Paolo Ruffini e le troppe parolacce all’evento di cyberbullismo

L’attore è Paolo Ruffini ha intrattenuto il pubblico, o meglio gli studenti e le scuole, di un evento organizzato dal Miur (Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca) contro il cyberbullismo e dell’hate speech sul web. Lo fa a modo suo, con battute in toscanaccio, parolacce. Una scenetta che però sta sollevando diverse polemiche.

guarda il video:

Il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, lo ha elegantemente ripreso sul palco. E perfino una scuola di Trieste ha deciso di interrompere la trasmissione in diretta streaming.

LA REPLICA DI RUFFINI

La polemica non è passata inosservata e alla fine l’attore stesso ha affidato a Facebook la sua replica.

#ParoleOstili #Condivido
Mi dispiace che solo a Trieste, forse per via della distanza, non sia passata l’ironia che stava dietro l’utilizzo di parole etichettate con troppa fretta come “sbagliate”.
La mia è stata una scelta precisa che ha spiazzato alcuni, una minoranza di insegnanti a dir la verità: a Milano, ma anche nelle altre sedi, il messaggio è stato compreso. Nemmeno le suore in sala si sono scandalizzate!
Pur contrariando qualche professore, però, so che i ragazzi a Trieste hanno chiesto di riattivare lo streaming. Questo per me significa che il messaggio con loro è passato davvero.
Come si fa a parlare con gli adolescenti senza usare il loro linguaggio? “Le parole sono un ponte”, dice il manifesto, per arrivare a loro bisogna percorrerlo nella loro stessa direzione.
Perché dovremmo fare incontri sulle parole dei “giovani” usando le parole dei “vecchi”? È per i giovani tutto questo, allora perché non ci sforziamo di superare quei limiti di buonismo, che per altro loro non hanno!
Tra i ragazzi che ho incontrato oggi durante il dibattito uno di loro ha detto: “Mi stanno sul cazzo i gay”. Secondo questa assurda logica avrei dovuto correggerlo con un più appropriato: “Non sopporto i gay”?
È paradossale, che il punto qui non sia l’omofobia ma la parolaccia. Anzi è triste. Perché sarebbe la negazione di quello che abbiamo imparato oggi.
Nonostante qualche sterile protesta di forma credo di essere riuscito a raggiungere l’obiettivo. Ovvero fare in modo che questa giornata lasciasse qualcosa di importante nella testa e nei cuori dei 30.000 ragazzi collegati da tutta Italia.
Oggi abbiamo parlato della differenza tra tolleranza e vera inclusione, abbiamo capito che non esistono parole ostili di per sé ma il modo in cui vengono usate gli attribuisce un valore.
L’ironia, anche la più feroce e irriverente, non è violenza verbale. Forse la censura lo è.
Sono convinto che loro oggi siano tornati a casa arricchiti e con una consapevolezza maggiore su quanto sia importante utilizzare le parole con cura: me lo dimostrano le migliaia di messaggi positivi ricevuti su Whatsapp e Facebook. Ancora una volta di più i ragazzi ci hanno dimostrato che spesso sono loro – e non gli adulti – i più capaci ad andare oltre la superficie.
Quel ragazzo che ho citato prima, alla fine della nostra conversazione ha detto: “Forse non sono io ad avere ragione e cambierò idea”. Questo per me significa più di tutto il resto.
Ciao Mino, e grazie.
Grazie anche alla ministra dell’istruzione per gli apprezzamenti, il suo “bravissimo” è il voto che mi porto a casa con orgoglio alla fine della giornata.
Compito consegnato. Grazie infinite a tutti.
Ho imparato più oggi che in tante mattinate sui banchi di scuola…

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