Università e malaffare: come i «baroni» controllavano i concorsi
06/05/2014 di Alberto Sofia
Decidevano tutto i «baroni» dell’università. Un sistema collaudato di spartizione di posti da docenti ordinari e associati in tutta Italia, secondo la logica del «do ut des», è quanto emerso da un’inchiesta partita nel 2008 e condotta dalla procura di Bari. Lo confermano anche le intercettazioni che coinvolgono i professori sotto accusa. Chiuso il primo filone di indagini, gli atti sono stati inviati pochi giorni fa per competenza a Milano. Come ha spiegato il Fatto Quotidiano, due sono i livelli dell’organizzazione ricostruiti dagli inquirenti: il primo locale, l’altro di carattere nazionale. Cinquanta le “gare” sotto osservazione, 18 gli esami considerati manipolati su 32, 38 i docenti sotto accusa. Nel registro degli indagati figurano anche la senatrice di Forza Italia ed ex ministra per le Politiche Europee, Anna Maria Bernini, associata di diritto pubblico a Bologna, e Francesco Pizzetti, ex presidente dell’Ufficio del garante della Privacy e ordinario di diritto pubblico a Torino. Diversi i capi d’accusa: dall’associazione a delinquere, alla corruzione, fino alla truffa aggravata e al falso.
L’INCHIESTA SULL’UNIVERSITÀ TRUCCATA – Altro che merito, i posti venivano assegnati secondo la regola del “favore” . Sono stati una cinquantina i concorsi truccati, secondo la Guardia di finanza. «Erano decisi prima ancora del loro espletamento», hanno chiarito gli inquirenti. Attraverso le intercettazioni dei prof sotto indagine a Bari, citate dal quotidiano “La Repubblica”, è emerso il potere, il malaffare e l’influenza criminale dei «baroni» nell’assegnazione dei ruoli universitari. Il professor Giorgio Lombardi, malato e deceduto durante l’indagine, era definito come il «capo di tutti», nel maggio 2010. Era lui ad essersi impegnato affinché la forzista Anna Maria Bernini vincesse un concorso. Sul quotidiano diretto da Antonio Padellaro, era già stato Antonio Massari a ricordare il ruolo di Lombardi:
«C’è chi sostiene: a Lombardi basta scrivere su un foglietto i suoi nomi e la partita è già vinta a tavolino. Ma l’obiettivo di Lombardi qual è? Eccolo: Anna Maria Bernini e Federico Gustavo Pizzetti devono diventare professori di Diritto pubblico comparato. La prima, professoressa associata di Diritto pubblico comparato a Bologna, in quel periodo era parlamentare del Pdl e ministro del governo Berlusconi. Il secondo è figlio di Francesco Pizzetti, ordinario di Diritto costituzionale a Torino, all’epoca dei fatti presidente dell’Autorità garante per la privacy. Per l’accusa, la Bernini, in passato aveva aiutato il figlio di Lombardi per la sua carriera diplomatica e gli aveva anche promesso un sostegno per l’eventuale elezione a giudice costituzionale»
Finché è rimasto in vista, era quindi lo “sponsor” della Bernini, Giorgio Lombardi, il “dominus” dei concorsi di diritto pubblico. Insieme al collega Giuseppe Ferrari decideva il loro risultato in Italia. Poi, a causa della malattia che lo porterà alla morte, sono stati gli avversari ad approfittarne. Tanto che lo stesso Lombardi in un’intercettazione spiegava: «Se non avessi avuto questo accidente ero il padrone di tutti i concorsi». E sulla Bernini aggiungeva: «Quando uno prende un impegno, lo mantiene. Sono abituato così». Le pressioni in favore della forzista erano molte: Ferrari al telefono fa anche i nomi di De Vergottini, Giuliano Amato e Morbidelli, che non sono però indagati.
CONCORSI GIÀ DECISI – Dopo la morte di Lombardi, tutto il controllo passa nelle mani di Ferrari, come ricorda “La Repubblica”. E in un’intercettazione si comprende cos’era quello che la Finanza ha etichettato come il «potere ventennale dell’aristocrazia ferrariana» :
«Quello che cercavamo di praticare era un metodo che è stato concepito in un momento in cui Lombardi pigliava tutto. C’era una specie di aristocrazia in senso aristotelico, cioè i migliori che si accordano nell’interesse della corporazione», si legge.
In totale, su 32 concorsi banditi tra ordinari e associati, più della metà (18) sono stati «espressione di una maggioranza di chiara appartenenza alla corporazione ferrariana». Una prova dell’esistenza di quel sistema che decideva le assunzioni sulla base dell’appartenenza a una determinata corrente accademica.
LE RICHIESTE DEL «PIZZINO TELEMATICO» – Il Fatto quotidiano ha spiegato come venissero “controllate” le elezioni dei commissari. Tra gli atti intercettati c’è anche una mail del professor Ferrari, grazie alla quale si evince un’intesa tra il docente bocconiano e il collega dell’Università di Urbino Luis Eduardo Rozo Acuna:
«Carissimo, consegno un’umile richiesta al pizzino telematico. Ti chiederei il voto per me a Roma III, concorso di cui avevo parlato con Guido già a luglio. Sono poi interessato a due concorsi di II fascia, d’intesa con Giorgio che ha altri interessi. Uno è quello di Bari Lum, dove sono io il membro interno: potresti votare per Alberto Russo? L’altro è quello di Milano Bicocca. Scusa per la sintesi brutale, ma meglio essere franchi. A buon rendere. Grazie»
L’EX GARANTE PIZZETTI INDAGATO – Anche l’ex Garante della Privacy Francesco Pizzetti è stato iscritto nel registro degli indagati, accusato dagli investigatori di aver fatto pressioni per far vincere un concorso al figlio. Un posto promesso da Lombardi, in base alle intercettazioni. Sono decine le telefonate intercettate dagli inquirenti che confermano come Pizzetti si fosse attivato affinché “gli impegni” fossero rispettati. Gli stessi inquirenti hanno etichettato l’ex Garante come «astuto e infaticabile», secondo quanto emerso nelle indagini.