Riforma Rai, Mentana: «È sempre lottizzata. Anche dai 5 Stelle»

23/12/2015 di Redazione

«Non si può dire “Fuori i partiti da viale Mazzini” e poi approvare una legge del genere». Enrico Mentana ha le idee piuttosto chiare sulla riforma della Rai voluta dal governo Renzi e approvata ieri all’interno della legge di Stabilità. Il direttore del Tg di La7 che nel corso della passata estate era stato più volte avvicinato alla tv pubblica e che non lesinò critiche al premier già dopo l’elezione dei sette componenti del nuovo Consiglio di amministrazione – «Ora si chiama rottizzazione» (una discutibile crasi tra rottamazione e lottizzazione – ndr) – torna a parlare al Fatto Quotidiano in un’intervista a Luca De Carolis.

Ascolti tv di domenica 5 luglio 2015
Ernesto Ruscio/Getty Images

LEGGI ANCHE Riforma Rai, ok al Senato: ecco come cambia l’azienda

La nuova riforma prevede che il numero uno della Rai – un super amministratore delegato, non più un semplice dg – sia nominato su proposta del ministero dell’Economia e decida sulle nomine dei direttori delle reti televisive, dei canali e delle testate e sui contratti fino a 10 milioni. Nel provvedimento confermato anche il canone in bolletta. Per Mentana un passo indietro:

L’amministratore delegato con pieni poteri è Palazzo Chigi. […] Con questa riforma torniamo a prima del 1975, a una Rai che dipende dall’esecutivo. […] Il nodo non è tanto Matteo Renzi, perché lui è un premier pro tempore. Il tema vero è che questa riforma schiaccia ancora di più l’emittente pubblica sotto il peso del potere politico, legandola al governo. E la dipendenza è rafforzata anche dal canone che verrà rastrellato inserendolo in bolletta. Una misura che crea una chiara distorsione nel mercato. […] Che effetti ci saranno sulla concorrenza con le aziende private?

Il rischio insomma è di avere una Rai troppo forte:

Non ho mai creduto che le tv decidano l’esito delle urne. In questi anni lo schieramento politico che controllava la Rai ha regolarmente perso le elezioni. E anche la Dc che governava a Viale Mazzini perse il referendum sul divorzio. La questione principale è che non si può permettere che la tv pubblica sia l’ultimo brandello della comunicazione governata dalla politica

Per l’ex direttore del Tg5, tutto è partito con la nomina del Cda:

In quell’occasione tutti i partiti hanno accettato una logica lottizzatoria. […] Spiace dirlo, ma sì, tutti quanti. Anche i Cinque Stelle.

 

Photocredit copertina Pierre Teyssot/AFP/Getty Images

Share this article