The Lazarus file: la poliziotta assassina incastrata dal Dna. Vent’anni dopo
26/06/2011 di Chiara Lalli
L’omicidio di Sherri sembrava destinato a rimanere impunito. Ma la scienza non era d’accordo.
Il 24 febbraio 1986 John Ruetten torna a casa e trova sua moglie Sherri in un lago di sangue. Sembra una rapina finita male e la polizia di Los Angeles indaga senza successo. Solo dopo oltre 20 anni si comincia a intravedere la verità, grazie all’avanzamento della scienza forense. Tra poche settimane comincerà il processo a carico di Stephanie Lazarus, accusata dell’omicidio di Sherri Rasmussens.
THE LAZARUS FILE – Il lungo articolo di Matthew McCough su The Atlantic, The Lazarus File, è insieme un resoconto della tragica morte di una giovane donna e una affascinante ricostruzione di come si sia passati dalle impronte digitali alle tecniche di analisi del DNA sempre più sofisticate. In sintesi la storia è questa: verso le 6 del pomeriggio di quel 24 febbraio John Ruetten capisce subito che qualcosa non va perché la porta del garage è aperta e la BMW che ha regalato alla moglie non c’è – eppure Sherri dovrebbe essere a casa. Entra in casa e trova il corpo della giovane donna nel salone; in casa evidenti segni di colluttazione. L’allora capo della squadra omicidi, Lyle Mayer, ipotizza che qualcuno sia entrato dalla porta non chiusa a chiave e sia stato sorpreso da Sherri, al piano di sopra. Dopo un tentativo di fuga da parte dell’aggressore e di difesa da parte di Sherri, quest’ultima era stata stordita e poi uccisa con tre pallottole: cuore, polmoni, colonna vertebrale. Nessuno aveva sentito colpi d’arma da fuoco, solo un po’ di trambusto e un grido, ma aveva ipotizzato che fosse un banale litigio.
UN LADRO? – L’assassino era poi fuggito rubando la BMW che John aveva regalato alla moglie. In casa, però, non era stato rubato nulla, nemmeno i gioielli di Sherri lasciati ben in vista. Mayer ipotizza che sia a causa della fuga frettolosa. Il corpo viene esaminato solo alle 2 di notte. Lloyd Mahany cerca tracce e indizi sul corpo di Sherri. Ha un morso su un braccio che si rivelerà cruciale, anche se molti anni dopo. Intanto arrivano a Los Angeles i genitori di Sherri. Il padre racconta a Mayer che la figlia si era lamentata di una ex fidanzata di John: qualche tempo fa era piombata in ospedale dove Sherri lavorava. Non ricordava il nome, ma sapeva che era un poliziotto ed era convinto che dovesse essere la prima sospettata – non certo il marito! L’appunto di Mayer non sembra suscitare interesse. Intanto la BMW viene ritrovata circa una settimana dopo, ma non c’è nessun indizio.
NESSUN INDIZIO – L’ipotesi della rapina viene rinforzata dal verificarsi di un episodio simile vicino alla casa di Sherri e John. I genitori offrono 10,000 dollari per qualsiasi informazione utile per scoprire l’assassino e il dipartimento di Los Angeles è concentrato su due presunti rapinatori latinoamericani. Nel 1986 a Los Angeles 831 persone sono state uccise: 538 sono i casi risolti. Alla fine dell’anno il caso di Sherri è tra i 293 casi non risolti. Nel 1986 le tecniche forensi erano molto limitate rispetto ad oggi – quelle tecniche con cui abbiamo ormai tutti familiarità, grazie a CSI, Cold Case e tutte le altre fiction o film che gravitano intorno a indagini e polizia forense e laboratori della scientifica. È impensabile, per noi, immaginare una indagine senza che l’analisi del DNA sia coinvolta o addirittura protagonista. Ma allora ci si doveva accontentare di ricostruire moventi, di interrogare sospetti e testimoni e di rilevare le impronte digitali – usate per la prima volta come strumento per identificare i colpevoli da Scotland Yard nel 1901 (strumento rivoluzionario, va ricordato).
LA RIVOLUZIONE GENETICA – Pochi mesi dopo l’omicidio di Sherri, il DNA viene usato per la prima volta in un caso di stupro e omicidio di due ragazze. Alec Jeffreys mette a punto una tecnica che rivoluzionerà le indagini: genetic fingerprinting. Nel 1988 Colin Pitchfork fu il primo assassino condannato in base al DNA. La rivoluzione genetica in campo forense ha inizio da qui, sebbene sia necessario non considerare ingenuamente il DNA come una bacchetta magica e sia necessario stabilire e controllare le procedure di prelievo dei campioni e le analisi di laboratorio. E sebbene a volte sia stato usato come arma difensiva: il caso di O. J. Simpson ne è un esempio perfetto… Ma verosimilmente gli ingredienti fondamentali, in quel caso, erano la fama dell’imputato e il suo dream team di avvocati.
NON SI RASSEGNANO – Nonostante gli avanzamenti nelle tecniche investigative, il caso di Sherri sembra essere ormai un cold case – e si sa che la probabilità di trovare il colpevole è inversamente proporzionale al tempo trascorso dal delitto. I genitori cercano in tutti i modi di non far dimenticare la figlia e insistono sull’ex fidanzata come un possibile sospettato – si sentono rispondere “guardate troppa televisione”. Addirittura suggeriscono agli investigatori di leggere un articolo scientifico sull’uso del DNA, ma tutti i tentativi falliscono. “Andate avanti con le vostre vite”. Intanto accadono altre cose: David Lambkin si appassiona alla possibilità di risolvere vecchi casi, cold cases appunto – dimenticati dalle forze dell’ordine ma vivi nella memoria dei parenti e degli amici delle vittime. La tecnologia offriva nuovi strumenti per provare a risolverli.
IL CODIS – Intanto nel 1998 l’FBI crea un database di profili del DNA prelevati sulle scene del crimine: è il CODIS (anche questo familiare grazie alla fiction), ovvero Combined DNA Index System. I confini delle indagini si allargano sempre più. Nel 2000, Lambkin propone insieme a Lisa Kahn di creare una task force sui vecchi casi. Nel 2001 la Cold Case Homicide Unit è operativa. Fino a dove si può arrivare? Il primo omicidio registrato risaliva al 9 settembre 1899, ma la decadenza delle prove fisiche spinge l’Unità a concentrarsi sugli omicidi tra il 1960 e il 1998: 23,713 omicidi, di cui 7,745 cold cases. L’Unità, tenendo conto delle scarse risorse a disposizione, decide di selezionare i casi potenzialmente più ricchi di indizi. Tra questi c’è il caso di Sherri.
QUEL MORSO – Nel 2003 c’è il primo arresto: il DNA incastra il colpevole di un omicidio compiuto nel 1983. Durante l’estate dello stesso anno viene richiesta l’analisi del DNA sul caso di Sherri. Ma tutto è fermo fino al dicembre 2004, quando Jennifer Butterworth si offre di eseguire la richiesta che giaceva da mesi su una scrivania di un collega. Nella lista delle prove sul caso di Sherri l’attenzione di Butterworth si concentra sul tampone del morso sul braccio della vittima. L’analisi rivela la presenza di due profili: uno appartenente a Sherri e l’altro, verosimilmente, al suo assassino.
QUELLE DUE X – Un primo passo in una strada ancora lunga. Il profilo non c’è nel CODIS. Butterworth si accorge di un dettaglio interessante: la maggior parte dei profili nei casi di crimini violenti era XY, ma questa volta si trattava di un profilo marcato come XX. Ovvero, una donna. Il report su Sherri arriva all’Unità l’8 febbraio 2005. Devono passare ancora 4 anni perché una squadra rinnovata e con qualche strumento in più rimetta le mani sul caso Sherri Rasmussens. Jim Nuttall e Pete Barba controllano tutti gli indizi raccolti e la questione della doppia X attira la loro attenzione: l’ipotesi della rapina condotta da due uomini salta. Si ricomincia tutto e stavolta il sospetto è una donna. Tra i nomi che rintracciano nel faldone salta fuori Stephanie Lazarus come ex fidanzata del marito della vittima. “P.O.” c’era scritto accanto al suo nome. Nuttall non sa cosa voglia dire finché non chiama John Ruetten: “P.O.” sta per Police Officer. Los Angeles Police Officer.
COME NEI TELEFILM – La notizia colpisce Nuttall: un poliziotto che ammazza una donna e la fa franca? Cerca il nome per sapere se Lazarus è ancora in carica, ed eccola lì: detective Stephanie Lazarus. L’indagine parte in tutta segretezza, sia per non mettere sulla difensiva Lazarus sia per non correre il rischio di infangare il suo nome nel caso non c’entrasse nulla. Tuttavia è chiaro, finalmente, che l’omicidio non era stato l’occasionale esito di una rapina. Nel faldone i sospettati erano 5. Vengono eliminati 3 e rimangono Lazarus e una infermiera collega di Sherri. Il DNA la esclude. Rimane solo Lazarus. La storia e la relazione di Lazarus con Sherri Rasmussens viene ricostruita minuziosamente. Lazarus aveva frequentato John Ruetten negli anni 80. Poi John aveva sposato Sherri nel novembre del 1985 . Tre mesi dopo Sherri era stata assassinata.
IL FURTO DELLA PISTOLA – Le indagini balistiche aggravano la situazione per Lazarus: negli anni 80 la polizia aveva pistole calibro 38, lo stesso delle pallottole che avevano ucciso Sherri. Il registro delle pistole della California riporta che Lazarus aveva denunciato il furto di una calibro 38 tredici giorni dopo l’omicidio. Niente pistola, niente confronto. Serve il DNA. Come procurarselo? Come in alcune puntate di CSI, gli investigatori decidono di ottenerlo in via ufficiosa. Recuperano dalla spazzatura un bicchiere da cui Lazarus aveva bevuto ed estraggono il DNA. Il 29 maggio 2009 il laboratorio conferma che il profilo di Lazarus corrisponde al secondo profilo riscontrato sul morso.
ACCERCHIATA – Vengono scelti due detective che non conoscono Lazarus, Greg Stearns e Dan Jaramillo, e l’accerchiamento finale ha inizio. Non vogliono avvicinarla o farla insospettire: è un detective ed è armata. Decidono di chiederle aiuto su una indagine, di farla venire a parlare con un sospettato imprigionato per un caso di furto d’arte. Non c’è nulla di strano nel chiederle di lasciare la pistola, perché in prigione non si possono portare armi. Una volta arrivata, la chiacchierata si sposterà sul caso Rasmussens, in bilico tra un colloquio con una testimone e un colloquio con una sospettata di omicidio.
68 MINUTI CHE CAMBIANO LA VITA – L’incontro si preannuncia complicato: Lazarus è ben consapevole dei propri diritti, della possibilità di rimanere in silenzio e di chiedere un avvocato. Il piano della squadra è di farla parlare il più a lungo possibile, lasciandole credere di essere libera di andarsene quando vuole. È già deciso, però, che quando Lazarus uscirà dalla stanza in cui è interrogata, sarà arrestata. La mattina del 5 giugno Jaramilla raggiunge Lazarus alla sua scrivania e le domanda aiuto su un caso. “Just for like five minutes or something”. Il colloquio dura 68 minuti. Poi Lazarus viene arrestata e portata in prigione. L’8 giugno è stata incriminata per l’omicidio di Sherri Rasmussens. A fine agosto comincerà il processo.