Il Sud Sudan, lo strano caso di stato abortito

11/03/2015 di Mazzetta

Soldati dello SPLA (Photo credit FABIO BUCCIARELLI/AFP/Getty Images)
Soldati dello SPLA (Photo credit FABIO BUCCIARELLI/AFP/Getty Images)

I TERRIBILI JANJAWEED – A questo punto bisogna aprire un inciso sulle capacità militari sudanesi, perché pur trattandosi di un regime d’estrazione militare, quello sudanese non è molto dotato, mancando di un’aviazione moderna e anche di uomini e mezzi sufficienti a presidiare un territorio immenso. Prova ne siano appunto i convogli di fuoristrada che hanno portato più volte guerriglieri dal Darfur fino alle porte della capitale sorprendendo tutti. La soluzione di armare i locali portò alla pulizia etnica del Darfur, da dove le tribù sbagliate furono convinte a darsi alla fuga a suon di massacri e i villaggi bruciati dai temibili «janjaweed» parola diventate d’uso comune in Occidente, che significa banalmente uomini a cavallo.  La crisi in Darfur finì per attirare l’attenzione della comunità internazionale e dell’ONU e molti si spesero per aiutare i profughi, ma finì malissimo. L’impeto dell’ONU era infatti sostenuto da molti spinti da motivi umanitari, dei quali alcuni poco consapevoli, ma poco condiviso dagli Stati Uniti e dagli altri paesi occidentali, che avevano in mente la secessione del Sud e la firma dell’accordo, che avverrà nel bel mezzo della crisi del Darfur senza subire ritardi e senza che il mondo sia insorto contro al Bashir o che gli Stati Uniti abbiano bombardato Khartum.

OLTRE IL DARFUR – Poi la crisi del Darfur è sfumata dai teleschermi, noi ci abbiamo consumato il sincero impegno delle ONG serie, un’orrida comparsata di Barbara Contini, peggiore anche di quella irachena, e qualche spicciolo offerto da un paio di artisti presenti a Sanremo, per costruire un monolocale in pietra in mezzo al nulla che avrebbe dovuto diventare un ambulatorio. L’UE arrivò a fornire peacekeeper e la logistica per i campi profughi nei paesi vicini, il Darfur cadde nel dimenticatoio e i rapporti tra Sud e Nord entrarono in un periodo di cogestione prodromico all’indipendenza. La storia è corsa impetuosa, al tempo il ciadiano Deby è arrivato a trovarsi i suoi ribelli alle porte del palazzo presidenziale e si è salvato solo per l’intervento dei militari e dei mezzi aerei francesi. Un volta salvatosi ha usato i soldi del progetto di sfruttamento «etico» del petrolio del Ciad, finanziato a precise condizioni dalla Banca Mondiale per la gioia della EXXON, per armarsi come si deve e ha regolato i conti con i ribelli. Ne ha approfittato anche il suo protetto, il centrafricano Bozizé, in due hanno messo a ferro e fuoco vaste regioni e creato altre centinaia di migliaia di profughi che si sono confusi, anche nelle cronache, con quelli del Darfur. Negli ultimi anni ha prestato il suo fresco ed efficiente esercito, ormai inutile in patria, in Mali, in Repubblica Centrafricana, in Nigeria e altrove ancora. E ha anche sposato la giovanissima figlia del capo dei mitici janjaweed, lui è ottantenne e musulmano plurimaritato, in una sfarzosa cerimonia nella capitale sudanese, presente al Bashir con il quale i rapporto sono tornati al sereno. Al Bashir si è però trovato nel mirino del Tribunale Penale Internazionale di Luis Moreno Ocampo, che dalla sua costituzione ha imputato solo africani, accusato degli evidenti crimini in Darfur. Bashir non si è scomposto molto, ha continuato a essere ricevuto in qualità di capo di stato in tutti i paesi della regione e anche molto oltre, la sua condizione di ricercato non gli ha tolto il sonno, tanto che ha potuto anche togliersi la soddisfazione di mandare uomini e armi in Libia, partecipando alla coalizione che ha rovesciato l’odiato Gheddafi. Bashir ha poi riconosciuto il referendum con il quale gli abitanti del Sud hanno scelto l’indipendenza e il Sud Sudan ha potuto finalmente dichiarare la sua nascita il 9 luglio del 2011, diventando il paese più giovane al mondo, un paese grande il doppio dell’Italia, con appena 12 milioni di abitanti e discrete risorse naturali, anche se tra i più poveri al mondo.

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IL NEONATO STORTO – Salutato con entusiasmo un po’ da tutti, il nuovo paese è presto andato a fondo come un sasso nello stagno. Il leader del partito unico indipendentista ha speso buona parte dei soldi del petrolio per comprare armi, segnatamente un centinaio di carri armati ex-sovietici dall’Ucraina, ma una delle navi che li portava è stata disgraziatamente presa dai pirati somali, si chiamava Faina, nome degno per il Caronte di una tale furbata. Pagato il riscatto, il Kenya ha detto che i carri erano suoi, il Sud Sudan era sotto embargo ONU per le armi, ma pochi mesi dopo i carri sono ovviamente spuntati in Sud Sudan. Riarmato, il premier sud-sudanese Salva Kiir (in copertina)ha pensato bene di andare alla conquista delle aree rimaste da assegnare a cavallo del confine con il Nord, subito dopo la dichiarazione d’indipendenza. Al traino di questo attacco è esplosa una ribellione nel vicino Kordofan, dove gli abitanti del luogo avrebbero voluto andare con il Sud, ed è arrivato di nuovo lo star system, con George Clooney che si è fatto padrino di un progetto che prevede la sorveglianza con un satellite per tracciare le distruzioni provocate dall’esercito sudanese contro i civili del Kordofan e del Sud Sudan.

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