Papa Francesco vuole che i conventi-alberghi paghino l’Imu
14/09/2015 di Tommaso Caldarelli
Papa Francesco vuole che i conventi-alberghi paghino l’Imu e le imposte necessarie: lo ha dichiarato personalmente a Radio Renascença, una radio brasiliana alla quale il romano pontefice ha rilasciato un’intervista esclusiva in cui fa il punto del suo pontificato. E’ giusto, dice il Papa, che un convento non paghi le imposte; se invece diventa un albergo, è il caso che si comporti come “qualunque cittadino”, perché è facile la tentazione del Dio denaro, dal quale rifuggire.
PAPA FRANCESCO VUOLE CHE I CONVENTI-ALBERGHI PAGHINO L’IMU
Ecco il passo dell’intervista, sbobinata da Radio Renascença; il Papa chiede agli istituti di pagare le tasse, dichiarazione di per sé abbastanza storica, nel fare il punto sulla richiesta fatta alle parrocchie e ai conventi, ovvero quella di ospitare una famiglia di migranti (e il pontefice spiega, inoltre, cosa intendesse per “ospitare una famiglia”).
All’Angelus il 6 settembre, ha gettato il guanto di sfida alle parrocchie perché ospitassero dei rifugiati. Ci sono state reazioni? Che cosa si aspetta in concreto?
Quello che ho chiesto è stato questo: che ogni parrocchia, ogni istituto religioso, ogni monastero, desse il benvenuto a una famiglia. Una famiglia, non una persona. Una famiglia dà più sicurezza, più moderazione, volevo impedire intrusioni di altro tipo. Quando dico che una parrocchia dovrebbe accogliere una famiglia, non dico certo che devono trasferirsi a casa del sacerdote, la casa parrocchiale, ma l’intera comunità parrocchiale deve vedere se c’è un posto, un angolo nella struttura per ricavare un piccolo appartamento o, nel peggiore dei casi, che affittino un appartamento modesto per questa famiglia; ma che abbiano un tetto, siano accolti e integrati nella comunità. Ho avuto molte reazioni, molte, molte. Ci conventi che sono quasi vuoti.
Quali risultati ha avuto?
Solo quattro. Fra questi, i gesuiti (ride); bene, i gesuiti! Ma la questione è seria, perché poi c’è anche la tentazione del Dio denaro. Alcune congregazioni dicono “No, ora che il convento è vuoto, facciamo un hotel, possiamo accogliere le persone e così ci sostentiamo o guadagniamo qualcosa.” Bene, se volete fare questo, pagate le tasse! Un istituto religioso, essendo religioso è esente da imposta, ma se funziona come un albergo, poi deve pagare le tasse come qualsiasi vicino della porta accanto. In caso contrario, non è un affare pulito.
E il Santo Padre ha detto, qui in Vaticano, che si ospitino due famiglie.
Sì, due famiglie. Mi è stato detto ieri che le famiglie erano state già individuate.
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La questione, come dice il Pontefice, è in effetti di un certo peso, visto che – come riportavamo su queste pagine qualche tempo fa – in vista del Giubileo saranno sopratutto le strutture religiose ad essere protagoniste dell’accoglienza; e, a Roma, circa il 40% degli “alberghi religiosi” non pagano un euro di imposte.
L’ospitalità religiosa spesso risulta essere una vera e propria concorrenza sleale per le altre strutture ricettive, visto che, fra le altre cose, i conventi e gli alberghi del clero raramente pagano l’Imu, almeno a Roma: quattro strutture su dieci sono esenti; “alcuni non esistono o meglio non risultano sulla banca dati del Comune, altri sono privi di codice fiscale”, continua il Messaggero.
L’opinione del Papa, chiaramente professata, ora è inequivocabile; ma essendo gli ordini religiosi moltissimi, e dotati di buon grado di autonomia, che queste intenzioni si traducano in fatti è tutt’altro che automatica.