Stato-mafia: Nino Di Matteo non potrà fare nuove indagini
06/05/2014 di Alberto Sofia
Nessuna nuova indagine sulla trattativa Stato-mafia potrà essere assegnata al pm Nino Di Matteo, simbolo dell’inchiesta sul patto tra i vertici di Cosa nostra e pezzi delle istituzioni. Stessa sorte per Roberto Tartaglia e, tra un mese, per Francesco Del Bene. Resta soltanto il procuratore aggiunto Vittorio Teresi: di fatto, è stato azzerato il pool di Palermo. Come ha spiegato Repubblica, sono gli effetti di una circolare del Consiglio superiore della magistratura dello scorso 5 marzo, che ha disposto l’assegnazione dei nuovi procedimenti di mafia soltanto ai magistrati della Direzione distrettuale, esclusi casi eccezionali.
ANTIMAFIA, LA CIRCOLARE DEL CSM CHE HA AZZERATO IL POOL DI PALERMO – Sulla base di quanto stabilito dal Csm, il procuratore Francesco Messineo ha già stoppato l’assegnazione ai pm di un nuovo fascicolo sulla trattativa. Il motivo? Nino Di Matteo, pochi mesi fa vittima dell’ordine di morte partito dal “Capo dei Capi”, Totò Riina, dal carcere di Opera, è formalmente scaduto da quattro anni, assegnato ufficialmente al gruppo che si occupa di abusi edilizi. Al contrario, Roberto Tartaglia non fa ancora parte della Dda. «Fino ad oggi, i due magistrati che hanno istruito il processo in corso a Palermo sono stati solo «applicati» al pool», ha chiarito Salvo Palazzolo sul quotidiano diretto da Ezio Mauro. Scade il primo giugno, invece, l’incarico decennale in Dda del terzo componente del gruppo, Francesco Del Bene, ancora per poco legittimato a fare nuove indagini. Le nuove regole, in vigore da marzo, non sembrano ammettere deroghe. I «casi eccezionali» citati dalla circolare del Csm riguardano «delitti contro l’economia, pubblica amministrazione, salute ed ambiente». Per questo Messineo non aveva altra scelta che fermare l’assegnazione a Di Matteo e Tartaglia di un nuovo fascicolo sulla trattativa, sul quale resta ancora il segreto d’indagine.
NESSUNA NUOVA INDAGINE SULLA TRATTATIVA POTRÀ ESSERE ASSEGNATA A DI MATTEO E TARTAGLIA – Secondo le indiscrezioni raccolte da Repubblica, si tratterebbe degli sviluppi su una serie di accertamenti portati avanti negli ultimi mesi dal pool palermitano. I pm hanno infatti continuato le indagini anche dopo l’apertura del processo, acquisendo insieme alla Dia una mole di documenti dalla sedi romane dei servizi segreti. Oltre ad aver interrogato decine di testimoni tra uomini delle istituzioni. In particolare, il pool del capoluogo siciliano sta tentando di comprendere il ruolo della «Falange armata», sigla che rivendicava ai centralini delle agenzie di stampa gli attentati della stagione delle bombe del 1992-1993. Alcuni nomi sarebbero già stati individuati, ma Di Matteo e Tartaglia non potranno indagare su di loro, secondo la nuova circolare del Consiglio superiore della magistratura. Una nuovo ostacolo per Di Matteo, dopo i tentativi di spostamento del processo. Il 18 aprile scorso era stata la Cassazione a rigettare l’istanza di rimessione avanzata dai legali di Mori, De Donno e Subranni, chiesta per «motivi di sicurezza». Il ricorso era stato ritenuto “inammissibile”, tanto che il processo era rimasto a Palermo. Intervistato da Antimafia Duemila, Di Matteo aveva auspicato che non si mettesse più in discussione la sede del processo:
«Già in passato sono state sollevate numerosissime eccezioni processuali per spostare il processo ad altra sede giudiziaria. E’ stato anche inutilmente intentato un procedimento di ricusazione nei confronti del giudice dell’udienza preliminare il cui accoglimento avrebbe comportato la retrocessione del processo alla fase precedente all’udienza preliminare. Non è stato il primo tentativo di far spostare altrove il processo o di farne regredire lo stato. Speriamo invece che da adesso in poi si possa andare avanti discutendo nel merito le rispettive posizioni per arrivare il più presto possibile a un giudizio da parte della corte», aveva spiegato.
Adesso, dopo la circolare del Csm, Di Matteo non potrà però portare avanti nuove indagini sulla trattativa. Così come Tartaglia e, da giugno, Del Bene. Non sembrano possibili deroghe, nonostante le competenze acquisite sul caso. Per ora, nessuna reazione o commento dalla procura di Palermo. Ma quello che Repubblica ha definito come «effetto tagliola» sta facendo aumentare tensioni e malumori: anche perché la circolare del Csm riguarda tutte le indagini antimafia, che vedevano «applicati» diversi pm della procura ordinaria. Tanto che una lettera potrebbe essere presto inviata allo stesso Csm, per chiedere chiarimenti sul caso.