Turchia-Russia: tutto quello che c’è da sapere sul nuovo “disordine mondiale” siriano

27/11/2015 di Mazzetta

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COSA UNISCE SIRIA E RUSSIA –

Divise anche dalla questione armena, Ankara e Mosca sono però legate da interessi robusti. La Turchia è il secondo cliente di Gazprom e i due paesi da tempo parlano di costruire un gasdotto che passi l’Anatolia diretto a Sud, dove i consumi sono in crescita e potrebbero compensare il calo della domanda europea. Milioni di russi scelgono poi la Turchia per le loro vacanze e dopo l’attentato all’aereo nel Sinai la domanda è naturalmente destinata ad aumentare, ma in caso di crisi potrebbe anche rivolgersi verso altre mete, a cominciare dalla Grecia, una doppia beffa per l’orgoglio turco.

PUTIN ED ERDOGAN, DUE STORIE CHE CORRONO PARALLELE –

Putin ed Erdogan hanno una storia politica simile e hanno sempre trovato punti d’accordo, come nel caso della delicata questione dell’irredentismo caucasico. La Turchia non è diventata il rifugio d’indipendentisti sgraditi a Mosca e quando è capitato che alcuni ceceni di un certo livello fossero misteriosamente assassinati in Turchia da sicari probabilmente russi, ai tempi della seconda guerra cecena, le indagini non hanno mai portato alla formalizzazione di accuse. La Turchia, pur nell’orbita NATO, non ha aderito all’imposizione di sanzioni per l’annessione della Crimea e ne ha anzi approfittato per pompare il suo export verso Mosca. I due si assomigliano in molto, anche se Putin ha aggirato il limite dei due mandati con maggiore eleganza, cedendo per un turno la poltrona al fido Medvedev per poi tornare a rioccuparla senza colpo ferire dopo un turno speso a fare il primo ministro.

NIENTE GUERRA TRA RUSSIA E TURCHIA –

Rapporti che non fanno pensare a una possibile escalation, peraltro per ora esclusa da tutti gli attori, dal ministro degli Esteri russo Lavrov che ha detto che la Russia non farà la guerra alla Turchia per una cosa del genere, allo stesso governo turco che ha espresso il suo dispiacere per l’abbattimento. Sulla stessa linea la NATO, gli Stati Uniti e le cancellerie europee, anche se l’attacco a molti è parso quasi un agguato premeditato a guastare l’accordo con il quale Mosca e Washington sembrano aver deciso di comune accordo che prima si mette fine alla guerra civile siriana e poi si vedrà come andrà con il regime di Assad. Che ormai è considerato il male minore anche da gran parte di quelli che hanno armato i suoi oppositori e che ora hanno deciso di bombardarne una buona parte.

Non diversamente da quelle dei Saud, le ambizioni e le iniziative di Erdogan sullo scacchiere mediorientale hanno portato il segno di un’ambizione al di sopra delle rispettive possibilità, quella di porsi in qualche modo alla guida, se non al comando, dei paesi a maggioranza sunnita. Per questa ambizione i due paesi si sono sfidati in Egitto ed Erdogan ha perso insieme ai Fratelli Musulmani, finiti uccisi o nelle galere di al Sisi dopo la breve parentesi democratica seguita al crollo del regime di Mubarak. Non c’è da stupirsi di questa competizione, l’Islam «moderato» e repubblicano per i Saud e le altre monarchie del Golfo è una bestemmia e lo stesso Erdogan uno spiacevole accadimento. Per questo motivo anche in Pakistan, altra potenza sunnita in perenne bancarotta, i Saud hanno sempre sostenuto più volentieri i militari golpisti che i partiti d’ispirazione musulmana, ma laica e democratica, che sono più difficili da «guidare» e più costosi e inaffidabili da corrompere. Inutile dire che le ambizioni dei due governi sono andate spesso al di là delle aspettative del loro maggior alleato, ma Washington nel dopo Guerra Fredda sembra aver perso la sua presa anche su alleati che da decenni arma e protegge in tutti i modi.

UNA DIMOSTRAZIONE DI FORZA O DI DEBOLEZZA? –

L’abbattimento dell’aereo russo non dovrebbe giovare molto ad Erdogan, che se pure la utilizzerà all’interno per gratificare i nazionalisti, rischia di trovarsi ancora più emarginato di quanto immaginabile dalle discussioni sul futuro della Siria, che già negli ultimi tempi lo avevano visto retrocedere verso la seconda fila sul palcoscenico internazionale, quella riservata alle comparse. Come un consumato attore Erdogan ha cercato di riprendersi il palcoscenico occupato da Putin, ma la mossa non è chiaramente piaciuta alla compagnia e ancora meno sarà piaciuta al leader russo, che infatti ha definito l’attacco «una pugnalata alla schiena» vibrata dai «complici dei terroristi». Resta da vedere se Erdogan si rassegnerà a rivestire un ruolo di secondo piano, magari costretto dalle pressioni congiunte di Mosca e Washington, o se la sua ambizione lo spingerà a giocare il tutto per tutto, mettendo in pericolo la stabilità dell’aerea e quanto finora conquistato dal suo partito in Turchia.

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