Unioni Civili, senza stepchild adoption rischiano di saltare
21/01/2016 di Alberto Sofia
Centristi, alfaniani e cattodem la sbandierano come l’anticamera della maternità surrogata, agitando lo spauracchio di quell’«utero in affitto» contro il quale invocano pure le manette. Sinistra Italiana e Movimento 5 Stelle, pronti a sostituirsi ai voti mancanti di Area popolare e della maggioranza per approvare le Unioni civili, non hanno invece alcuna intenzione di vederla stralciata. Tanto da mettere in dubbio lo stesso “sì” al Ddl Cirinnà, qualora a vincere fosse un «compromesso al ribasso», avvertono da Palazzo Madama. Resta la stepchild adoption, l’adozione del figlio del partner, lo spartiacque decisivo per un provvedimento atteso ormai da anni. Renzi e i vertici del Pd l’hanno difesa (almeno a parole), ma senza chiedere un voto vincolante al partito. Niente fiducia, in casa dem sarà concessa libertà di coscienza. Così il rischio che nel voto segreto avvenga lo «sgambetto» non manca. E a quel punto, c’è chi azzarda dal Senato, «potrebbe succedere di tutto…» nella votazione finale. Anche che a saltare sia lo stesso disegno di legge, al di là dei numeri che – almeno sulla carta – lo metterebbero al riparo da qualsiasi “congiura”.
UNIONI CIVILI, LA STEP CHILD ADOPTION DECISIVA. NON SOLTANTO PER I SUOI DETRATTORI
Al Nazareno un compromesso non è ancora stato raggiunto sul testo delle Unioni civili. «Non ci sono novità, aspettiamo di conoscere venerdì tutti gli emendamenti. Ma sui diritti non intendiamo arretrare, non si cambia. Anche perché il testo rispetta pienamente sia la Costituzione che la sentenza 138 del 2010 della Consulta», ha ribadito a Giornalettismo la stessa Monica Cirinnà, allontanando le ombre sul rischio di incostituzionalità del disegno di legge. Fantasmi evocati da chi considera il provvedimento troppo simile al matrimonio. Senza dimenticare quei dubbi (in particolare sugli articoli 2 e 3 del ddl) che sarebbero emersi da presunti colloqui informali con il Colle. Evocati dai media, ma mai in realtà confermati.
Sia la prima firmataria che gran parte del PD non intendono cambiare quel ddl che viene considerato già frutto di una «mediazione», nella quale «tutti hanno dovuto rinunciare a qualcosa», come aveva rivendicato anche Gianni Cuperlo ai microfoni di Giornalettismo Tv. Anche perché il rischio, si avverte in casa Pd, è che le richieste di modifica e le resistenze nascondano in realtà un altro scopo: quello di voler «affossare tutto». E far saltare un traguardo mai così vicino, dopo anni di fallimenti e annunci, dai Pax ai Dico, fino ai Di.Do.Re. & Co. Lo stesso sottosegretario alle Riforme Ivan Scalfarotto ha già messo in guarda il partito, intervistato da Repubblica. «Anche se queste modifiche riuscissero a tenere dentro tutti, da Stefano Lepri a Sergio Lo Giudice, non garantirebbero il voto dei 5 stelle, dei loro fuoriusciti, di Sel». Non semplici timori, ma rischi concreti, confermati al Senato dagli stessi diretti interessati, in vista dell’arrivo del testo in Aula il 28 gennaio.
UNIONI CIVILI? SENZA LA STEPCHILD ADOPTION RISCHIANO DI SALTARE
«Cosa faremmo se saltasse la stepchild adoption? Quel testo rappresenta per noi il minimo sindacale….», avverte un pentastellato di rango. Tradotto, un voto positivo sarebbe tutt’altro che scontato. In attesa, si preferisce aspettare. Una posizione ufficiale, nel caso saltasse quello che viene considerato un pilastro del ddl, non è ancora stata presa. «Di certo dovremmo riunire il gruppo», spiegano a Giornalettismo dal M5S. Ma c’è chi mette in guardia il premier: «Io sarei per votare “no” se saltasse l’adozione del figlio del partner. Certo, poi mi adeguerei alla decisione del Movimento», ammette un altro senatore pentastellato, che chiede di restare anonimo «perché una linea del M5S non è ancora stata presa». Allo stesso tempo, invece, vengono respinte le accuse di chi evoca il rischio di tradimenti dallo stesso M5S nella votazione a scrutinio non palese: «Sono falsità, saremo coerenti con quanto rivendichiamo. E non saremo certo noi a chiedere il voto segreto in Aula», si è difeso il senatore Maurizio Buccarella. E c’è chi ricorda pure come nell’ottobre 2014 sia anche arrivato il via libera sul blog di Grillo dagli stessi attivisti.
Ma anche dentro Sel-Sinistra Italiana, componente del Misto in Senato, non vogliono sentir parlare di stravolgimenti al testo. Né di far saltare le adozioni del figlio del partner. «Non capisco perché dovremmo regalare a Renzi la possibilità di sbandierare una legge a metà», c’è chi rivendica anche dal Misto, dagli ex 5 Stelle rimasti all’opposizione del governo. Tradotto, quei timori evocati da Scalfarotto sono tutt’altro che inesistenti. Anche perché, anche senza stepchild, una parte di Ncd non intende votare comunque le Unioni Civili.
UNIONI CIVILI, I CATTODEM INVOCANO LE MANETTE DI CHI SI AFFIDA ALL’UTERO IN AFFITTO, ANCHE ALL’ESTERO
Quel che intendono evitare i vertici Pd, però, è che si arrivi in Aula in ordine sparso, senza aver trovato primi una sintesi nel gruppo. Eppure, a 48 ore dalla scadenza degli emendamenti, non basta il lavoro dei pontieri per far indietreggiare l’area di circa 25 senatori cattolici, capeggiata da Stefano Lepri, Emma Fattorini e Rosa Maria Di Giorgi. Quella che insiste per cambiare la stepchild con l’affido rafforzato. E il clima interno al Pd è diventato incandescente dopo la presentazione di un nuovo emendamento da parte dei cattodem, a prima firma dell’ex montiano Gianpiero Dalla Zuanna, con il quale si chiede la galera per chi ricorre alla gestazione per altri, anche all’estero dove è permessa (in Italia è già negata dalla legge 40, ndr). Recita la richiesta di modifica:
«Chiunque, al fine di accedere allo stato di madre o di padre, fruisce della pratica di surrogazione della maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con una multa da 600 mila a un milione di euro. Chiunque organizza, favorisce o pubblicizza la pratica di surrogazione della maternità è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con una multa da 600 mila a un milione di euro».
Al comma 2 si specifica pure che le disposizioni “si applicano anche quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano”. Mentre, al comma 3, si spiega anche come «in sede di trascrizione degli atti di nascita ricevuti dall’estero dalle autorità consolari, i cittadini italiani richiedenti sono tenuti a rendere una dichiarazione all’ufficiale di stato civile attestante che la nascita è avvenuta senza il loro ricorso a pratiche di surrogazione». Altrimenti, si spiega, «l’ufficiale di stato civile sospende la trascrizione e trasmette gli atti al procuratore della Repubblica». Ma non solo: al comma 4 si legge anche che, in assenza di legame biologico tra il «nato e almeno uno dei genitori risultanti dall’atto di nascita ricevuto dall’estero», il tribunale per i minorenni «dichiara lo stato di adottabilità del minore ai sensi della legge n. 184 del 1983».
Un’iniziativa contro la quale si sono scagliate non soltanto le associazioni Lgbt, ma anche chi nel Pd rivendica che il testo resti così com’è. «Nel nostro ordinamento la deroga al principio della territorialità della legge penale ha luogo soltanto per crimini gravi come quelli contro l’umanità e i diritti umani o la tortura. Mi pare ridicolo che un bambino costituisca una minaccia così grave», ha attaccato la responsabile Diritti del Pd, Micaela Campana.
UNIONI CIVILI, LE ULTIME MEDIAZIONI
L’impressione è che se una mediazione sembra possibile sugli articoli 2 e 3 del ddl, per sostituire quei riferimenti agli articoli del codice civile che disciplinano il matrimonio con una riscrittura di tutti i diritti previsti, punto per punto, sull’articolo 5 si rischi invece una conta in Aula. Il termine per la scadenza degli emendamenti è venerdì 22. Ma fino al momento del voto si cercherà una mediazione che possa evitare fratture e mettere a rischio lo stesso provvedimento. Un pericolo che Renzi non vuole correre. Anche perché, oltre alla sua convinzione della necessità di legiferare in materia, c’è la consapevolezza di come il provvedimento sia necessario per recuperare quell’elettorato di sinistra che poco ha digerito l’asse con Denis Verdini sulle riforme costituzionali. Soprattutto dopo che l’ex sodale del Cav è risultato decisivo (insieme ai 3 Tosiani e a due dissidenti Fi) con i suoi 17 senatori di Ala nell’ultimo via libera di Palazzo Madama al Ddl Boschi.
Per questo diversi pontieri renziani, come Tonini e Marcucci, sono ancora al lavoro per ricucire con l’ala cattolica e con chi conserva dubbi sul testo. «Il mio voto non è in discussione, anche con la stepchild adoption», ha chiarito a Giornalettismo Paolo Corsini, senatore della minoranza Pd che il sito Gay.it aveva indicato tra i possibili senatori “malpancisti”. E in casa dem c’è chi è convinto che, al momento del voto, la fronda si assottiglierà. E che in pochi si spingeranno fino a mettere a repentaglio l’approvazione del ddl.
BERLUSCONI, TONI SOFT SULLE UNIONI CIVILI: «LIBERTÀ DI COSCIENZA»
«Ce la faremo», insistono dai vertici dem. Anche perché si confida che da tutto l’arco parlamentare arrivino alla fine voti per le Unioni. Compresa Forza Italia, dove lo stesso Silvio Berlusconi, pressato dalla compagna Francesca Pascale, ha “ammorbidito” i toni. Tanto da lasciare che i parlamentari forzisti decidano in libertà di coscienza, come rivendicavano Stefania Prestigiacomo, Mara Carfagna e l’ala più pro-Lgbt azzurra. «Siamo aperti al riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali, la maggioranza del partito ha deciso di votare no al ddl Cirinnà , perché viene vista come una legge mal fatta e che avrebbe bisogno di molte modifiche Ma lasceremo libertà di voto ai singoli deputati e senatori», ha spiegato il Cav alla presentazione del libro “Madri” di Myrta Merlino. Dal fronte di Area popolare, invece, tranne che dall’ala più filorenziana, saranno ancora barricate: verranno presentati 85 emendamenti, una pregiudiziale di costituzionalità e una richiesta di sospensiva di due mesi. Ma, al di là delle posizioni partitiche, l’ombra maggiore sul destino delle Unioni Civili resta il Family day del 30 gennaio al Circo Massimo, soprattutto dopo l’appoggio del cardinale Angelo Bagnasco . «Ma la piazza non può fermare il Parlamento», insiste Cirinnà, quasi a volerla esorcizzare. E anche i pro-Lgbt si mobilitano per il 23 gennaio con iniziative in almeno 82 città della penisola. Anche loro, avvertono, non accetteranno però compromessi al ribasso. Per la serie, la stepchild resta decisiva. Per tutti i fronti.