Non è un biondino, è un mostro

PRESO – Difatti, quando il 18 gennaio 1852 arriva la lettura della sentenza, non è inaspettata per gli inquirenti: assolto per non aver commesso il fatto. Loro comunque non mollano, l’appello ribalterà il verdetto. E a far avverare questa ipotesi più che la loro bravura investigativa poté lo stesso Biondino. Si dice che chi ha quelle deviazioni sessuali, ricadrà sempre preda dei propri istinti. Gli psichiatri sostengono che gli impulsi sono irrefrenabili e non esiste cura. Sono loro che fanno capitolare Egidio. A una festa popolare sull’Appia Antica lo arrestano perché sta molestando una bambina: stavolta il carcere scatta davvero, tre anni e mezzo. Quando inizia il processo di Appello contro di lui non c’è più soltanto quel cartoccio di castagne mangiato insieme ad Anna: c’è lui stesso. La sua morale. La sua perversione. Il 29 novembre 1955 la Corte lo condanna: 26 anni e 8 mesi di reclusione, un’eternità.

Il nostro ordinamento a volte può apparire strano. Ma nei suoi gradi di giudizio si legge una strana saggezza. L’ultimo, la Cassazione, per quanto in molti lo ignorino, non entra mai nel merito del caso. Non gli interessa se qualcuno sia colpevole o innocente, non lo deve appurare. Il suopscopo è di vedere se la sentenza di appello che è stata scritta, sia legittima o no. Evidentemente, nel caso di Lionello i giudici si sono fatti influenzare dalla condanna che ha ricevuto. La parola fine viene messa il 14 dicembre 1957: assolto, con formula piena. Però. Però certo, rimangono quelle voci. Rimane quello che la gente ancora oggi racconta: «E’ stato lui, l’ha violentata. I giornali possono scrivere quello che vogliono». Rimane il fatto che Egidi fu condannato ancora una volta, nel 1961, per aver molestato, ancora una volta, un bambino. Anche allora si proclamò innocente, ma cinque anni non glieli levò nessuno. Rimane Anna Maria, sola, i fondo a un pozzo, senza vita. Uscita per comprare un po’ di carbone non fece mai più ritorno a casa.

 

 

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