1993: il Cliffhanger per 1994 è servito

La serie “1993” si conclude come si dice nelle migliori famiglie, con il botto. Una stagione che ha portato avanti un dramma dal respiro tutto italiano ma che può piacere anche all’estero

In queste settimane di programmazione di “1993” su Sky Atlantic, ho avuto modo di leggere molte critiche su questa serie, molti che hanno abbandonato dopo un episodio, altri morti di noia e altri critici verso il cast e la sceneggiatura. Le critiche costruttive sono utili per far crescere ed io stesso penso che in alcuni punti, la serie possa migliorare per essere più dinamica, con dialoghi più diretti, tagli di inquadratura e movimenti di macchina meno compassati e più taglio “action” . Un esempio è la scena finale che sì rende il momento drammatico e il pathos ma mi è mancato il dinamismo, il movimento e soprattutto Arianna meritava più un primo piano alla Sergio Leone nelle sue leggendarie inquadrature da duello (o triello se ci riferiamo al “Buono, il brutto e il cattivo”).
1993
Tornando alla valutazione complessiva della stagione, posso dirmi estremamente soddisfatto dell’andamento delle puntate, della crescita e maturazione dei personaggi. Se “1993” mi ha lasciato dentro qualcosa, se ho legato con i suoi personaggi, se li ho odiati, amati, criticati per quello che facevano in scena, allora la serie ha fatto centro nel mio cuore e nel mio animo. Partendo da Luca Pastore, un uomo che solo alla fine di un lungo percorso fatto di paure, rabbia, vendetta e rinunce, è riuscito a vendicarsi di chi l’aveva infettato, di chi lo aveva reso un malato senza cura. Gustavo Rol aveva visto la morte con lui, e lui con la morte ha imparato a conviverci perché solo così poteva andare avanti, poteva di nuovo amare davvero. Trovo giusta la sua partenza, il suo lasciare tutto per vivere la sua vita pienamente. Pastore era morto dentro nel momento in cui la sua vendetta e la sua rabbia hanno preso il sopravvento sulla sua vita ed ora merita di riguadagnare il tempo perduto, ma sono certo che un personaggio come lui, così legato anche al senso del dovere, non tarderà a tornare, magari come agente dei servizi segreti.
Tea Falco, malgrado tutte le voci critiche che si sono levate per la sua recitazione, dizione etc. ha portato avanti un personaggio complicato che secondo me andava approfondito meglio. Bibi Mainaghi era un fiore puro costretto per crescere a farsi largo fra i rovi della sua famiglia e che una volta sbocciata, questa purezza, non poteva durare che un solo giorno come il grande Faber ci insegna nella “Canzone di Marinella”: “Vivesti solo un giorno…come le rose” . Circa le critiche sulla sua dizione, posso dire che il miglioramento è stato notevolissimo e rinunciare a lei potrebbe essere una perdita e quindi mi auguro che la scena in questione sia solo sviante e che lei possa tornare a rinascere e che magari chissà si contrapponga a quel gran farabutto di Zeno che l’ha venduta alla mafia.
1993
Veronica Castello altro grande personaggio di “1993”, portato in scena da una bravissima Miriam Leone. Io la considero una mix fra una Badass epica e una donna disperata e incapace di amare perché sa che alla lunga le scelte a cui sarà costretta la porteranno a perdere chi la ama. Si potrebbe dire, parafrasando una famosa frase, che Veronica Castello è quella che è perché la vita l’ha dipinta così. Sicuramente il “mainagioia” fa parte del suo DNA, ma  penso che il nostro Fidel/Davide Corsi, se resterà in scena anche in 1994, saprà farsi strada nell’intricata psiche della bellissima Veronica. Nel frattempo questa sua ossessione per gli anni che passano e il suo rifiuto di accettare questo come un fatto ineluttabile dell’esistenza, l’hanno portata sulle soglie di Montecitorio, fra le prescelte del nuovo corso politico nato in quegli anni con Silvio Berlusconi.
1993
Bosco, il leghista furbo, il Bertoldo versione dark come lo definisco io. Uno scaltro, abituato a essere furbo per sopravvivere somiglia sempre più alla sua ex donna Veronica, ma se per lei è la vita ad averla resa così, per Bosco è più il caso, gli incroci inaspettati nei quali lui riesce con la sua abilità a trovare il modo per restare a galla e lo dice il personaggio di Guido Caprino a proposito della politica: “Ti buttano dentro e tu devi restare a galla per non morire”. Lui resta a galla benissimo, tradendo, tramando per non affondare, ma anche in tutto questo ha una sua morale interiore che viene fuori a sprazzi, una bontà inside che fatica sempre più a venire fuori, lei sì costretta ad affogare nel mare del suo animo sempre meno limpido e sempre più contorto.
Leonardo Notte ovvero il Minotauro, il mostro della mitologia greca che resta nascosto nel suo labirinto fatto di memorie dolorose, smorfie che la vita gli ha impresso nella faccia ma che alla fine scopre l’amore o meglio, lo riscopre dopo le esperienze tragiche degli anni della contestazione. Arianna, nome secondo me dato apposta al personaggio di Laura Chiatti, è allo stesso tempo colei che regge il filo e Teseo, l’eroe. Lei riesce a farsi largo attraverso il labirinto di Leonardo, se ne innamora e lui con lei è come un bambino candido, non è capace di mentirle, non riesce è più forte di lui, sa che lei è l’unica vera cosa bella capitatagli in un momento di schifo della sua vita. Peccato che questa sua sincerità, non sia stata apprezzata e quello che accade nel finale di serie, altro non è che lo sviluppo e la conclusione di un arco narrativo che doveva portare Teseo/Arianna a colpire Leonardo, proprio dall’unica persona capace di trafiggerlo non solo materialmente ma anche mentalmente.
1993
“1994” si preannuncia già come una serie imperdibile per chi ha amato “1993”. Tante situazione sono rimaste sospese e la storia ci ha già detto cosa ha portato quell’anno, ma non cosa porterà ai nostri protagonisti che vivono a metà fra storia e finzione in un equilibrio fantastico.
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