Il racconto di Omar: «Così si viveva in Siria nella prigione dei forni crematori»

17/05/2017 di Redazione

«Eravamo nudi tutto il giorno», «Potevamo andare in bagno solo due volte al giorno e solo per dieci secondo», «I morti erano all’ordine del giorno». È il terribile racconto di un ragazzo siriano, Omar Abu Ras, 28 anni, ex studente di Economia della provincia di Aleppo, nel 2012 arrestato dal regime di Bashar al Assad con l’accusa di aver partecipato a manifestazioni contro il presidente, uno dei detenuti della prigione militare di Sednaya, la prigione dove i prigionieri sarebbero stati impiccati e bruciati in forni crematori.

LE TORTURE NELLA PRIGIONE DEI FORNI CREMATORI IN SIRIA

In un’intervista pubblicata oggi su Repubblica, realizzata da Francesca Caferri, il ragazzo ripercorre la sua esperienza, fornendo dettagli sulla drammatica permanenza nella struttura dove sarebbero state uccide anche 50 persone al giorno. Omar sostiene di non aver visto i forni crematori, ma, dice, «metodi per liberarsi dei corpi in tempi rapidi erano necessari». Il giovane sostiene che «mancano all’appello 300mila persone passate per Sednaya in questi 5 anni» E che solo una persona su quattro è sopravvissuta. Tutti venivano torturati:

«Sono finito a Sednaya. Non ci sono parole per descrivere l’orrore. Vivevamo in 50 in una cella di 10 metri per cinque. Qualche volta eravamo 70. Cinque giorni a settimana, nel pomeriggio, venivamo convocati per le sessioni di tortura: duravano ore, se eravamo fortunati».

 

E in cosa consisteva la tortura?

 

«A volte solo nel costringerci a stare in piedi. Altre volte eravamo infilati in una ruota, in modo che spuntassero solo mani e piedi: e ci colpivano con cavi elettrici. In condizioni normali si andava dalle 30 alle 40 sferzate. Ma se c’era una sconfitta militare, un avanzamento dei ribelli, le sferzate diventavano centinaia ».

 

Come si svolgevano le giornate?

 

«Ci svegliavamo alle 5.30. Ogni cella aveva un capocella responsabile di controllare che tutti fossero in piedi. A quel punto c’era l’appello: alcuni finivano in un ospedale dove avrebbero dovuto essere curati. Ma nessuno è mai tornato da lì. Altri alla tortura. Altri agli interrogatori, che poi erano una forma di tortura. Eravamo nudi, tutto il giorno: potevamo andare al bagno solo 2 volte al giorno, in fila, piegati con la testa sul sedere della persona davanti. Una volta in bagno avevamo dieci secondi: poi ci buttavano fuori. Dovevamo andare al bagno, lavarci e bere, perché non c’era acqua in cella».

(Foto da archivio Ansa. Credit: DigitalGlobe via ZUMA Wire)

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