Una Turchia nuova per Erdogan. Con i curdi (insieme a sinistre e Verdi) per la prima volta in Parlamento

13/06/2015 di Mazzetta

I sostenitori dell'HDP in festa (Photo creditILYAS AKENGIN/AFP/Getty Images)
I sostenitori dell’HDP in festa (Photo creditILYAS AKENGIN/AFP/Getty Images)

LE CONDIZIONI DEI POSSIBILI ALLEATI –

Una prospettiva che spinge l’AKP verso il governo di coalizione e che preme anche sugli altri possibili partner, che pure in precedenza avevano escluso ogni collaborazione con l’AKP e ora hanno cominciato a dettare le loro condizioni per un governo di coalizione. Devlet Bahceli del MHP, considerato l’alleato più «naturale» di un AKP non certo progressista, ha presentato pubblicamente le sue condizioni per sostenere un governo Davutoğlu, che comprende la rinuncia al presidenzialismo, la difesa dell’identità turca in Costituzione, l’esclusione dei corrotti e il cestinare per sempre l’accordo di pace con i curdi del PKK. Condizione questa molto problematica per l’AKP e per lo stesso presidente, che hanno puntato molto sulla normalizzazione dei rapporti con la minoranza curda (il 18% circa dei turchi) e ottenuto dal PKK e da altre forze ostili ad Ankara la rinuncia al separatismo e alla lotta armata in cambio di autonomia amministrativa e della fine della repressione, che da sempre caratterizza il rapporto tra il governo centrale e le province a forte presenza curda. Anche il partito repubblicano (CHP) ha aperto uno spiraglio alla possibilità di un governo di coalizione con l’AKP, il suo leader Kemal Kılıçdaroğlu ha dato la disponibilità dei 132 voti del suo partito «per rispetto agli elettori» e, seppure ideologicamente lontano dall’AKP, chiarito che l’accordo è possibile in cambio dell’attuazione di alcuni punti programmatici promessi agli elettori in campagna elettorale. «Due mensilità bonus ai pensionati, aumento del salario minimo, sgravi per il gas agli agricoltori, la cancellazione delle leggi introdotte dai golpisti nel 1980 e l’eliminazione dell’intermediazione sul lavoro, entro un anno».

IL TRIONFO DEI CURDI, LA FINE DEL PRESIDENZIALISMO –

È invece rimasto sulle sue posizioni Selahattin Demirtas, il leader dell’HDP che è il vero trionfatore delle elezioni e che è riuscito a portare finalmente in parlamento i curdi e al tempo stesso ad arrestare le ambizioni presidenzial-imperiali di Erdoğan, che una volta esauriti i mandati da primo ministro si è fatto presidente e ha piazzato il fido Davutoğlu al governo, si è fatto un enorme palazzo presidenziale e ora voleva farsi anche una costituzione di stampo presidenzialista. Un successo accolto con favore dai quasi tutti i curdi anche all’estero, con il presidente del Kurdistan iracheno, Masoud Barzani, tra i primi a congratularsi. «Sono felice perché i curdi in un’atmosfera democratica e all’interno di un partito sono entrati nel Parlamento della Turchia. È un grande successo per il mantenimento della pace e della democrazia».

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