Lo Stato Sociale al concerto del Primo Maggio: “Eravamo nudi al 40%, come la disoccupazione giovanile”

Ecco l’intervista esclusiva realizzata da Talky a Lo Stato Sociale nel backstage del concerto del Primo Maggio a Roma.

Seconda volta sul palco del concertone del primo maggio per Lo Stato Sociale, che tornano a partecipare a questo evento per dire la loro sul lavoro in Italia e sulla situazione della disoccupazione giovanile. Sul palco il gruppo si è presentato con un sacco pieno di palloni pronti da calciatore in mezzo al pubblico, simbolo della polemica del ministro del lavoro Poletti che invitava i giovani a cercare più lavoro e a giocare meno partite di calcetto. Un altro attacco durissimo è stato quello contro le discriminazioni di Matteo Salvini contro gli  omosessuali. Lo Stato Sociale è stato uno dei protagonisti assoluti sul palco anche per queste tematiche toccate, con dei vestiti strappati e denudati come i giovani italiani che non riescono a trovare lavoro e sono ancora il 40%. Ecco l’intervista esclusiva realizzata da Thomas Cardinali e Andrea Paone per Talky Music in occasione dell’evento:

Allora ragazzi stasera avete esordito in maniera eccezionale, il primo goal, avete fatto goal, ma c’è stata una polemica ultimamente no? Riguardo le partite di pallone e politici…

La cosa che dice Poletti fa ridere perché da una parte è anche vera, ma fa piangere perché a dirla è il ministro del lavoro, che dovrebbe occuparsi di risolvere questi problemi invece che scherzarci su. Noi invece c’abbiamo scherzato su perché noi questo dobbiamo fare ed era anche il messaggio di mettere insieme il gioco con l’impegno del lavoro, autonomia e libertà per i giovani, riuscire a trovare una strada senza imposizioni dall’alto e con un rilancio verso il futuro.

Perché eravamo nudi Alberto?

Eravamo nudi al 40% come la disoccupazione giovanile, come la mancanza di copertura istituzionale dello stato sociale. Noi siamo Lo Stato Sociale ed eravamo nudi per il 40% perché il 40% della disoccupazione giovanile non è tutelato ed è una copertura che l’istituzione dovrebbe dare a quella classe.

Ora voi parlate però. Giustamente è sbagliato, in realtà siamo al 35,7% perché ci sono gli inattivi anche compresi nel 40% che secondo me sono quelli che non cercano più il lavoro e sono quindi quelli depressi dello stato sociale. Ora voi mettetevi nei panni dei politici, come cambiereste questa situazione?

Lavorare meno e lavorare tutti in primis, o lavorare gratis e lavorare tutti come sta succedendo adesso. Se il 100% della popolazione diventa stagista, ci mettiamo d’accordo e va bene, il problema è però che ci sono quelli che lavorano gratis e quelli che guadagnano da chi lavora gratis. Questo non va bene. Se ci mettiamo d’accordo e diciamo che i soldi non esistono più e vogliamo lavorare tutti poco o gratis va bene, non c’è disparità.
Il problema è la disuguaglianza e vanno fatte tutte le cose possibili per colmare questa disuguaglianza ma non si mettono in pratica perché rompono i co****ni a chi un benessere già ce l’ha che magari è anche lo stesso che decide cosa è giusto fare o meno. È tutto qua, se noi vogliamo combattere la disuguaglianza ci mettiamo d’accordo a combattere la disuguaglianza ma lo facciamo veramente.
Ma anche nel sistema contrattuale, ad esempio il lavoro precario è una risorsa se vuoi fare più cose. Cioè ad esempio io senza lavoro a tempo determinato non potrei fare Lo stato sociale, però deve essere adeguatamente retribuito. Meno lavori e più mi paghi.

Come dovrebbe essere in un sistema civile quindi…

Devi dare la possibilità di ammortizzare i mesi in cui io non lavoro e questo sarebbe da fare.

Passiamo al primo maggio. Questa per voi è la seconda edizione e avete un po’ portato l’indie sul palco del primo maggio oggi. Cosa si prova a rappresentare l’indie sul palco del primo maggio?

Non eravamo solo noi. C’era Motta, c’era Le luci della centrale elettrica, artisti che stanno facendo pienoni in tutta Italia e non me la sento di dire questo.

Cosa si prova a essere quelle band nel panorama italiano che ultimamente non più tanto, ma state riuscendo a portare l’indie in Italia. Cosa si prova a vivere in questo periodo?

Da chi osserva dall’alto c’è molta pigrizia e molto poco interesse finchè magari non c’è una radio o una tv che ti mette più in luce e allora anche lì iniziano a capire un po’… come i miei genitori che hanno 70 anni e che non pensavano che il mio fosse un lavoro finchè non sono andato in tv e ci sta anche come cosa. Ma chi si occupa di tv e di cultura non deve essere così cieco come i miei genitori che poveretti non gli interessa nemmeno questa cosa qua.
Gli operatori culturali dovrebbero invece occuparsi di questa cosa, le radio e le tv, perché non può esserci una dittatura, un po’ come la storia del lavoro non può esserci chi dall’alto ti dice di comportarti in un certo modo e lo facciamo andare in un certo modo. Stiamo facendo cultura, non economia e siamo operatori culturali che dobbiamo renderci conto di quello che succede in un territorio.
Secondo me viviamo in un paese di vecchi e abbiamo accettato questa cosa che ci accorgiamo dell’emergenza di una cosa solo quando le generazioni precedenti hanno dei mezzi per entrare in contatto con queste cose che non succedeva prima per i nostri genitori. Cioè mia mamma che ascoltava De Gregori e De Andrè ascoltava delle cose che i miei nonni non sapevano esistessero. La grandezza di quelli là è stata funzionare guardando avanti, cioè sperare non che la cosa che scrivi oggi arrivi in radio alla nonna, che non è straordinario ma può succedere, ma che quello che scrivi arrivi a chi ha 20 anni oggi, a chi li avrà tra 10, 20, 30 anni…quelli ce l’hanno fatta ma guardando avanti, non con l’ansia della tv, della radio che facevano poco.

Date ognuno di voi un significato al primo maggio e al concertone.

La festa dei lavoratori è la festa più bella dell’anno è una festa di solidarietà, è molto bello essere qua e comunicare un messaggio nella festa che quando uno ritorna a casa abbia qualcosa a cui pensare e che non sia una festa effimera solo di concerti, bere e questo è il nostro ruolo.
Credo sia l’occasione migliore per ricordare che noi che saliamo sul palco, saliamo sul palco per prendere una posizione… in ogni caso.

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