Quer pasticciaccio de li 6,2 miliardi di Letta

03/01/2014 di Carlo Cipiciani

Come molti avranno letto prima del brindisi di Capodanno il Governo, oltre al decreto “mille proroghe” e ad altre disposizioni finanziarie indifferibili, ha presentato una “manovra di interventi urgenti a sostegno della crescita” per 6,2 miliardi di euro. Una “manovra anticiclica” che dà respiro all’asfittica economia italiana. Mica pizzi e fichi: questa è vera fantascienza!

 

Ma noi siamo scienza. Perché, a leggere bene i comunicati stampa e i documenti del governo, la “manovra” è in realtà una più banale – e , diciamolo subito, doverosa e giustificabile – “riprogrammazione” di Fondi Strutturali dell’Unione Europea e di soldi nazionali dal Fondo di Sviluppo e Coesione (l’ex FAS prosciugato da Tremonti): risorse che rischiavano di andare perdute ed alle quali il Governo ha semplicemente cambiato destinazione.

Al netto della “pubblicità progresso” che si tollera da qualsiasi governo – la pubblicità è l’anima del commercio, no? – vanno però chiarite alcune cose, e lo fa a mezza bocca lo stesso Governo nella sua informativa.

La prima: l’effetto anticiclico strombazzato in conferenza stampa è solo “virtuale”. Per rendere operativa la “manovra” serviranno altri provvedimenti: Delibere del CIPE, delle Regioni coinvolte e di altre autorità; ci vorranno mesi. E dopo, ci saranno le procedure di attuazione vera e propria (bandi, appalti, ecc…): altri mesi.

La seconda: molte delle cose che vengono finanziate con la “manovra” sono provvedimenti “ordinari” – cioè che lo Stato aveva comunque programmato, da tempo o con decreti recenti – e che, a causa dei tagli alla spesa per investimento, non avevano copertura con risorse “ordinarie” nazionali. Non è il gioco delle tre carte di Tremonti, ma quasi.

Ma continua a mancare soprattutto una cosa: una riforma profonda della Pubblica amministrazione; perché le pur doverose “riprogrammazioni” diventano inutili se non si prende il toro per le corna, cioé se non si “ristrutturano” la macchina e le procedure che dovrebbero dare attuazione alle scelte politiche.

L’unica cosa che continua a non farsi. E a questo punto, diviene davvero difficile comprenderne la vera ragione.

(credits immagine: ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI)

Share this article