Mezzo secolo di guerra USA contro la Cuba di Castro
18/12/2014 di Redazione
In mezzo secolo si può ben dire che gli Stati Uniti le abbiano provate tutte contro Cuba, una lunga lista d’attività, spesso poco giustificabili, che tuttavia non sono riuscite nel loro obiettivo.
TUTTO È COMINCIATO CON KENNEDY – Se l’Operation Northwoods fu scartata nel 1962 da Kennedy perché era un piano troppo estremo, prevedendo di portare a termine attentati negli Stati Uniti per poi incolparne Cuba, non così fu per i 33 piani dell’Operazione Mangusta, presentati dal Segretario della Difesa McNamara e approvati del Congresso, che avevano come scopo l’eliminazione di Castro e lo scoppio di una rivolta sull’isola. I 33 piani, come le specie di mangusta, spaziavano dalla propaganda all’attacco militare e furono in gran parte realizzati.
UCCIDETE FIDEL CASTRO – L’obiettivo principale era Castro, per uccidere il quale furono inviate a Cuba una scatola di sigari avvelenata con il botulino , una tuta da sub in regalo e impregnata di tossine e altre attrezzature speciali. Castro amava l’attività subacquea e da qui l’idea di avvelenargli le bombole o ancora di minare la baia preferita con esplosivi travestiti da conchiglie, idea poi scartata perché di difficile realizzazione. A Cuba arrivò anche della polvere di tallio, l’idea era di mettergliela nelle scarpe per fargli cadere la famosa barba, diventata una bandiera dei rivoluzionari cubani. Si pensò anche di spargere allucinogeni nello studio televisivo nel quale teneva le sue lunghe intemerate ai cubani o di farlo avvelenare da una ex amante, ma niente, nemmeno la siringa travisata da biro e consegnata all’ufficiale cubano Rolando Cubela Secades portò alcun risultato. La Commissione senatoriale Church del 1975 ha certificato almeno otto tentativi reali di uccidere Castro da parte della CIA all’epoca.
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IL TERRORISMO AMERICANO – Riuscirono invece i sabotaggi, veri e propri atti terroristici volti a danneggiare l’economia cubana, distruggendo almeno una raffineria, una segheria e una gru galleggiante, stando agli stessi archivi statunitensi, non molto rispetto alla lunga lista d’infrastrutture da colpire previste dagli statunitensi. Una strategia che si estendeva fino all’idea di danneggiare la produzione agricola. Tutto a far da contorno a quello che fu il tentativo di golpe culminato con il disastro della Baia dei Porci, quando un gruppo di 1.400 esuli cubani provenienti dagli Stati Uniti finì in bocca ai militari dell’isola nonostante l’appoggio della marina e dell’aviazione degli Stati Uniti, finendo poi per battere in ritirata dalla stessa baia di Playa Girón dov’erano sbarcati.
TENTATIVI FINO AI GIORNI NOSTRI – Esaurita con la stessa vita del presidente americano l’ira di John Kennedy, con Cuba cominciò una guerra d’attrito decisamente meno calda, ma non per questo meno combattuta. C’è da ricordare ad esempio l’attività del gruppo di Posada Carriles (ora riparato libero a Miami) e Orlando Bosch, che nel ’76 fecero esplodere in volo un aereo civile della Cubana de Aviacion uccidendo 73 persone, l’intera squadra giovanile cubana di scherma. Nel 1992 la Fondazione Nazionale Cubano-Americana crea un’ala militare (il Fronte Nazionale Cubano) per organizzare attentati contro Cuba e la sua classe dirigente e Posada Carriles ne fa parte: nel 1997 organizza una serie di attentati dinamitardi che colpiscono le più importanti installazioni turistiche cubane. In uno di questi attentati perse la vita il turista italiano Fabio Di Celmo.
LA GUERRA A CUBA CON ALTRI MEZZI – Oltre al finanziamento e al sostegno agli esuli e agli oppositori cubani, anche in tempi recentissimi sono emersi diversi tentativi si sovversione, peraltro fallimentari, da parte di USAID. L’agenzia americana per lo sviluppo, ad esempio, ha organizzato sull’isola un clone di Twitter e anche un festival dell”hip hop. Il primo è stata scoperto dopo che il progetto si era spento per mancanza di fondi, mentre il secondo ha finito per mettere nei quai i giovani cubani che hanno partecipato al festival, che sono stati fermati e interrogati a lungo una volta scoperto lo scopo reale dell’iniziativa, alimentare e avvicinare l’opposizione al regime.
Non meglio era andata ad Alan Gross, liberato ieri, che sull’isola per conto di USAID aveva portato a un gruppo di ebrei cubani diversi apparati di comunicazione senza il necessario visto del governo cubano.