Elle: la recensione, un film del “genere” Paul Verhoeven

Elle, esce finalmente in Italia distribuito da Lucky Red, dopo aver  vinto Golden Globes e molti altri premi, l’ultimo film di Paul Verhoeven con una Isabelle Huppert nel  formato Oscar.

 
Elle è stato definito dal regista Paul Verhoeven, un film da non inquadrare in un preciso genere, non è un  noir, non è  un thriller, forse il termine esatto per Elle è un film del “genere”: Paul Verhoeven.
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Il grande regista olandese, non smette (e per fortuna non ha intenzione di farlo per molti anni a venire come ha dichiarato lui stesso: http://talkymovie.it/post/20758/elle-lincontro-regista-paul-verhoeven-roma/) di provocare a suo modo toccando come sempre argomenti  molto particolari e sensibili. In questo caso Elle tratto dal romanzo di “Oh…” di Philipp Djian,   romanzo chi si adatta fin troppo al cineasta olandese con la sta storia  che vede Michèle capo di una grande società di videogiochi (una variante rispetto al libro) aggredita in casa da un misterioso sconosciuto. Dopo lo stupro però l imperturbabile, Michèle cercherà  di rintracciarlo, entrando a far parte di uno strano gioco.
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Un tema molto delicato come quello dello stupro femminile, che vede poi nella storia trasformarsi in un gioco tra vittima e stupratore,  il tutto all’interno di una originale cornice come quella di una software house che produce giochi “violenti”, o almeno considerati tali. Giocando sul cinismo e il distacco della protagonista, cui onestamente bisogna riconoscere che l’Oscar per il ruolo di  migliore attrice non gli è stato dato perché probabilmente è troppo brava per “meritarlo”, nota personale a parte, il film di Verhoeven  da consumato ed abile cineasta quale è  ci porta all’interno, ancora una volta,  di una storia con  dei personaggi molto particolari, affrontando il tema della violenza in un modo geniale e ironico al tempo stesso
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Infatti la protagonista vittima della violenza , che dirige una società di videogiochi che produce giochi “violenti” a sua volta  scopriremo che è la figlia del “mostro”, ovvero un padre condannato all’ergastolo autore di una strage di massa quando lei era bambina. Tutti gli elementi ovviamente sono tratti dal romanzo, ma l’ottima sceneggiatura, e il tocco di quello che possiamo senza ombra di dubbio considerare uno dei migliori registi del mondo (mi scuso ancora per questa nota personale, ma credo di non poter essere smentito), costruisce in oltre due ore di film una affronta  a modo suo  temi molto delicati, mischiandoli  anche con una forte carica sessuale, sempre presente nelle corde del regista olandese.
Tutto un certo tipo di cinema politicamente corretto, viene semplicemente fatto a pezzi come le persone del padre mostro di Michele, la violenza è insita nel film a tutti  i livelli, verbale, fisica, psicologica,
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Isabelle Huppert assieme al regista Paul Verhoeven

Era veramente difficile cercare di portare sullo schermo questo romanzo, ma la “coppia diabolica” Huppert e Verhoeven sembrano esserci riusciti con una facilità disarmante, per quello che possiamo considera come una delle migliori opere mai realizzate dal regista. In poche parole anche se non avessero vinto un premio regista e attice  (ma in realtà ne hanno vinti tanti)  questo resterebbe sempre uno dei film da Vedere assolutamente. In particolare mi sento di consigliarlo a tutti coloro che sono accorsi in massa a cercare determinate emozioni all’interno delle “sfumature”, emozioni presenti in questo film e non nelle sfumature campione d’incassi. Il genere Paul Verhoeven non delude mai, e diffidate dei remake suoi film.
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