Papa Francesco, il Papa dei poveri
14/03/2013 di Valentina Spotti
“La sua disponibilità al dialogo è sempre stata totale, anche quando era già cardinale, sempre che non fosse a fare visite pastorali in autobus o in bicicletta, o magari a fare lui stesso la spesa”. Tocca a don Gaetano Saracino, missionario scalabriniano e oggi parroco di una chiesa di Roma, a descrivere il neoeletto Papa Francesco: quella che lo lega a Bergoglio è una lunga storia fatta di amicizia e collaborazione negli anni trascorsi insieme nell’Argentina del post-peronismo. “Nella sua casa molto semplice di Buenos Aires, bastava cercarlo senza preavviso, senza anticamera, senza appuntamenti”.
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PAPA FRANCESCO, I POVERI AL CENTRO – “Fu allora che mise al centro del suo operato i poveri, il popolo – racconta ancora Gaetano – come ha sempre fatto e con la stessa naturalezza con la quale lo ha fatto oggi, quando ha chiesto la preghiera del popolo a Dio perché potesse benedirlo, quando si è inginocchiato davanti al popolo che lo ha chiamato ad intercedere. Un impeccabile trattato teologico, nei suoi primi gesti. Papa Francesco si è dedicato ai poveri con tutta la sua forza: con la vendita di scuole dei gesuiti, distribuendo pasti nei Barios, accentando il dialogo anche con quei benpensanti benestanti che lo etichettavano come ‘sporco comunista’, ma del cui aiuto la comunità cristiana aveva bisogno”.
PAPA FRANCESCO, UN PAPA SEMPLICE – Un Papa semplice, dunque. E nella sua semplicità a interessare i fedeli sono sopratutto le piccole cose quotidiane, quelle che lo avvicinano alla gente comune lontano dal cerimoniale e dallo splendore del Vaticano. Un nuovo Pontefice che ama spostarsi usando i mezzi pubblici, è un tifoso tesserato del San Lorenzo e ha un solo polmone, che ha frequentato la Facoltà di Chimica, parla correntemente tre lingue e che prima di recarsi a Roma per il Conclave ha chiesto ai fedeli argentini di non recarsi in pellegrinaggio in Vaticano in caso di una sua elezione, ma piuttosto di dare quei soldi ai poveri.
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PAPA FRANCESCO, BASSO PROFILO – Guillermo Marcó, suo ex collaboratore oggi a capo della Pastorale Universitaria dell’Arcivescovado di Buenos Aires, racconta a La Nacion un aneddoto risalente al giorno della sua consacrazione a Cardinale, avvenuta nel febbraio 2001 per mano di Papa Giovanni Paolo II. “Ero passato a prenderlo nella casa dove aveva dormito e gli chiesi: ‘Come ci andiamo?’ Lui mi rispose, semplicemente ‘Camminando!’. Vestito con la porpora si incamminò a passo spedito ma dopo poco si fermò: c’era tempo per prendere un caffè. E mi disse ‘Stai tranquillo che a Roma puoi camminare con una banana in testa e nessuno ti dirà nulla”. Un papa di umili origini, racconta ancora Marcó, figlio di un ferroviere e di una casalinga, che ama passare le sue giornate nel modo più austero possibile, mantenendo un basso profilo e concedendosi il piacere di una partita a calcio, di ascoltare musica classica o leggere un buon libro. Anche la scelta del nome, Francesco, probabilmente in onore del missionario gesuita San Francesco Javier o a memoria di San Francesco d’Assisi, vuole rafforzare questa immagine. Un papa dei poveri.
PAPA FRANCESCO, IN SANDALI E ABITI SEMPLICI – Un Papa, conclude ancora don Gaetano che colpisce per non aver ancora pronunciato la parola “Papa” ma che ha parlato di sé solo come vescovo della Chiesa di Roma, stravolgendo ogni cerimoniale e parlando di un ufficio da esercitare nella carità. È splendida la prima immagine di lui, che spesso girava per Buenos Aires in sandali ed abiti semplici – sottolinea padre Gaetano – affacciarsi dal balcone di San Pietro in abito talare, senza stola, senza mozzetta. Un Papa che inizia il suo cammino chiedendo al popolo di dire insieme le preghiere. Quelle più semplici: un Padre Nostro, un’Ave Maria, inchinato davanti ai fedeli. È già una rivoluzione”.
(Photocredit: Getty Images e LaPresse)