Virna Lisi, la regina
18/12/2014 di Boris Sollazzo
Venezia, settembre 2011. Virna Pieralisi, in arte Lisi, era già oltre i 70 anni. Tira vento, ma rimaniamo fuori, nel giardino dell’Excelsior, per una chiacchierata. Da soli. Capita sempre più raramente in un cinema che vende tutto un tanto al chilo. Quarantacinque minuti di racconti, aneddoti, sorrisi, riflessioni, eleganti polemiche. E seduzione. Alla fine, infatti, in lei rivedo la nostra Marilyn, giovanissima, la borghese matura, Mrs. Robinson all’italiana, che, come ricorda la collega Roberta Maggio su Facebook, diceva alla splendida Selvaggia (Isabella Ferrari) a cui ha rubato il fidanzato “la verità è che diventar vecchi fa schifo” in Sapore di Mare. E poi la splendida ultrasettantenne, mai rifatta e capace, con quella voce profonda, lo sguardo, i lineamenti, di far girar la testa a chi aveva la metà dei suoi anni.
Era bella, Virna Lisi. Senza se e senza ma. Ma per lei c’era solo Franco Pesci, morto un anno fa. Un dolore immenso, che forse l’ha spezzata. O forse è stata la notizia di un male incurabile a togliergli la residua voglia di lottare.
Virna, però, non ha fatto solo innamorare generazioni e generazioni di uomini (e anche donne). Ha strabiliato l’Italia, che ultimamente l’aveva dimenticata e relegata a una fama televisiva – per fortuna ci lascia però in eredità Latin Lover, il prossimo film di Cristina Comencini di cui è protagonista)- e conquistato il mondo. Da Terence Young a Jack Lemmon, passando per Cannes che la incoronò come miglior attrice per La regina Margot. Così brava da offuscare, forse, quella che per pose e sceneggiatura era la protagonista. Se si può avere un rimpianto per lei è che un cinema fondamentalmente maschilista e piuttosto ottuso non l’ha mai capita del tutto. Stupisce, ad esempio, che siano i vituperati Vanzina ad averle consegnato nel già citato Sapore di Mare e poi in Amarsi un po’ ciò che altri le avevano negato: personaggi delicati e complessi, magari non necessariamente centrali nella narrazione, che andassero oltre quell’avvenenza stordente e un carisma difficile da gestire. Era un’attrice più grande della sua sensualità raffinatissima, grazie a un talento smisurato e la capacità di accettare ogni sfida. “Mi piace provare tutto, dal dramma alla commedia, dal palco alla tv al cinema, che ora non mi cerca molto e se lo fa, mi offre ruoli sbagliati. Ecco perché se trovo un tipo tosto come La donna che ritorna (una fiction che fece per RaiUno -ndr), lo voglio interpretare”.
Non si lamentò mai di essere irresistibile. Anche se forse alcuni registi non hanno saputo valorizzarla, alla domanda se mai si fosse sentita penalizzata dalla bellezza, lei rispondeva sorridendo. “Scherziamo? E’ un privilegio, che non meriti. Lo hai e basta. Se sei bello, la vita è più facile”. E in quell’intervista all’Excelsior, poi pubblicata su Film Tv di tre anni fa, confessava che non le dava peso, proprio perché non aveva meritato quella qualità, ma l’aveva ricevuta dai genitori. “Non ho mai avuto paura di invecchiarmi, imbruttirmi o rendermi irriconoscibile, non ho mai voluto rendere la mia bellezza un ostacolo. Come ne La regina Margot: ricordo ancora l’emozione quando mi premiarono a Cannes. Quanto ho sofferto per quel film, tra le stecche del busto e il trucco infinito. Ma ero talmente dentro il personaggio, che non sentivo niente”
Iniziò adolescente a recitare in melodrammi d’amore commerciali, fu Antonio Pietrangeli, con Lo scapolo, a capirne le potenzialità. Lì lei tenne testa – fu una delle pochissime nella carriera di quel mattatore – ad Alberto Sordi. Carattere e bravura risultano evidenti già in quel lungometraggio. Sarà la tv a farla conoscere a tutti, come le succederà a fine carriera, con lo sceneggiato Ottocento. Entrò nel cuore degli italiani, oltre che nelle loro fantasie. Il bianco e nero accarezzava quei lineamenti come solo chi rasenta la perfezione può permettersi. Amata da tutti, però, lei era già del suo Franco, che sposa nel 1960. Più di cinquant’anni d’amore, assoluto.
Lui è il presidente della Roma, lei già una diva. Sapranno rispettarsi e lasciarsi liberi. Lei viene chiamata da Strehler e Antonioni a teatro, ma è Cannes a far capire al mondo chi sia. Con Signore & Signori, del geniale e incompreso e dimenticato Pietro Germi. La Costa Azzurra sarà sempre generosa con lei: vinceranno, insieme, la Palma d’Oro e Virna, da allora, non potrà più nascondersi. Tutti la notano. Non può passare inosservata. Gli anni ’60 le offrono una carriera frenetica e cosmopolita: Lemmon e Curtis dividono il set con lei, così come Richard Burton e Rod Steiger, David Niven e Frank Sinatra, William Holden e Anthony Quinn. Aveva un contratto di sette anni con la Paramount, ma Hollywood, rimasta folgorata da quella diva, non fu mai ricambiata da quest’ultima. “Mi cedevano ad altre major, sempre per fare la bella bionda”. Lei trova il tempo pure per dire di no a Dalla Russia con amore – la volevano come Bond Girl – e Barbarella. Daniela Bianchi e Jane Fonda ancora ringraziano. “Strappai il contratto, non mi piaceva”. Lei era così. “Rifiutai anche Il portiere di notte, film bellissimo ma la scena di nudo non volevo farla. Per lo stesso motivo ho rifiutato una montagna di soldi da Playboy: pensavo a mio padre, a mio marito, a mio figlio, devi avere rispetto di te stessa e dei tuoi cari. Saper dire di no è tanto importante quanto difficile: so solo che non mi sono mai pentita delle mie decisioni”. In Italia ha recitato per tutti i più grandi, da Risi a Bolognini, da Eduardo De Filippo a Mario Monicelli, da Lattuada a Loy, da Cavani a Festa Campanile. E Sordi, Manfredi, Mastroianni, Gassman li ha avuti al fianco, davanti alla macchina da presa. Sfogliando il suo album di famiglia, in quella chiacchierata di tre anni fa, non si tirò indietro. “Jack Lemmon? Un essere umano meraviglioso e tristissimo, pur avendo fatto ridere il mondo. Tony Curtis era simpatico e molto bello, ma non un grande attore. Frank Sinatra nel nostro film fu pessimo. Rod Steiger? Attore straordinario, umanità zero. William Holden, persona carina ma era sempre ubriaco. Posso dire pregi e difetti di molti attori, ma quello che mi manca di più è Marcello Mastroianni: sapeva starti vicino, ti aiutava sul set, un grande attore e un amico meraviglioso. E rimpiango Pietro Germi: un genio, ma non sapeva vendersi. Virzì gli somiglia, mi piacerebbe lavorarci. E accetterei volentieri una parte da Sorrentino”. Non ci è riuscita, ma ci han perso loro.
Pur non avendo mai preso posizioni politiche forti, ci teneva a sottolineare chi fosse e cosa pensasse. “La situazione femminile è ancora pesante, apprezzo molto ciò che fa la mia amica Cristina Comencini (tre film insieme –ndr): in molte parti del mondo subiamo abusi e prepotenze assurde. Allo stesso tempo molte donne si rendono complici di questo sistema, ormai fondato sul sesso esposto, su corpi dati alla mercé di una pornografia diffusa. So che a me di proposte indecenti non ne hanno mai fatte: l’uomo non è scemo, capisce chi non ci sta. Sarà che io sono una che quando finisce di lavorare, stacca tutto: penso solo alla mia vita e alla mia famiglia, sono la persona più semplice del mondo, amo occuparmi della casa e fare la spesa, mi fa impazzire”. La famiglia. Corrado, il figlio, e Franco, l’amato compagno di sempre. Disprezzava la politica. Ma ne capiva. “La politica mi dà quasi fastidio, piena di gente che non riesco a capire, un giorno dicono rosso e l’altro nero. Mi sento in imbarazzo per loro, non combinano nulla, sempre alle prese con discorsi da servette. E se qualcuno prova a fare qualcosa, viene affossato. Ci lamentiamo di Berlusconi ma chi verrà dopo farà meglio?”. No, Virna, ma questa è un’altra storia. E ora non abbiamo più nemmeno la consolazione del tuo sorriso e della tua classe.