Le 4 perle di Matteo Salvini sul sequestro dei beni della Lega
15/09/2017 di Gianmichele Laino
Insomma, Matteo Salvini non avrebbe mai pensato di trovarsi in una situazione del genere. I pm di Genova hanno bloccato diversi conti bancari delle sezioni regionali in sei istituti di credito in Emilia-Romagna, Liguria e Trentino, senza aspettare la sentenza della Cassazione sul processo che, in secondo grado, ha condannato Umberto Bossi e l’ex tesoriere del partito Maurizio Belsito per truffa ai danni dello Stato. Per questo motivo, l’attuale leader della Lega si trova in una difficoltà che non aveva previsto, esattamente alla vigilia della campagna elettorale. Che, con ogni probabilità, la Lega porterà avanti senza una lira in tasca.
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Ecco, allora, che per restituire un’immagine pulita del partito, Salvini rispolvera un vecchio repertorio che cerca di far passare il messaggio del complotto nei suoi confronti. Una sorta di bestiario di frasi fatte che, in passato, altri esponenti politici del centrodestra avevano ripetuto come un mantra. E che erano decisamente passati di moda.
MATTEO SALVINI SEQUESTRO /1 – LE TOGHE ROSSE
«Pd, grillini e toghe rosse si sono alleati per trasformare l’Italia come la Turchia, con i partiti che diventano fuorilegge a colpi di sentenze – ha detto Salvini nella conferenza stampa di oggi -. Due facce della stessa medaglia giustizialista che se ne frega della democrazia e della volontà dei cittadini». Avete capito bene: le toghe rosse. Siamo ai livelli, insomma, del miglior Silvio Berlusconi.
MATTEO SALVINI SEQUESTRO /2 – L’ATTACCO POLITICO DEI MAGISTRATI
Così come appare vagamente di berlusconiana memoria quel «faremo ricorso contro questo attacco politico» tuonato sempre davanti ai microfoni dei giornalisti. Quando, insomma, gli atti della magistratura mettono in difficoltà un partito, non c’è altra soluzione se non quella di agitare lo spauracchio della democrazia malata e del vulnus dei giudici che interferiscono con l’attività politica.
MATTEO SALVINI SEQUESTRO /3 – «NON SIAMO PIÙ QUELLI CHE HANNO SBAGLIATO»
«Noi non siamo più quelli che hanno sbagliato». La terza giustificazione usata dal leader del Carroccio in questi giorni suona più o meno così. Ma fu proprio lui, il 3 aprile 2012 (giorno in cui la Guardia di Finanza entrò in via Bellerio), da direttore di Radio Padania, a dire a tutti, via microfono, che «per Umberto (Bossi) metto la mano sul fuoco». Da lì a rinnegare il passato, poi, è stato un attimo. Certo, il precipitare degli eventi ha fatto sì che fosse più facile staccarsi dai simboli storici del partito e fu proprio Salvini il «rottamatore» a proporre un nuovo progetto di Lega. Ma dire «non siamo più quelli che hanno sbagliato» per uno che, all’epoca dei fatti, già rivestiva ruoli di rilievo nell’ambito del partito suona come una forzatura.
MATTEO SALVINI SEQUESTRO /4 – GLI ATTIVISTI E LA POLITICA A COSTO ZERO
«Gli attivisti ci aiuteranno e Pontida si farà lo stesso» è il quarto elemento a cui Salvini si sta aggrappando in queste ore frenetiche. La frase non ha toni drammatici e corrisponde a verità. La Lega è un partito che suscita tanto affetto tra i suoi «fidelizzati» che non esiteranno a mettersi le panche in spalla, a smuovere centinaia di volontari e a scrivere a mano gli striscioni per portare avanti la causa. Ma è una dichiarazione di facciata. Senza soldi non si cantano messe. Figuriamoci se si vincono le elezioni.
(Foto: ANSA / MATTEO BAZZI)