Quanto costa l’acqua?

27/09/2013 di Maghdi Abo Abia

«IL QUALUNQUISMO DELLE PERCENTUALI» – De Angelis respinge anche l’idea secondo cui una famiglia italiana possa sfruttare 200 metri cubi l’anno d’acqua visto che secondo lui il consumo medio varia intorno ai 110-120 metri cubi. Anche Federutility si è unita alla versione dell’esponente dell’esecutivo, con Adolfo Spaziani che ha messo in guardia da quello che ha definito il “qualunquismo delle percentuali”: «Le percentuali non dicono che in Italia investiamo 26 euro all’anno per abitante, mentre in Ue se ne investono 80. Abbiamo le tariffe più basse del mondo e pagheremo 700 milioni al giorno di per ritardi nella depurazione. Speriamo che con il controllo affidato dell’Autorità dell’energia ci sia un’unica fonte di dati. Le associazioni dei consumatori, le associazioni degli imprenditori, le fondazioni e i numerosi centri di ricerca, fanno un lavoro pregevole e importante. Tuttavia, bisogna considerare che i dati sull’acqua sono pochi e dispersi. Mancano alla fonte. Esistono metodi tariffari differenti, che rendono imparagonabili le situazioni, con il paradosso che i più virtuosi, che hanno tariffe più alte perché hanno investito per raggiungere gli standard di servizio e applicano regole aggiornate, vengono confrontati con coloro che non fanno nulla da anni».

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I NOVE MILIARDI DI EURO DI MULTA – Ed a proposito di costi di depurazione. Il 30 per cento del Paese è privo di sistemi di depurazione adeguati. E come spiega Libero, sono 117 i comuni condannati dall’Unione Europea per “maladepurazione”. Parliamo di cifre pesanti. Le sanzioni prevedono un minimo di 11.904 euro ed un massimo di 714.240 euro per ogni giorno di ritardi nell’adeguamento, a partire dal giorno della sentenza, pronunciata a luglio 2012, oppure una tantum basata sul Pil che per l’Italia ammonterebbe a 9 miliardi e 902 milioni di euro, con una possibile sospensione dei finanziamenti europei, sospensione che salterebbe all’attenuazione della sentenza. Secondo il vicepresidente di Federutility Mauro D’Ascenzi gli investimenti programmati nel settore idrico ammontano a 65 miliardi ma solo il 10 per cento è coperto da finanziamenti pubblici.

IL PROBLEMA DEPURATORI – Il resto viene dal finanziamento figlio delle tariffe. Ma visto il prezzo tanto basso, secondo D’Ascenzi bisogna limitare gli sprechi evitando d’inquinare, con il risultato che non solo non si hanno soldi per innovare ma poi bisogna anche pagare multe salate a Bruxelles. Nanni magazine aggiunge che la sentenza definitiva sulla questione depuratori sarà efficace a partire dal primo gennaio 2016. Il lavoro da fare è quindi tanto, se si considera che al 2011 erano 134 i comuni italiani, di cui 90 solo in Sicilia, privi di un depuratore. Altri 34 invece sono dotati di un impianto non conforme. Le città coinvolte sono Padova, Rovigo, Vicenza, Gorizia, Pordenone, Udine, Firenze, Brescia, Aosta, Forlì, Milano, Pesaro, Urbino, Perugia e Frosinone mentre secondo i dati Anea e Utilitatis, nel 2009 nove milioni d’italiani non erano serviti dalla rete fognaria.

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I PROBLEMI DELLA RETE – E come se non bastasse, l’ultimo Rapporto Generale sulle Acque di Federutility, ripreso dal Sole 24 Ore, ci spiega che in Italia si hanno a disposizione 50 miliardi di metri cubi d’acqua dolce utilizzabile e rinnovabile a fronte di 300 miliardi di metri cubi l’anno di precipitazioni. La metà di quest’acqua serve ad irrigare i campi, il 30 per cento viene usata nell’industria e solo il 20 per cento è sfruttata per usi civili. La media nazionale è di due metri cubi al giorno per abitante, una cifra doppia rispetto alle medie europee, così come avviene per le perdite nella rete. Insomma, l’Italia è piena d’acqua ma a causa di un deficit infrastrutturale soffre come non dovrebbe. Su 337mila chilometri di rete, 170mila sono da rottamare o da riparare mentre ne servirebbero altri 50 mila per rendere il servizio capillare ed efficace in tutto il Paese.

UN PROBLEMA IN PIÙ – Ed è consolante sapere che l’Italia ha a disposizione tanta di quell’acqua da permettersi di perderla e che quest’incuria potrebbe costare 10 miliardi di euro. Sopratutto è interessante sapere che al momento è impossibile, o quasi, definire un prezzo nazionale. E sarà opportuno che anche questo problema prima o poi venga affrontato anche in termini di chiarezza nei confronti sia del cliente sia dell’investitore, che sia questo lo Stato o un privato. In un periodo di crisi come questo l’acqua dovrebbe rappresentare una risorsa e non un problema, ma evidentemente il lassismo degli ultimi anni è riuscito a gravare l’Italia di quest’altro grosso problema.

 

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