Roma: la casa popolare si compra dall’avvocato
04/12/2010 di Tommaso Caldarelli
Storie di ordinario mercimonio nella capitale: gli alloggi del comune venduti abusivamente sulla pubblica piazza.
Si fa, si fa: il cronista del Messaggero che si è finto acquirente di una casa popolare dell’Ater, l’ente pubblico regionale che gestisce gli immobili popolari del Lazio, si è comodamente recato dall’avvocato che assiste la precedente titolare dell’alloggio per contrattarne la vendita. E si che l’alloggio, una volta finito il termine di assegnazione, dovrebbe ovviamente tornare nelle disponibilità dell’ente pubblico perchè provveda a nuova assegnazione. Ma così non è: si contatta il precedente inquilino, tramite avvocato difensore, e ci si fa immettere a mano dentro la disponibilità dell’alloggio.
TUTTO HA UN PREZZO – Dietro pagamento, ovviamente: ed è tutta una questione di rischi. Il rischio, più o meno grosso, di essere beccati, di essere sfrattati ed incriminati. Infilarsi nelle lungaggini burocratiche, aspettare le seconde assegnazioni che, tanto, non arrivano mai, farsi forti del disservizio della pubblica amministrazione. Basta un po’ di prudenza e non c’è problema: “Le chiavi ce le ho io. Quel giorno mi pagate, io vi apro e me ne vado”. Poi, basta cambiare la serratura (“chiamate un fabbro, ci mette 5 minuti”) ed ecco che si è diventati occupanti abusivi. E, come è noto, prima di provvedere alla notifica e all’esecuzione dello sfratto ce ne vuole di tempo: e comunque, si ha sempre un occhio di riguardo verso gli occupanti, perchè in mezzo ad una strada non ci si lascia nessuno. Ovvero quasi nessuno: un comodo ponte per i legittimi titolari di quell’alloggio che, essendo occupato, non potrà venir assegnato. Zona dell’Alberone, a Roma, via Appia, periferia ben collegata, area in fondo di pregio, “set di molteplici film”, dice il cronista. L’avvocato, che il Messaggero nasconde dietro prudenti iniziali, spiega abbastanza bene il meccanismo: “La signora M.Z. ha ereditato l’appartamento dagli zii deceduti qualche mese fa, dopo essere stati per 4 anni ricoverati in una residenza sanitaria assistita. L’abitazione tra qualche giorno dunque non sarà più nelle disponibilità della nipote ex tutrice. Tolti i mobili, le chiavi dovranno essere riconsegnate all’Ater. Ed ecco che l’avvocato (…) si improvvisa agente immobiliare”. La casa, signor avvocato, rimarrà vuota? “Le chiavi le abbiamo noi, va fatto un verbalino di tutto quanto. Poi tocca entra’ con le chiavi nostre e cambiare la serratura. Io quel giorno vi chiamo, vi apro e me ne vado. Voi chiamate un fabbro e in 5 minuti è tutto a posto”.
TANTO FACILE – Il problema vero è distribuire soldi a destra e manca per tacitare ogni pretesa, ogni voce che potrebbe denunciare l’illecito: il rischio di essere mandati via d’altronde c’è, e nessuno vuole grane. Per cui, alla vecchietta, 20mila euro lisci dovrebbero spettare: “Posso scendere a 15 mila, non ci dovrebbero essere problemi su quello”, dice l’avvocato. Che vuole però fare esercizio di sincerità, e spiegare bene le cose come stanno: “Entrate dentro e vi buttano fuori dopo due giorni”. Oppure, in qualche modo, si riesce a permanere per un periodo più lungo, ed è fatta. Dopo un po’ di tempo, a nessuno importa più: “Rimanete dentro e avete molte buone possibilità di rimanerci”, dice il legale con spiccato accento romano. Tutto dipende, informa i clienti, dall’assetto dell’Ater, che dopo la caduta della giunta Marrazzo è stato commissariato dalla Polverini ed è in attesa di nomina ufficiale. “Bisogna vede’ se è cambiato il dirigente, se devono ancora fare il bando per l’assegnazione, e chi cavolo ha portato avanti la pratica per due anni. Vi faccio uno squillo sul cellulare non appena ho fatto la consegna delle chiavi. Verbalizzo e vi chiamo, sicuro”, dice l’avvocato-agente immobiliare. Perciò, è chiaro: l’avvocato, alla scadenza del termine, riconsegnerà le chiavi all’Ater, che si è precedentemente però copiato. Consegnerà così la copia ai nuovi inquilini, che entreranno in casa, cambieranno la serratura, e per buttarli fuori bisognerà chiamare l’esercito. Ecco come viene gestito il mercato degli alloggi per i poveri nella Capitale – ma, è sicuro, non solo a Roma.