#FranceschiniRipensaci | Perché si sta parlando di Siae?
15/04/2016 di Tommaso Caldarelli
Per chi da anni combatte per un cambiamento del quadro giuridico, e del mercato dei diritti d’autore in Italia, è «un’occasione mancata»: il 10 aprile è scaduto il termine per l’approvazione nel nostro paese della direttiva 2014/26, la cosiddetta direttiva Barnier riguardante “la gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno”. Una normativa che avrebbe potuto andare a modificare il regime di monopolio assoluto e legale che nel nostro paese la Società Italiana Autori Editori – la Siae – detiene su tutti i diritti d’autore, di qualsiasi genere, sulle opere prodotte dagli artisti di tutte le discipline. Con il recepimento della direttiva, la situazione avrebbe potuto mutare anche radicalmente: ma il governo ha preferito, per ora, mantenere la situazione invariata.
#FRANCESCHINIRIPENSACI | PERCHÈ SI STA PARLANDO DI SIAE?
Nel nostro paese, come è noto, la principale – unica, con monopolio legale – società di intermediazione di diritti (cosiddetta Collecting Society) è la Siae. Una situazione contro la quale da anni ci sono frizioni e proteste ma che non è mai cambiata: in Italia chiunque realizzi un prodotto creativo ed artistico – musicisti, autori, artisti, scrittori – deve necessariamente passare da Siae, iscrivendosi nei suoi registri e conferendo a Siae il mandato (di prassi, totale) sui diritti d’autore; questo per precisa disposizione legale risalente all’epoca fascista, come precisa la norma sul Diritto d’Autore del 1941.
[A Siae si attribuisce] l’attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta e indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche cessione per l’esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate.
Siae chiede agli artisti le annuali quote associative e per conto degli artisti riscuote i diritti d’autore (i famosi borderò dei concerti); negli anni Siae è stata sistematicamente criticata per la sua pesantezza e lentezza d’uso, per l’altissimo tasso di burocrazia e per le sue inefficienze, e la sua situazione finanziaria in tempi recenti è tutt’altro che florida. La direttiva Barnier, imponendo agli stati di riformare l’intero settore delle società di intermediazione dei diritti, aveva fatto sperare gli operatori in un processo di riforma.
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Lo stesso ministro Dario Franceschini inizialmente aveva aperto ad un quadro di liberalizzazione in cui accanto alla Siae operassero altri soggetti. L’idea poteva essere infatti quella di aprire il mercato alla concorrenza: io artista, io scrittore, decido a quale società affidare la riscossione dei miei diritti, a seconda di quale mi convenga di più; oggi questo è impossibile (Siae è monopolista legale) o comunque estremamente difficoltoso. Tuttavia, in una recentissima audizione davanti alle commissioni congiunte di Camera e Senato, Franceschini aveva ammesso di aver “cambiato idea”.
Il tema è se riformare l’attuale sistema e scegliere la strada di una profonda riforma della Siae, o se andare verso una strada diversa, che è quella della liberalizzazione, quindi avere più società. So bene che in Parlamento c’è stata una valutazione più che fondata sull’inadeguatezza e sull’esigenza di una maggiore trasparenza della Siae che ha spinto il dibattito verso la liberalizzazione. Anche io ero partito da una propensione verso la liberalizzazione, ma poi ho verificato che Paesi importanti guardano con una certa invidia al fatto che abbiamo un’unica società che si occupa del diritto autore, mentre dove ci sono più società, come in Francia, c’è una divisione verticale che comporta una serie di difficoltà operative
Il quadro legale non è stato dunque cambiato dal Parlamento italiano, e la direttiva è scaduta senza essere stata recepita.
Questo non significa che, però, la situazione non sia comunque mutata. Perché la direttiva di cui stiamo parlando, la direttiva Barnier, contiene molte disposizioni che secondo il diritto dell’Unione Europea sono direttamente applicabili: da molti anni la giurisprudenza del’Unione Europea stabilisce che in mancanza di azione da parte dello Stato Membro la direttiva, se completa e precisa, viene applicata anche senza intervento del governo interessato. Vediamo dunque uno dei contenuti più importanti della direttiva Barnier.
Attribuisce agli autori, artisti, interpreti ed esecutori il diritto di scegliere di aderire a diverse “collecting societies” per diverse tipologie di opere e per diverse utilizzazioni (art 5).
E questo finora era impossibile, o comunque molto difficile: gli autori potranno “spacchettare” il loro mandato e affidarlo a diverse società, anche di paesi diversi. Guido Scorza sull’Espresso ci spiega quale sia il “peso” di queste novità.
La prima novità è che dopo 134 anni di esclusiva pressoché assoluta, la SIAE – società italiana autori ed editori – dovrà lasciare liberi autori ed editori italiani di farsi rappresentare da una qualsiasi società di gestione dei diritti europea e lasciare che tale società stabilisca in autonomia le condizioni di licenza agli utilizzatori delle opere appartenenti al proprio repertorio e, soprattutto, quelle di riparto degli incassi tra i propri iscritti e rappresentati. La Direttiva, infatti, stabilisce senza “se” e senza “ma” che “I titolari dei diritti hanno il diritto di autorizzare un organismo di gestione collettiva di loro scelta a gestire i diritti, le categorie di diritti o i tipi di opere e altri materiali protetti di loro scelta, per i territori di loro scelta, indipendentemente dallo Stato membro di nazionalità, di residenza o di stabilimento dell’organismo di gestione collettiva o del titolare dei diritti.”. Nessun dubbio, dunque, che da oggi il mercato dell’intermediazione dei diritti è europeo e che niente e nessuno potrà più vietare ad un autore italiano di affidarsi ad una società di un altro Paese membro né a tale società di operare in Italia senza dover passare per le forche caudine di un accordo di reciprocità con la SIAE, rinunciando al diritto di stabilire le proprie regole e tariffe.
Per chi fa musica e arte nel nostro paese si tratta certamente di una rivoluzione, che poteva essere di ampiezza anche maggiore; vero è che il governo non è tenuto a modificare la situazione, visto che la direttiva fa salve tutte le caratteristiche preesistenti nei vari paesi.
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Tuttavia, come spiega Giovanni Maria Riccio – avvocato particolarmente esperto dei temi del diritto di autore e che assiste alcune delle realtà concorrenti di Siae – il problema del monopolio di Siae è che è un monopolio legale: in altri paesi europei vi è, sì, una situazione di monopolio, ma è un monopolio di fatto, determinato dal fatto che una società si è rivelata particolarmente brava a stare sul mercato. E la situazione può in ogni momento cambiare – ad esempio, se un’altra società si rivela più brava e più capace ad intercettare i desideri degli artisti.
Come dicevamo, comunque, la direttiva è entrata in vigore al di là del recepimento italiano, il che potrebbe esporre il nostro paese ad una procedura di infrazione. Il governo ha ancora la possibilità di recepire la Barnier anche in ritardo (e anzi, più tarda, più potrebbe essere sanzionato) e così – dopo l’evento romano “Tutta un’altra musica” in cui operatori del settore delle “alternative a Siae” si sono incontrati all’Angelo Mai per discutere la questione – è partito su Twitter il tweetbombing al ministro della Cultura Dario Franceschini: #FranceschiniRipensaci, torna sui tuoi passi e affronta una totale riforma del sistema della Siae che porti ad una vera liberalizzazione.
Tweet riguardo #franceschiniripensaci
Quale è la situazione, ad oggi? Si sa pochissimo. Scrive Simone Aliprandi, altro avvocato esperto dei temi in discussione: “Dalle voci emerse durante l’incontro pare che in effetti in Parlamento stia circolando una bozza di legge attuativa; ma appunto, sono solo voci di corridoio. E – come ho già segnalato altrove – trovo abbastanza inaccettabile che non ci sia sufficiente trasparenza sul procedimento legislativo da costringermi a fare affidamento sulle voci e i sentito dire. Era così difficile far circolare sui canali ufficiali un disegno di legge con sufficiente anticipo? Oppure devo pensare che arrivare all’ultimo momento (se non addirittura fuori tempo massimo, come in questo caso) sia una precisa strategia politica per poi potersi nascondere dietro l’urgenza?”. Il ministro aveva parlato, in audizione, dell’ipotesi di una delega al governo per il riordino della materia.
“Per esempio, si potrebbe inserire un emendamento al Disegno di legge che recepisce i principi che la stessa direttiva Ue pone in termini di trasparenza e gestione per organismi come la Siae. Il Parlamento- ha specificato- potrebbe delegare il Governo a mettere alcuni paletti precisi che recepiscono e integrano quella direttiva per indicare la strada della riforma della Siae”.
La partita è ancora tutta aperta e per ora l’unica certezza è che la normativa italiana cambierà, subendo quella europea, senza alcuna chiarezza e certezza sulle intenzioni del legislatore nostrano.