (vedi il gombloddo di Napolitano). Ma, lo ribadisco, in quel post hai scritto una cosa sacrosanta.
Io non ce l’ho con le lobbies. Esiste la lobby dei petrolieri e quella degli ambientalisti, quella dei malati di cancro e quella degli inceneritori.
Il problema è la politica senza spina dorsale, che si presta sempre alle solite logiche dei potentati economici decotti
Ero pronto ad applaudire, quando ho visto l’attacco del #teamNicodemo (anche se negherà ogni merito, per modestia), abilissimo a decontestualizzare e a offrire la Rete il suo linciaggio quotidiano. E ora vorrei difenderti Di Maio, ma il problema è tutto tuo. E già, perché questo gentismo esasperato a livello sociale, politico e morale lo hai alimentato anche tu. Hai educato tu un popolo, e un elettorato sempre più largo, a pensare che lobby sia sinonimo di corruzione, mafia legalizzata, Potere cinico e infame. In una parola, cricca. La lobby, invece, è quella che intendi tu. Lo dice anche la Treccani. Che alla voce lobby recita
Gruppo di interesse che opera prevalentemente nelle sedi istituzionali di decisione politica attraverso propri incaricati d’affari o apposite agenzie allo scopo di influenzare e persuadere il personale politico a tenere conto degli interessi dei propri clienti nell’emanazione di provvedimenti normativi
E allora certo che i malati di cancro, per fortuna, hanno diversi soggetti che ne curano, proteggono, sostengono gli interessi fondamentali. Ma è proprio il gentismo pentastellato ad aver fatto diventare quella parola sinonimo di “clan”, “cosca”, “cricca” o affini.
E allora Maio io ti difendo dall’attacco, ma ti condanno per la leggerezza con cui non hai valutato i danni che avete fatto alla grammatica politica di questo paese. Tu dovevi saperlo che “lobby dei malati di cancro” non potevi usarlo. Tu dovevi sapere cos’avete fatto a questo paese.
Perché, caro mio, chi di gentismo ferisce di gentismo perisce.