Quando Prodi svendeva le aziende pubbliche

14/05/2012 di Donato De Sena

NUOVE, MIGLIORI, OFFERTE – Nel frattempo, il 7 maggio, il consiglio di amministrazione dell’Iri era già stato informato, e aveva approvato, la trattativa con De Benedetti. La data che avrebbe dato il via definitivo al passaggio di mano era il 28 maggio, giorno in cui si sarebbe espresso definitivamente il Cipi, Comitato Interministeriale per la Politica Industriale (la data prevista inzialmente era il 10 maggio, poi prorogata). Poco prima della mezzanotte del 28 maggio all’Iri giunse la proposta della cordata Barilla-Ferrero-Berlusconi che offrivano 100 miliardi in più di De Benedetti. Poco dopo entrarono in corsa anche la Lega delle Cooperative, con una proposta di acquisto di circa 650 miliardi, e quella di un misterioso gruppo di imprenditori campano guidato dall’industriale Giovanni Fimiani.

ADDIO VENDITA – La fase di stallo che ne conseguì condusse il governo a negare l’autorizzazione per la vendita a nessuno dei potenziali acquirenti. La Sme rimase nell’orbita nel settore pubblico. L’esecutivo fece sapere di aver analizzato le conseguenze occupazionali, il parere dei sindacati e i risvolti di politica generale dell’operazione della cessione considerando non necessaria la cessione. Il 15 giugno, con un decreto, venne annullata la vendita alla Sme di Buitoni. Il ricorso degli uomini di De Benedetti, però diede ragione al mancato acquirente. In un primo momento il tribunale di Roma negò il sequestro delle azioni Sme chiesto da De Benedetti. Il Tribunale stabilì che l’accordo Sme Buitoni bloccato dal nulla osta governativo, non fosse valido. Ma Appello e Cassazione ribaltarono le sentenze del primo grado. Era il marzo 1986.

 

“TRATTAMENTO DI FAVORE” – Ebbene, oggi la Corte di Appello di Roma, chiamata a giudicare su di un caso di diffamazione sollevato da Prodi afferma – lo riporta Panorama – che “la trattativa condotta dal presidente dell’Iri, aveva avuto come possibile acquirente, senza gara di imprenditori, un unico interlocutore”, che presidente Iri e De Benedetti avevano “trattato segretamente”,  e che il prezzo pattuito con De Benedetti “curiosamente basso”. E’ la conclusione della causa del Professore emiliano contro Pietro Armani, ex vicepresidente dell’Iri, professore alla Sapienza e per tre legislature parlamentare di An, che nel novembre 1999 in un’intervista al Giornale aveva duramente criticato l’operazione condotta dal presidente Iri nella primavera ’85. La Sme, dopo il veto di Craxi, fu ceduta ad altri soggetti negli anni ’90 e permise all’Iri di incassare circa 2.200 miliardi di lire. “Anche ipotizzando una svalutazione del 100% del decennio – disse Armani alla stampa – si sarebbe trattato di 1.000 miliardi nel 1985, assai più del doppio dell’offerta di De Benedetti”.

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