La lettera dell’ingegnere Eni trovato morto, l’interrogazione parlamentare e quel «tutto ok» che sa di beffa
05/11/2017 di Gianmichele Laino
Alla luce degli ultimi risvolti di cronaca giudiziaria, con il ritrovamento di una lettera dell’ingegnere Eni Giancarlo Griffa (trovato morto qualche giorno dopo l’invio di quelle informazioni) spedita ai carabinieri della compagnia di Viggiano e all’Unmig (ispettori di polizia mineraria del ministero dello Sviluppo economico), alcune azioni messe in campo dal governo e dallo stesso ente vanno lette da un punto di vista diverso. Che sa di beffa.
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INGEGNERE ENI UNMIG, LA VICENDA DELLA SICUREZZA DEL CENTRO OLI NEGLI ATTI PARLAMENTARI
L’Unmig, infatti, è stato tirato in ballo da un’interrogazione parlamentare firmata dai deputati lucani Vincenzo Folino e Antonio Placido (all’epoca dei fatti entrambi in Sinistra Italiana, mentre oggi il primo è passato al gruppo Mdp) relativa alle «fiammate» della fiaccola di sicurezza del Centro Oli Val d’Agri che venivano denunciate (e che vengono denunciate tuttora) dalla popolazione e dalle associazioni ambientaliste.
I deputati lucani, il 18 novembre 2015, avevano chiesto al governo – tra le altre cose – di assumere una posizione in merito a questi episodi (che l’Eni aveva spiegato come una normale misura di sicurezza che non aveva avuto impatti sulla qualità dell’aria) e avevano chiesto se le prescrizioni dell’Unmig (che nel 2014 aveva chiesto un adeguamento dell’impianto) fossero state rispettate e se fossero state eseguite delle operazioni di controllo in merito.
Il governo rispose più di un anno dopo, il 28 novembre 2016, tramite una nota scritta firmata dal sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico Antonio Gentile. Nel testo, si legge che Eni avrebbe sempre messo in pratica gli adempimenti richiesti dall’Unmig e che lo stesso ente avrebbe effettuato, in data 12 aprile 2016, un sopralluogo nel Centro Oli di Viggiano. Dal sopralluogo non sarebbero emerse anomalie.
INGEGNERE ENI UNMIG, L’IMPATTO AMBIENTALE
I risultati di queste ispezioni sarebbero stati smentiti – di fatto – qualche mese più tardi dallo sversamento nel sottosuolo di 400 tonnellate di greggio e dalla relativa chiusura dell’impianto per effettuare le manovre di adeguamento ed evitare, in futuro, nuove perdite dal forte impatto ambientale. Ma questa ispezione suona ancor più inquietante se è vero – come si evince da alcune fonti di stampa – che proprio l’Unmig era tra i destinatari della lettera dell’ingegnere Eni Giancarlo Griffa (che risale al 2013), che denunciava la sua preoccupazione per lo stato dell’impianto, in modo particolare riguardo alla corrosione delle vasche e alle misure di sicurezza.
INGEGNERE ENI UNMIG, L’ENTE DOVREBBE RISPONDERE
Alle nostre richieste di chiarimenti – inviate all’Unmig nella giornata di giovedì 2 novembre – gli ispettori di polizia mineraria del ministero dello Sviluppo economico non hanno dato ancora risposte. Risposte che, oggi, alla luce del tragico risvolto che ha avuto la vicenda personale dell’ingegnere Griffa – trovato morto suicida pochi giorni dopo l’invio della stessa lettera – sembrano essere quantomai necessarie. E se comprendiamo la riservatezza dei magistrati e degli ufficiali di polizia giudiziaria, da un ente pubblico ci aspettiamo chiarezza e trasparenza.