Vaccini, ecco la sentenza della Corte di giustizia UE che fa discutere sui danni da vaccino
21/06/2017 di Stefania Carboni
Senza un consenso scientifico il difetto di un vaccino e il nesso di causalità tra il difetto stesso e l’insorgere di una malattia possono essere provati con un complesso di indizi gravi, precisi e concordanti.
guarda la sentenza C-621/15:
LA STORIA DEL MALATO DI SCELROSI MULTIPLA CONTRO SANOFI PASTEUR
Nel 1998 e nel 1999 il sig. W. è stato vaccinato contro l’epatite B. Poco tempo dopo ha sviluppato i sintomi della sclerosi multipla. Le sue condizioni sono peggiorate negli anni successivi e l’uomo è deceduto nel 2011.
I familiari hanno proposto un’azione di risarcimento danni contro la Sanofi Pasteur MSD SNC, produttrice del vaccino e una delle tre convenute nella causa in esame (in prosieguo: la «Sanofi» o la «prima convenuta»). Le ricorrenti hanno sostenuto che la sclerosi multipla del deceduto era stata causata dal vaccino. La domanda è stata respinta, tuttavia, per la mancata prova di un nesso causale tra il difetto del vaccino e il danno subito. I familiari hanno sostenuto che la sclerosi multipla del deceduto era stata causata dal vaccino. La domanda è stata respinta, tuttavia, per la mancata prova di un nesso causale tra il difetto del vaccino e il danno subito dal sig. W. Per dimostrare tale nesso, le ricorrenti avevano fatto valere una norma del diritto francese, secondo la quale un nesso causale si può presumere qualora la malattia in quanto tale si manifesti subito dopo la somministrazione del farmaco asseritamente difettoso e non sussistano precedenti personali o familiari relativi alla malattia. Ma quale è stato il percorso giuridico di questa causa?
In primis la richiesta di risarcimento fu accolta in primo grado dal Tribunal de Grande Instance de Nanterre (Tribunale regionale di Nanterre). Nonostante ciò è stata annullata in appello dalla Cour d’appel de Versailles (Corte d’appello di Versailles). Quest’ultima ha dichiarato che gli elementi fatti valere dalle sigg.re W portavano a presumere l’esistenza di un nesso causale, ma erano insufficienti per dimostrare un difetto del vaccino. La Cour de cassation (Corte di cassazione) ha annullato la sentenza della Court d’appel de Versailles (Corte d’appello di Versailles), dichiarando che quest’ultima non aveva fornito una base giuridica per la sua decisione relativamente alla questione della mancanza di difetto dei vaccini.
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VACCINI: COME SONO ARRIVATI ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE
La causa è stata rinviata dinanzi alla Cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia), che ha nuovamente annullato la sentenza di primo grado del Tribunal de Grande Instance de Nanterre (Tribunale regionale di Nanterre). La Cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi) ha dichiarato che il breve lasso di tempo tra l’inoculazione del vaccino e la comparsa di primi sintomi della sclerosi multipla, unitamente alla mancanza di precedenti personali o familiari di tale malattia, non potrebbero far sorgere presunzioni gravi, precise e concordanti di un nesso causale tra il vaccino e la malattia del sig. W.. Da Parigi hanno rilevato la mancanza di consenso scientifico a sostegno della tesi del nesso causale. Le autorità sanitarie nazionali e internazionali hanno negato l’esistenza di una connessione tra la probabilità di essere colpiti da malattia demielinizzante centrale o periferica (caratteristica della sclerosi multipla) e la vaccinazione contro l’epatite B. Ma la Corte d’appello ha anche osservato che la causa della sclerosi multipla era sconosciuta. La sentenza è stata nuovamente presentata dinanzi alla Cour de cassation (Corte di cassazione), la quale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le questioni pregiudiziali. Rivolgendosi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea i familiari si sono appellati alla direttiva europea sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi. Ed ecco qui le richieste fatte fatte alla Corte:
In particolare, il giudice del rinvio chiede se: i) le presunzioni descritte supra siano compatibili con tale direttiva; ii) l’applicazione sistematica di tali presunzioni sia compatibile con la direttiva; e iii) se, nel caso in cui siffatte presunzioni non siano compatibili con la direttiva, il ricorrente debba produrre prove scientifiche del nesso causale.
Secondo i giudici, la vicinanza temporale tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza della malattia, l’assenza di precedenti personali e familiari e “l’esistenza di un numero significativo di casi repertoriati di comparsa di tale malattia a seguito di simili somministrazioni” possono costituire indizi sufficienti a formare una simile prova anche “in mancanza di consenso scientifico”. La Corte precisa che i giudici nazionali devono assicurarsi che gli indizi prodotti siano effettivamente gravi e precisi da consentire di concludere che l’esistenza di un difetto del prodotto appare la spiegazione più plausibile dell’insorgenza del danno.
L’articolo 4 della direttiva 85/374/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1985, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi non osta, di per sé, per quanto riguarda la responsabilità dei laboratori farmaceutici per danni ascrivibili ai vaccini da essi prodotti, a un mezzo di prova che prevede che il giudice di merito, nell’esercizio del suo del suo libero apprezzamento, possa ritenere che gli elementi di fatto presentati dal ricorrente costituiscano presunzioni gravi, precise e concordanti, tali da dimostrare il difetto del vaccino e l’esistenza di un nesso causale tra quest’ultimo e la malattia, nonostante la constatazione che la ricerca medica generale non stabilisce alcun nesso fra la vaccinazione e la comparsa della malattia, purché siffatto mezzo di prova non comporti effettivamente un’inversione dell’onere della prova del difetto, del danno o del nesso causale tra questi due elementi.
Ovviamente tale indizio di prova può solo rivelarsi in presunzioni che: siano basate su prove sia rilevanti sia sufficientemente rigorose per sostenere quanto dedotto; siano relative; non limitino indebitamente la libera valutazione delle prove da parte del giudice nazionale, in particolare impedendogli, salve le norme nazionali generali sull’ammissibilità della prova, di tener conto di prove rilevanti, o richiedendo che specifici elementi di prova siano trattati come prove concludenti che una o più condizioni di cui all’articolo 4 sono soddisfatte, indipendentemente dalle altre prove presentate; non impediscano ai giudici nazionali di tenere in debita considerazione qualsiasi ricerca medica rilevante presentatagli, fatte salve le norme sull’ammissibilità della prova, o impongano come requisito assoluto che la ricerca medica sia presentata per dimostrare il difetto o il nesso causale.