Strage Erasmus, il papà di Francesca Bonello: «Mia figlia non c’è più, adesso vogliono anche incolparla»
11/07/2016 di Redazione

Una beffa, uno schiaffo enorme a quelle famiglie che all’alba del 20 marzo a Freginals, in Catalogna, Spagna, hanno perso le loro ragazze.
Riporta Repubblica:
Secondo la Ced, le cifre andavano decurtate del 25% proprio perché le ragazze, al momento dell’incidente, non avrebbero indossato la cintura. L’importo, che comunque i familiari delle studentesse avevano già deciso di devolvere in beneficenza così come ogni altro risarcimento che potrebbero ottenere in futuro, doveva essere accettato nel giro di dieci giorni: entro il 30 maggio. Così stabiliva, ancora, la lettera dell’assicurazione. Altrimenti la proposta sarebbe decaduta. Nessuna delle famiglie si è fatta avanti, nessuna ha accettato un risarcimento che non potrà mai risarcire nulla, ma che, posto a queste condizioni, sollevando una sorta di “concorso di colpa” delle vittime nella dinamica dell’incidente, le ha ancora più saldate insieme, pronte a portare avanti la causa civile e penale in Spagna
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PAOLO, PADRE DI FRANCESCA BONELLO: ” MIA FIGLIA NON C’È PIÙ, PRESA PER I FONDELLI”
Paolo Bonello, padre di Francesca, racconta la lotta e l’amarezza nella proposta ricevuta. «Cinquanta o cinquecento di risarcimento, a noi non interessa, perché Francesca non c’è più. Ma ci è sembrata una presa per i fondelli, questa, come se fosse colpa anche un po’ nostra di quello che è successo»
Francesca aveva quasi 24 anni, studiava Medicina e si trovava su quel dannato bus mentre faceva il suo Erasmus a Barcellona.
«La prima reazione è stata la stessa che abbiamo avuto a Barcellona: di non curarci di questi aspetti. Io, da subito, non volevo neppure sapere la dinamica dell’incidente. Invece la nostra legale mi ha fatto capire: se non avessimo fatto nulla, avremmo perso un’occasione preziosa per cambiare le cose. Così abbiamo deciso di andare avanti. E che quella offerta fosse un’ingiustizia. E una presa per i fondelli. Non vorrei usare parole inappropriate, ma mi è sembrato quasi un ricatto, anche per i modi in cui ci è stato posto».
Questione di tempistica…
«La lettera dell’assicurazione è arrivata intorno al 20 maggio, all’ultimo momento, e avevamo una finestra di tempo brevissima per accettare, dieci giorni, fino al 30 maggio. Ci offrivano 70.000 euro e poi ci sarebbe stata la decurtazione del 25% perché le ragazze non avrebbero indossato la cintura. Una specie di “concorso di colpa”: come se fosse colpa loro, nostra».
I genitori delle ragazze si stanno unendo in una unica associazione…
«Il 22 luglio a Genova, nello studio del notaio Andrea Fusaro, arriveranno anche i genitori delle altre ragazze. Firmeremo l’atto costitutivo di una nuova associazione “Genitori Generazione Erasmus 20 marzo 2016 – Uniti per non dimenticare”, che in inglese suona “Parents of Erasmus Generation”, acronimo di Peg, pungolo. Quello che vogliamo essere, per la tecnica e per la legislazione, non solo italiana».
Che finalità avrà la vostra associazione?
«Rendere sicuri i viaggi in pullman: nelle gite scolastiche, nel trasporto delle squadre sportive, non solo negli Erasmus. La legislazione può migliorare ulteriormente e deve essere uniformata a livello europeo, e mi riferisco ai turni di lavoro e riposo che gli autisti dovrebbero rispettare. Io con molti amici ingegneri lavorerò ad approntare apparecchiature di sicurezza da installare sui pullman. Che per la mole che hanno e il numero di persone che trasportano, sono aerei su strada. Ma hanno i sistemi di controllo e sicurezza di un’utilitaria».
(foto copertina ANSA)