L’inutilità di questa Unione Europea, che serve solo a favorire i populismi
14/07/2015 di Marco Esposito
È stato un fine settimana drammatico quello appena concluso, un fine settimana in cui l’euro è tornato in discussione e in cui la Grecia ha seriamente rischiato di uscire dalla moneta unica, se non addirittura il fallimento.
Uno scenario drammatico, evitato per un pelo. Uno scenario che la classe dirigente europea, spesso più preoccupata di far bella figura nel proprio paese che di dar vita ad uno stato federale europeo, non sembra in grado di ribaltare.
La sensazione che si ricava dopo questi 10 giorni ad altissima tensione è che comunque all’Unione Europea sia stato assestato un colpo quasi mortale.
Il combinato disposto del rigore tedesco e del gioco – rischiosissimo – portato avanti da Tsipras ha contribuito a rendere questa Europa ancor più matrigna agli occhi di molti cittadini europei ed italiani
Il compito principe di una classe dirigente illuminata ora dovrebbe essere duplice.
Il primo sarebbe quello di rendere subito più trasparenti e partecipate dal voto popolare le sconosciute istituzioni europee. Questo è un punto chiave. Ancora in questi giorni si è letto di un apparato burocratico europeo che stava ostacolando la trattativa per la messa in sicurezza della Grecia. Cosa che probabilmente in parte potrà anche essere avvenuta, ma senza dimenticare che la trattativa portata avanti da Tsipras è stata fatta con, anzi contro, i massimi esponenti dei governi europei. Quindi una trattativa tutta politica.
Quel che conta, comunque, è portare più vicine al cittadino le istituzioni europee nelle quali, non senza qualche ragione, il cittadino si sente un figurante. Il voto, ingrediente fondamentale di qualsiasi democrazia, incide solamente sulla elezione dei deputati del Parlamento Europeo, che – anche con il rafforzamento della procedura legislativa di “codecisione”, che vede il Parlamento avere lo stesso peso del Consiglio dell’Unione (procedura che dopo il trattato di Lisbona viene definita ordinaria) – non riesce ad incidere in maniera decisiva nella politica europea. Il potere di voto dei cittadini va reso protagonista della nuova unione europea che è necessario ricostruire
Il secondo compito è ancora più importante. Dare una prospettiva concreta al concetto di Europa. Qualcosa che vada oltre la moneta unica, il mercato europeo, la stabilità economica. Se fino a qualche tempo fa, dopo la seconda guerra mondiale, questo “qualcosa” poteva e doveva essere la pace, oggi questo non basta più. È necessario rilanciare l’idea di Europa da un punto di vista ideale, sociale e del “comune sentire”. In poche parole è necessario trovare una “mission” all’Europa.
È impensabile trasformare l’Europa in un bignami di regole arzigogolate, che, agli occhi dei cittadini servono solo a decidere quanto deve essere lunga una zucchina trasportata per il continente. Un coacervo di regole a prima vista disegnate per ostacolare la crescita economica dei singoli stati membri. Una specie di suocera rompiscatole, pronta ad inveire contro di noi alla prima distrazione.
Una Europa così fatta, così percepita non può che aprire le porte ai populismi che sembrano in forte espansione in tutto il contintente.
O nel giro di pochi mesi i leader dei maggiori paesi europei riusciranno a fare quel salto di qualità che gli permetterebbe di pensare prima al bene del progetto europeo e poi al proprio tornaconto elettorale in patria, o l’Unione Europea presto sarà solo un ricordo, neanche dei più emozionanti.