Perché c’è inimicizia tra Cristianesimo e Islam
28/08/2014 di Massimo Zamarion

Il Cristianesimo vede se stesso (parlo ovviamente da un punto di vista cristiano) come il compimento dell’Ebraismo. Per il Cristianesimo l’uomo è prima di tutto – dogmaticamente – figlio di Dio. L’appartenenza alla propria famiglia, alla propria tribù, alla propria nazione viene dopo, ma attenzione, non viene rinnegata: Dio non annulla Cesare. Sul piano sociale due sono le conseguenze fondamentali di tale concezione dell’uomo: l’altissima dignità della persona, l’anelito alla libertà, e la fratellanza universale. Tale elemento universalistico era già presente nell’Antico Testamento: il Nuovo Testamento lo portò definitivamente alla luce. L’Occidente è così impregnato di Cristianesimo che tutte le ideologie o le filosofie anticristiane di portata politica che si sono succedute negli ultimi secoli hanno recato in sé il marchio dell’universalismo cristiano. L’illuminismo l’ha interpretato attraverso la “religione” dei liberi muratori o la “religione” dei diritti umani che oggi va per la maggiore; il socialismo ha pensato di realizzarlo. Sono tutte caricature del Cristianesimo di stampo millenaristico: il loro orizzonte è terreno. Persino i totalitarismi di destra, che pure rinnegano per principio l’universalismo, ne conservano traccia: dentro la razza o la nazione, infatti, regna l’egualitarismo socialista.
In questo quadro l’Islam viene a trovarsi in una posizione unica nei confronti del Cristianesimo. Mentre infatti, come spiegato sopra, il problematico, conflittuale, ma anche fecondo incontro del Cristianesimo col mondo “pagano” – pagano ma pur sempre ammaestrato da quel Logos che fu fin da principio – non si risolve mai in uno scontro frontale; mentre l’Ebraismo, non avendo voluto, per così dire, “conoscere” Cristo, rimane in attesa e lo scontro viene evitato; l’Islam è l’unica grande religione monoteista post-cristiana. Dal Cristianesimo ha preso l’idea universalista e l’idea della Rivelazione definitiva. Ma nonostante ciò l’Islam – tanto è pasticciato, confuso, incompiuto – conserva uno spirito veterotestamentario, nel senso negativo del termine, che se lasciato a se stesso potrebbe anche condurre il musulmano a riposare – farisaicamente, per dirla con Vangelo – la propria coscienza nel solco della legge o del precetto, tranquillamente, a casa sua. Ma l’elemento universalista non glielo permette. Da questa contraddizione nascono le tensioni cicliche dell’Islam. Ora che l’universalismo proprio della civiltà cristiana – che distingue la prospettiva terrena da quella ultraterrena – si è propagato ai quattro angoli della terra, la tensione per l’Islam è al massimo. E’ il suo incompiuto universalismo che è messo alla prova: anzi, smascherato. Di qui la necessità dello sfogo millenarista, di realizzare perfettamente l’universalismo là dove ciò non è possibile: sulla terra. E’ per questo che il radicalismo islamico oggi somiglia per molti versi a quei totalitarismi che solo in una civiltà cristiana o occidentale sono concepibili.