Matteo Renzi e il patto con Beppe Grillo
02/01/2014 di Alessandro D'Amato
«Caro Beppe, insieme faremmo grandi cose»: Matteo Renzi rilancia la collaborazione con il MoVimento 5 Stelle da un pulpito grillino: Il Fatto Quotidiano. E spiega, sembrando parlare più agli elettori che al leader, che è possibile un’alleanza su qualche punto con i grillini per portare a casa le riforme necessarie al paese. Un’apertura ribadita mettendo prima di tutto i puntini sulle i per quanto riguarda il discorso di fine anno del Semplice Portavoce:
Nel suo contro-discorso Beppe Grillo ha detto che è merito dei Cinque Stelle se Berlusconi non è più senatore, grazie al voto palese, se non è passata la riforma dell’articolo 138 della Costituzione e se sono scesi i costi della politica. É così?
Mi piacerebbe dirle che è vero, ma non è così. Il Movimento Cinque Stelle da solo non fa nulla. Il voto palese è stata decisione del Pd e determinante è risultato il voto della senatrice Linda Lanzillotta che non mi pare grillina. La riforma del 138 è saltata quando ha cambiato idea Berlusconi, dopo che è uscito dal governo, lo sanno tutti. E sui costi della politica, Grillo ha rinunciato alla propria quota di finanziamento, per circa 40 milioni di euro, ma sul voto che, bloccando le Province, porta a un risparmio come minimo dieci volte più grande, non solo i Cinque Stelle sono stati contrari ma addirittura hanno fatto ostruzionismo agli ordini del compagno Brunetta. Com’è possibile che i ragazzi del Cinque stelle escano dall’Aula quando si vota l’abolizione delle Province? Se Grillo elencando i propri meriti deve dire queste falsità, significa che dentro il Movimento c’è un problema e che ci stiamo perdendo anche lui…
L’intervista di Stefano Feltri prosegue con l’esortazione al MoVimento 5 Stelle:
Grillo da solo non può far niente, perché mancano i numeri. Non è colpa sua, è la politica. Alcune battaglie – anche sacrosante – del M5S possono essere portate a termine solo se i cittadini pentastellati fanno accordi. Limitati, circoscritti, in streaming, dal notaio, in piazza, al bar, come vogliono: ma accordi. Da soli si fa testimonianza, ma non si cambia l’Italia. Senza accordi non solo non combina nulla, ma per giustificare i tre milioni di euro al mese che costano i suoi parlamentari, Grillo è costretto a inseguire le scelte di Brunetta o della Lanzillotta. Per i parlamentari Cinque Stelle il 2014 sarà l’anno chiave, quello in cui devono decidere se cambiare forma mentis: ci sono quelli che credono alle scie chimiche e ai microchip nel cervello, e questi fanno ridere, ma sta anche nascendo un gruppo dirigente molto interessante. Se però si limitano a protestare, il massimo che possono fare è rinunciare al finanziamento pubblico per 42 milioni. Un atto di grande efficacia mediatica, ma per l’appunto soltanto 42 milioni…
E qui Renzi mette il dito nella piaga. Propone infatti un patto limitato e circoscritto anche per non cambiare linea rispetto a quella su cui ha vinto le primarie. Ma continuando a “lisciare il pelo” ai parlamentari li mette di nuovo di fronte a una scelta. Ovvero:
Il Pd è pronto a lavorare con il Movimento Cinque Stelle in modo aperto?
Si sono visti due modi di concepire i Cinque Stelle finora. La vecchia guarda dei nostri li ha trattati come dei parvenu della politica, quasi incapaci di intendere e di volere. Io non la penso così e condivido ciò che ha scritto Marco Travaglio: molti di loro stanno imparando il mestiere. Su alcuni temi hanno fatto cose giuste, sul Milleproroghe, sugli affitti d’oro della Camera. Ma le loro posizioni sono passate solo perché qualcuno del Pd ha deciso che bisognava andare in quella direzione, in altri casi l’iniziativa è stata nostra, come per bloccare l’emen – damento sulle slot machine. Vede che degli accordi seri, trasparenti, alla luce del sole, non si può fare a meno?
Perché, per dare un segnale a Grillo, non rinuncia spontaneamente ai 45 milioni di euro di finanziamento pubblico che spettano al Pd? Senza proporre uno scambio.
Grillo dice che questi rimborsi sono illegali. Io dico che sono politicamente un errore. Non escludo che lo faremo. Ma come si fa a definire ricatto quella che è una proposta precisa per ridurre i costi della politica?
E cosa sta aspettando?
Dal punto di vista tecnico la due diligence dei conti del partito. Dal punto di vista politico che sia chiaro l’iter della proposta del governo. E posso anticiparle che non ci fermeremo qui. Vogliamo occuparci anche dei contributi ai gruppi parlamentari.