Un uomo di straordinario successo mondano: Enzo Bianchi
29/12/2014 di Massimo Zamarion
Qualche giorno fa, il priore della Comunità monastica di Bose, Enzo Bianchi, concludeva un articolo apparso su “La Stampa” e dedicato al discorso natalizio di Papa Francesco alla Curia con queste parole: «L’ho scritto e lo riscrivo: papa Francesco si fa eco del Vangelo e la sua passione per il Vangelo lo porta a misurare la vita della Chiesa e di ogni membro sulla fedeltà al Vangelo. Ma nessuna illusione: più il Papa percorre questa strada e più scatenerà le forze demoniache operanti nella storia e il risultato per i veri credenti sarà l’apparire della croce di Cristo. Non è vero che nella Chiesa si starà meglio, è vero il contrario: la Chiesa infatti può solo seguire Gesù anche nel rigetto sofferto e nella persecuzione e non potrà ottenere successi mondani se incarna il messaggio del suo Signore.»
Ora, chi sia Enzo Bianchi, ormai comincia a saperlo anche la plebaglia più infingarda: un uomo di straordinario successo mondano, il Papa della Società Civile democratica e responsabile, un uomo riverito come incomparabile vaso di saggezza in tutti i salotti dell’Italia Migliore, non ultimo quello, ambitissimo, di Slow Food, santuario del cibo eco-bio-condiviso et, ça va sans dire, du terroir, ancorché caruccio. Le sue opere occupano, ad occhio, un terzo degli scaffali del settore “Religione” delle librerie della nostra penisola. Lo so perché quando entro in una libreria mi leggo sempre una paginetta di Bianchi, nel timore di aver preso una colossale cantonata, cioè al solo scopo di confermarmi nella mia pessima opinione di lui, cercando disperatamente di non dare nell’occhio: non vorrei che mi prendessero per un iscritto alla potente Loggia della Società Civile, o peggio, per un suo fan! Mai sono rimasto deluso. Lo stile di Bianchi è sempre lo stesso e si può definire in due parole: qui lo dico e qui lo nego. Se la frase è ambigua, tutta la sua molliccia reticenza viene compensata da un’enfasi quasi autoritaria, o dalla reiterazione. Se la frase è ortodossa il suo senso viene snervato e disinnescato dai ragionamenti immediatamente successivi. Se l’apologeta ti edifica, Bianchi ti svuota. Sarà per questo che ogni volta che ho rimesso il suo volumetto nello scaffale, nel bisogno urgente di riconciliarmi almeno con lo stadio primordiale della natura, sbircio selvaggiamente a destra e a sinistra alla ricerca di una bella femmina di autentico sesso femminile su cui posare gli occhi?
L’agenda degli appuntamenti mondani di Bianchi è piena come quella di un magistrato antimafia di successo. Infatti fanno lo stesso lavoro: predicano la palingenesi, uno della Chiesa Cattolica, l’altro dell’Italia. Ma si ha come l’impressione che sognino la stessa cosa. Non per niente tra Bianchi e i fanatici del culto della legalità l’intesa, pardon, la comunione è perfetta.
Un anno fa, «In occasione dei suoi settant’anni», come si legge sul sito web del Monastero di Bose, «gli amici, insieme ai fratelli e alle sorelle della Comunità, hanno pensato un libro che raccoglie testimonianze e tributi di quanti negli anni hanno intrattenuto con lui conversazioni.» Ne è venuto fuori un tomo di 760 pagine, edito da Einaudi, intitolato “La sapienza del cuore” e sottotitolato “Omaggio a Enzo Bianchi”. Sono più di cento gli intellettuali, i filosofi, gli studiosi, i biblisti, i giornalisti, le teste d’uovo che hanno tributato un omaggio al sommo: tra questi Eugenio Scalfari, Ferruccio De Bortoli, Ezio Mauro, Massimo Cacciari, Barbara Spinelli, Umberto Galimberti, Michele Serra. In una parola: la solita compagnia di giro. Per fare un confronto, quando Heminge e Condell, qualche anno dopo la morte di Shakespeare, curarono la prima edizione completa delle opere del Bardo, riuscirono a mettere insieme ben quattro omaggi in versi: quello famoso di Ben Johnson, e quelli brevi di Leonard Digges, John Mabbe e Hugh Holland; senza neanche contare, poi, che l’anima del grande William era ormai al riparo da qualsiasi vanità.
Questo sfoggio di medagliette e credenziali è insieme comico e penoso, e fa il paio col diluvio di rimandi e citazioni bibliche che popolano i suoi scritti. Dovete sapere che il nostro Enzo viaggia sempre scortato dalle parole di qualche profeta, apostolo o evangelista, le quali compongono un concerto di echi biblici che un po’ alla volta, insensibilmente, vi stordisce e vi induce a dire di sì, avete capito, anche se non avete capito assolutamente un cacchio. Infatti non si sa mai bene dove Enzo voglia andare a parare coi suoi sermoni o i suoi articoli, anche se, s’intende, io capisco benissimo dove voglia andare a parare. A me non la si fa. E sapete perché? Perché «la sete insaziabile di potere rende colui che vi cede capace di diffamare e calunniare gli altri sui giornali e sui blog tramite giornalisti compiacenti, abili persino a odiare su commissione.» Lo scrive lui, Enzo, nell’articolo citato, alludendo a quelli come me, cioè ai pochi che non la bevano. Neanche questi quattro gatti sopporta. Ma quanto è permaloso!