Perché Stefano Fassina ha dato le dimissioni
04/01/2014 di Alessandro D'Amato
Il casus belli è stata la battuta di Matteo Renzi, quel “Fassina chi?” che rievocava il “Michele chi?” di Enzo Siciliano all’indirizzo di Santoro. Ma che Stefano Fassina volesse dimettersi da viceministro dell’Economia del governo Letta non è un segreto. Anzi. E’ la diretta emanazione del risultato del congresso del Partito Democratico che ha incoronato Matteo Renzi segretario.
“Le parole del segretario Renzi su di me confermano la valutazione politica che ho proposto in questi giorni: la delegazione del Pd al governo va resa coerente con il risultato congressuale. Non c’è nulla di personale. Questione politica. Un dovere lasciare per chi, come me, ha sostenuto un’altra posizione”, ha detto Fassina. E chi lo conosce bene sa anche che il congresso è un rimpianto importante per l’ex viceministro.
Perché Fassina aveva l’ambizione (ma forse non i numeri) per incarnare l’alternativa “di sinistra” alla leadership del sindaco di Firenze, che poi si è andata a riunire intorno a Cuperlo. Ma forse ha anche capito che la marea non si sarebbe fermata in nessun modo, dopo lo spettacolare suicidio politico di Pierluigi Bersani. Di certo il risultato non sarebbe cambiato.
Con le mani libere e senza la necessità di sostenere un governo nella cui politica economica non si riconosce, invece, Fassina ha le mani libere per diventare la punta di diamante dell’opposizione interna a Renzi. Ed ha anche un’arma in più: il suo “famoso” (per ora soltanto sulla carta) piano B per l’euro. Un’iniziativa politica che non potrà non rivestire un’importanza centrale in vista non tanto delle elezioni europee, quanto del semestre italiano. Dove non solo l’Italia, ma tutti i malati d’Europa si aspettano un cambio di linea e una risposta che la Germania non vuole dare.
Una battaglia che però l’Italia perderà, se il piano B sarà la richiesta di deroga del 3% (come vuole la proposta di Renzi), ma anche se alla fine l’alternativa fosse un piano nel quale si chiede alla Merkel se per favore si può fare qualcosa. Con queste dimissioni Fassina ha dimostrato di saper fare sul serio: invece di minacciarle le ha date. E questo per l’Italia è già una rarità. Ma se alla fine la montagna partorisse il topolino, sarebbero comunque dimissioni sprecate.
(credits immagine: ANSA/ ETTORE FERRARI)