Perché si è arrivati alla rivolta dei migranti al cpa di Conetta
03/01/2017 di Stefania Carboni
«Spero che la morte di una persona, di una giovane donna, possa far aprire gli occhi alla politica e spingerla a occuparsi seriamente del problema dei migranti e dei richiedenti asilo: problema messo e lasciato sotto il tappeto». Con queste parole Alberto Panfilio, sindaco di Cona, in provincia di Venezia, parla della rivolta scoppiata questa notte nel Cpa di Conetta a seguito della morte di una giovane ivoriana di 25 anni e di presunti ritardi nei soccorsi. «Nessuno qui – ha spiegato all’Adnkronos – è contro una sana accoglienza e fisiologica integrazione, ma questo è un totale fallimento: questo è un ‘magazzino’ di vite umane, abbandonato. Oltre mille persone che vegetano in mezzo al nulla». Cosa sta succedendo a Cona?
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COME SI VIVE A CONETTA
Diamo qualche cifra. Al Cpa ci sono 1.267 ospiti (registrati a novembre 2016), un numero raddoppiato nel giro di nemmeno un anno. E le condizioni nelle quali vivono sono, con questa densità, sono difficili. Lo testimonia il diario Facebook aperto dai ragazzi del Cpa e le continue denunce degli esponenti locali sui giornali.
Chi arriva a Conetta – come spiega un pezzo della Nuova Venezia che ben descrive la vita a Cona – arriva direttamente dai luoghi di sbarco e viene alloggiato nei capannoni (sei tensostrutture e un edificio in muratura) di area variabile dai 500 mq (con 150 posti letto) ai 1500 mq (400 posti).
Nessuno, però, ha un armadietto personale in cui tenere le sue cose.
A ogni profugo viene fornito inizialmente un kit (due cambi di vestiario, tre di intimo, scarpe, tagliaunghie, ecc. tutto nuovo) e una scheda telefonica da 15 euro. Periodicamente la dotazione di vestiario viene rinnovata, secondo la stagione e l’usura e i vestiti smessi vengono ritirati, per evitare accaparramenti, e donati in beneficenza.
La vita nella base. Docce e wc, allestiti in container attrezzati, sono in comune e tutti collegati alla rete di scarico. Ci sono anche lavatrici e asciugatrici, anche se, quasi tutti i migranti, lavano i vestiti ma preferiscono stenderli ad asciugare all’aria aperta.
Una tensostruttura è destinata a “mensa”, ma solo per la distribuzione dei pasti che arrivano confezionati per categoria (riso, cous cous, secondi, sughi, ecc.) e vengono scodellati dagli addetti. Fino a qualche mese fa c’erano anche i tavoli per mangiare ma ora, con l’incremento del numero degli ospiti, ognuno mangia dove vuole. C’è anche una tenda, fornita dalla Protezione civile, che funge da moschea per gli islamici.
Il personale di assistenza – spiega il giornale locale – è maggiore rispetto al minimo di legge. C’è un operatore ogni 25 profughi di giorno, dalle 9 alle 19 (minimo di legge 1/50)
e uno ogni sessanta (minimo 1/100) di notte, nelle restanti ore. Eppure nonostante questi provvedimenti la rivolta c’è stata. Non a caso, a novembre, gli eritrei hanno bloccato la strada per chiedere il piano di “relocation”, vale a dire il trasferimento in altri paesi Europei.
CONETTA E LA DIFFICILE DISTRIBUZIONE DEI MIGRANTI NEI COMUNI VENETI
C’è un concentramento esagerato nella struttura di Conetta. Il risultato delle enormi difficoltà che ha la prefettura nel distribuire equamente i migranti sul territorio. Conetta ha 190 abitanti. Non ci sono bar, negozi, e la convivenza con il centro è difficile. A testimoniarlo il gruppo Facebook “Basta profughi a Cona“.
Melting pot Europa disegna bene la situazione della regione in un report:
Il Centro di Cona non è un CAS, non è un CARA, non è un hub. E’ un luogo “temporaneo emergenziale” che sopperisce alla mancata accoglienza dei comuni veneti, i cui sindaci rifiutano di accogliere richiedenti asilo. Al momento sono ospitate circa 620 persone, di almeno 25 nazionalità differenti.
L’agibilità della tendopoli è stata regolarmente acquisita tramite parere dell’ASL che il giorno 1 aprile 2016 ha inviato la sua relazione spiegando che la struttura può ospitare 540 persone, considerando che, come ci dice lo stesso Simone Borile, per ogni persona bastano 3,50 metri quadrati e occorre che vi sia un bagno e una doccia ogni 12 persone.