Matteo Salvini, i numeri del mezzo flop delle primarie della Lega Nord
15/05/2017 di Andrea Mollica
Matteo Salvini è stato confermato segretario della Lega Nord alle primarie organizzate domenica 14 maggio. Domenica prossima il congresso federale ratificherà la decisione presa nei gazebo, anche se la definizione di primarie può essere confusa. Nelle sedi del Carroccio potevano votare solo solo i soci ordinari militanti, mentre non era consentito ai soci sostenitori, a differenza di quanto accade nel Partito Democratico, dove le primarie consentono a tutte le persone di votare, col solo limite di versare due euro e firmare una dichiarazione di riconoscimento nei valori del PD. Matteo Salvini aveva fissato come obiettivo minimo per la sua conferma alla segreteria della Lega una percentuale molto elevata, l’80%.Una soglia in realtà già superata nel 2013, alle prime primarie della storia del Carroccio – in precedenza i segretari erano eletti da un organismo nazionale e non col voto degli iscritti – quando Salvini si era confrontato con Umberto Bossi. Nel 2017 Salvini ha ottenuto 6637 voti, circa 2 mila in meno rispetto al precedente congresso, quando era un leader molto meno conosciuto. Un calo sorprendente, favorito dalla flessione della partecipazione. Alle primarie del 2013, organizzate nel momento più cupo della recente storia leghista, dopo che gli scandali avevano travolto Umberto Bossi e il Carroccio aveva ottenuto il suo peggior risultato di sempre alle politiche, avevano partecipato 10 mila iscritti, contro gli 8 mila di ieri. Tre anni e mezzo fa Salvini aveva preso più di 8 mila voti, contro i poco meno di 2 mila di Umberto Bossi. Gianni Fava ha invece superato a fatica i mille, confermando la percentuale ottenuta dal fondatore, che in queste ore ha detto di valutare la scissione. Il calo di partecipazione e voti assoluti sicuramente non farà piacere a Matteo Salvini, salvatosi dal flop grazie alla buona mobilitazione del Veneto. Il leader era particolarmente innervosito per la polemica campagna congressuale del suo avversario, l’assessore di regione Lombardia Gianni Fava. Fava infatti ha espresso giudizi molto severi sulla svolta no euro e lepenista di Salvini, rimarcando come il nuovo corso leghista sia un tradimento della storia nordista e federalista del movimento fondato da Bossi più di 30 anni fa. La candidatura dell’assessore lombardo era sostenuta da Bossi, e in maniera più velata, anche da Roberto Maroni. Il presidente della più grande regione d’Italia è contrario a una rottura con Forza Italia che renda impossibile un’alleanza alle prossime elezioni in Lombardia, previste per l’inizio del 2018.