Perché i servizi segreti europei sono un colabrodo
29/03/2016 di Redazione
Alla base dell’inefficacia del lavoro dell’intelligence c’è talvolta la gelosia tra i funzionari. Come pure la diffidenza e l’incomunicabilità. A spiegarlo è una fonte anonima dei servizi segreti al quotidiano La Stampa. Si legge oggi sul quotidiano di Torino:
La voce dall’altra parte del telefono esprime irritazione appena contenuta. «Non si parlano, le informazioni non arrivano dove dovrebbero», assicura la fonte. È una figura che lavora nell’Intelligence da anni e, per questo, chiede lianonimato in cambio di qualche spiegazione. Importante, coi giorni che viviamo. Perché l’interlocutore esprime la convinzione che «nessuna decisione comune europea potrà risolvere i problemi del terrorismo a stretto giro», e aggiunge che «certo sarebbe bene se si mettesse in piedi una Agenzia dell’Intelligence, ma ci vorrebbero anni». E allora? «La semplifico – concede -. I sei/sette Stati principali dovrebbero chiudere nella stessa stanza alcuni dei loro migliori funzionari, ognuno col suo pc e l’acceso alle banche dati nazionali, col mandato di aggiornarsi a vicenda in tempo reale: ecco, così si potrebbe cominciare a ragionare». Il silenzio nasce dalla gelosia. I servizi segreti dei diversi Paesi non condividono sempre le informazioni perché temono di scoprirsi e di tradire gli informatori. Quando accade, non sempre le agenzie di Intelligence condividono le loro notizie con la polizia.
La fonte parla alla Stampa di un problema culturale nel rapporto tra intelligence e sottolinea il ritardo accumulato per sanare le anomalie. Un’agenzia dell’Intelligence non arriverà mai in tempo per prevenire altri attentati.
(Foto di copertina: JOHAN NILSSON / TT / AFP / Getty Images)