Il figlio del ministro Poletti si difende: «Il mio giornale prese i fondi quando papà non era in politica»

22/12/2016 di Redazione

«Io privilegiato? Non direi proprio. Lavoro part time come direttore di un settimanale e guadagno 1800 euro al mese. Siamo una cooperativa, nel 2015 ci siamo tagliati gli stipendi per non lasciare a casa nessuno». Risponde così a La Stampa Manuel Poletti, 42 anni, giornalista romagnolo e figlio del ministro. Manuel è balzato alle cronache per la frase di suo padre sui ragazzi italiani emigrati all’estero. E precisa: nessun favoritismo.

Lei è finito sotto accusa perché il suo periodico “Setteserequi” percepisce fondi pubblici.
«Il mio settimanale “Settesere” si è fuso con “Qui magazine”, che già percepiva fondi pubblici da anni come altre testate. E’ successo nel 2013, e mio padre neppure pensava a fare politica. Qualcuno davvero pensa che io debba cambiare lavoro perché mio padre fa il ministro?»

Dunque non ci sono state condizioni di privilegio?

«Ma per carità, mi viene persino da ridere. Faccio il giornalista da vent’anni, per 10 sono stato precario, poi mi sono stabilizzato. Anch’io sono stato all’estero per un periodo, poi sono tornato».

Lei è nel mirino per le frasi di suo padre sui giovani che vanno all’estero…
«Mio padre ha usato una frase infelice, ma il concetto ha un fondamento: non si può dire che i migliori vanno all’estero e in Italia restano solo i mediocri».

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Nel 2013 Giuliano Poletti, dopo una lunga esperienza nel Partito Comunista Italiano, era presidente della Legacoop Nazionale. E nel febbraio 2013 divenne presidente dell’Alleanza delle Cooperative Italiane. Solo l’anno dopo arriverà Palazzo Chigi.

 

(foto copertina ANSA)

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