Cultura ramificante: Assab One
31/03/2017 di Redazione
Quanto conosciamo la nostra città? Milano, dall’appeal europeo, è una città di riferimento internazionale per la sua offerta culturale e in particolare dell’arte contemporanea, diffusa dal centro alle periferie. Facile è puntare ai luoghi urbani storici di interesse comune, che si possono ritrovare in splendide cartoline online. Certamente belle, ma sappiamo che il nuovo si trova non in centro, già saturo di storia, memoria e identità, ma nelle periferie, laddove troppo spesso si getta un’occhiata “sinistra”, carica di pregiudizi. Per esempio, in una zona multietnica vicino a via Padova, esiste Assab One: laboratorio di cultura, arte, incontri e relazioni tra mondi diversi. Spazio no profit espositivo dal 2002, per un’iniziativa di Elena Quarestani, Assab One è situato in un edificio che è stato per quarant’ anni sede dell’azienda grafica Gea – Grafiche Editoriali Ambrosiane. A pochi passi dalla fermata Cimiano (M2), l’Assab One ospita eventi e cultura. Esplorando il luogo si percepisce un’atmosfera quasi di aura sacrale: l’edificio conserva la sua struttura architettonica originale, conservando e tutelando le proprie memorie. Storia che riguarda la stampa, quindi l’informazione, la comunicazione e il linguaggio. “1+1+1” è la mostra in corso attualmente, progetto di Elena Quarestani a cura di Marco Sammicheli, vede come protagonisti Bijoy Jain (architetto), George Sowden (designer) e Chung Eun Mo (pittrice). Nell’esibizione si respira una sorta di Gesamtkunstwerk (opera d’arte totale), che racchiude al suo interno diversi rami dello stesso albero, volti però a mantenere una propria individualità nonostante l’unione. I tre autori abitano gli spazi di Assab One e intervengono in modo site-specific presentando le loro opere.
Bijoy Jain, architetto indiano, crea “Water, Air, Light” meticolosa ricerca di ciò che l’occhio umano vede in natura. Come un mandala che richiama il cosmo, le opere di Jain realizzate con fusioni di diversi materiali, sono destinate a sparire. Strutture effimere che nella loro energia evocano nello spettatore la stessa magia di un rito. Ci si sofferma a riflettere su quel che è la routine frenetica e finalmente si vede un ritmo spezzato, che invita alla calma e al ritorno alle fonti di vita primordiali, come appunto l’acqua, l’aria e la luce. L’opera invita lo spettatore ad attingere dall’entusiasmo insito nel fanciullino pascoliano che c’è in ognuno di noi, alla scoperta di un nuovo modo di guardare il mondo, attraverso la materia che si ricongiunge alla materia, che evoca la presenza dell’uomo e la sua volontà di costruire, ma non sempre nel rispetto dell’ambiente e della vita.
George Sowden, designer inglese, espone “The Heart of the Matter”, grandi “arazzi” colorati di grande formato, realizzati con oggetti industriali (per esempio porcellane, piattini e tazze) riutilizzati per esprimere una creatività d’impatto decorativo dirompente. Il designer imprime i prodotti industriali della sua sensibilità, sfruttando la riproducibilità attraverso la decontestualizzazione e l’alterazione degli oggetti ripresentati in questo contesto come texure di un mosaico inusuale. In questo modo squisitamente dada, moltiplicando il numero o la dimensione dei propri prodotti, l’artista crea un’opera d’arte in relazione allo spazio che non è più riconducibile a un articolo commerciale. I pattern e le decorazioni esposte fanno vibrare le pareti e ipnotizzano lo sguardo dello spettatore tra forme, colori in libertà dall’energia vitalistica.
Chung Eun Mo, pittrice coreana, propone “Shapes and Shades”: un ciclo di opere di grande formato dall’effetto bi e tri dimensione. Segno di una formazione occidentale in omaggio all’astrattismo geometrico moderno e uno studio della prospettiva applicata alla pittura, l’artista è capace di creare spazi e forme concrete autoreferenziali. L’osservatore ha l’impressione di “sfondare” la quarta parete ed entrare nelle lunghe vie che ci lasciano immaginare le forme con i loro colori. Nel mondo costituito da colori, forme e ombre, come suggeriva Josef Albers, lo spettatore intraprende una camminata verso un’ipotetica città invisibile calviniana, dove l’importanza non è nelle meraviglie trovate, ma nelle risposte ottenute.
Spazio visitato il giorno 28 Marzo 2017.
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