Non ti faccio vedere come si muore in Africa

28/04/2014 di Mazzetta

nigeria camerun

I GIOCHI DELLA POLITICA – Anche per questo i Boko Haram hanno portato gli attentati nella capitale, l’eco delle loro azioni, per quanto eclatanti, dal Nord non raggiunge il resto del paese abbastanza forte e chiaro. Il rapimento delle ragazze e l’incredibile agire del governo in seguito ha scosso il paese, ma difficilmente il governo farà di più nonostante le grandi promesse spese per rimediare alla figuraccia e non deve nemmeno stupire che si sia opposto all’iscrizione dei Boko Haram nella lista internazionale dei terroristi, passo che avrebbe come conseguenza automatica conseguenza un aggravio della curiosità per i nigeriani alla frontiera di ogni paese, cosa sgraditissima all’élite del paese e ben poco utile a penalizzare una formazione genuinamente locale. C’è poi che la Nigeria ha una casta militare ingombrante e che «problemi» come i Boko Haram ne giustificano l’esistenza, sarà per questo che i militari con la repressione ci vanno giù duro alimentando risentimenti che spingono i giovani verso una vita di guerriglie e di rapina. È appena il caso di notare che se un rapimento del genere si fosse verificato in altre parti del mondo avrebbe avuto immediata risonanza e attenzione planetaria, ma non è accaduto niente del genere.

LA PULIZA ETNICA IN NOME DI GESÙ – Più o meno alla stessa latitudine, più a Occidente nel continente africano, si sta consumando un dramma dal segno opposto. In Repubblica Centrafricana sono i cristiani, l’80% della popolazione, che hanno ormai portato a termine la pulizia etnica del Sud-Est del paese, sloggiando quella parte dei musulmani centrafricani che v’abitava. I musulmani sono appena il 10% della popolazione e per lo più concentrati nel resto del paese, che però non aveva mai conosciuto scontri inter-religiosi in tutta la sua storia e che per di più non ospita nemmeno musulmani di tendenza talebana. Il dramma della Repubblica Centrafricana nasce dall’agonia della dittatura di Bozizé, durata un decennio sotto gli auspici della Francia che regge le fila del paese sin dall’indipendenza. Dopo anni passati dal dittatore a promettere accordi che poi non rispettava, l’anno scorso è stato messo in fuga da un’alleanza di bande e guerriglieri calata sulla capitale, circa 2.000 uomini con armamento leggero, ma son bastati. I Seleka, formatisi nei campi profughi in Ciad, dove la popolazione era dovuta fuggire di fronte alle violenze del dittatore che fece incendiare decine di villaggi nella regione, hanno avuto facilmente ragione di un esercito ormai evaporato, istituzioni inesistenti e una forza di pace panafricana che è rimasta a guardare. Cacciato Bozizé ed espresso in qualche modo un presidente a interim che doveva garantire le minoranze, è apparso chiaro che buona parte dei Seleka era più interessata al saccheggio che alla politica, al punto che il presidente Michel (Am-Nondokro) Djotodia, musulmano, ha dovuto lasciare il passo a Catherine Samba-Panza, cristiana e alle truppe francesi, che su mandato ONU dovevano disarmare i Seleka. Il tutto in attesa di elezioni entro i prossimi 18 mesi, che s’allontanano.

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