Marcos, il «ragazzo selvaggio» cresciuto con i lupi
27/11/2013 di Valentina Spotti
«La prima volta che Marcos Rodriguez Pantoja si è visto mettere davanti agli occhi una scodella piena di zuppa, non aveva idea di cosa fare. L’ha guardata attentamente poi, con la mano stretta a coppa, la cercato di raccogliere un po’ di liquido e portarselo alla bocca. Il contatto con la zuppa bollente l’ha fatto trasalire, facendogli rovesciare il piatto». Comincia così la storia di Marcos, raccontata per la BBC da Laura Plitt. Una storia che ha dell’incredibile perché, come nei racconti di Rudyard Kipling, anche Marcos è cresciuto con i lupi.
LA STORIA DI MARCOS, RAGAZZO SELVAGGIO – Per 12 anni, a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, quando era appena un bambino, Marcos ha vissuto da solo tra le montagne, con l’unica compagnia di lupi, capre e serpenti. Nessuno può raccontare con certezza la sua storia ma pare che quando aveva circa sei o sette anni, sia stato venduto dal padre a un vecchio pastore eremita, che lo ha portato con sé sulle montagne spagnole della Sierra Morena. Ben presto il pastore muore e Marcos rimane solo. Ricordando le vessazioni subite dalla matrigna, il bambino preferisce restare tra le montagne: quello che il vecchio pastore gli aveva insegnato era più che sufficiente per permettergli di sopravvivere. «Gli animali mi guidavano verso il cibo – racconta – Mangiavo qualsiasi cosa mangiassero loro. Annusavano il terreno in cerca di radici e quando lo trovavano io tiravo loro una pietra per farli scappare, in modo da rubare a loro le radici».
L’AMICIZIA CON I LUPI – Ma, con alcune specie animali, Marcos riesce a instaurare un legame speciale: «Un giorno sono entrato in una caverna e ho cominciato a giocare con alcuni cuccioli di lupo che avevano lì la propria tana. Mi sono addormentato. Più tardi è tornata la madre, che portava il cibo. Mi ha guardato negli occhi, con uno sguardo fiero. Poi la madre ha cominciato a dividere la carne e io ho cercato di rubarla a uno dei cuccioli, perché ero affamato. La lupa mi ha dato una zampata e io ho lasciato perdere. Dopo aver sfamato i suoi cuccioli mi ha avvicinato un pezzo di carne. Non volevo toccarlo perché temevo mi attaccasse, ma poi ha cominciato a spingere la carne verso di me con il naso. L’ho preso e l’ho mangiato. Temevo volesse mordermi e invece ha cominciato a leccarmi. Ero diventato uno della famiglia».
L’INCONTRO CON IL PADRE – Passano gli anni, Marcos smette gradualmente di parlare e rimpiazza il linguaggio verbale con i suoni e i versi degli animali. Un giorno, ormai quasi ventenne, viene trovato dagli uomini della Guardia Civil e portato a valle, nel villaggio di Fuencaliente. Quando il padre viene chiamato per identificarlo, si preoccupa soltanto che non avesse la giacca che aveva dato al bambino il giorno che era partito. Marcos confesserà di «non aver provato nulla» alla vista del padre.
IL «RITORNO ALLA CIVILTÀ» – Della vicenda di Marcos si è occupato in modo molto approfondito Gabriel Janer Manila, scrittore e antropologo dell’Università delle Baleari, che ha reso la sua storia piuttosto nota, anche grazie a un libro che racconta la vita di questo «ragazzo selvaggio». «Quello che ci ha raccontato Marcos non è quello che in realtà è successo: quando diceva che vedeva un serpente, condivideva del cibo con lui e poi il serpente tornava, per Marcos era un “amico”, ma non si trattava altro che della sua interpretazione dei fatti». Comunque siano andate le cose, il «ritorno alla civiltà» non è stato affatto facile per Marcos, che l’ha descritto come «uno dei momenti più duri di tutta la sua vita». «Non sapevo dove andare – racconta – La gente andava e veniva come tante formiche e io non potevo sopportare il rumore. Ero spaventato anche solo ad attraversare la strada e l’unica cosa che volevo era tornare sulle montagne». Approfittando della sua ingenuità, in molti hanno sfruttato l’improvvisa popolarità di Marcos, che ora vive in un piccolo villaggio della Galizia. A chi gli chiede se pensa mai di tornare sulla montagne della Sierra Morena, Marcos risponde: «Ci ho pensato molte volte. Ma ora sono abituato a questa vita e ci sono così tante cose che lassù non avevo. La musica, per esempio, o le donne. Le donne sono una buona regione per restare qui».
(Photocredit: BBC)