The Startup: L’incontro con Matteo Achilli e il cast del film diretto da Alessandro D’Alatri

Abbiamo incontrato a Roma il cast del nuovo film italiano ” The Startup ” che racconta la storia di Matteo Achilli e la sua Egomnia. Eccolo insieme al cast con Andrea Arcangeli e Matilde Gioli!

Abbiamo incontrato a Roma presso la splendida cornice del Teatro Eliseo il regista Alessandro D’Alatri e il cast di The Startup, il nuovo film basato sulla vera storia di Matteo Achilli e la sua Egomnia prodotto da Luca Barabareschi. Questo non vuole essere un articolo di economia quindi lasciamo ad un altro approfondimento quello su Egomnia e il presunto flop dell’azienda che oggi conta 850 mila iscritti è argomento si interessante, ma secondario rispetto al giudizio artistico su una pellicola comunque che riesce ad essere gradevole ed interessante. Matteo Achilli ha risposto alle accuse con grandi capacità di comunicazione che sono alla base per essere un buon manager, anche se resta il mistero su alcuni aspetti della sua Egomnia. Intanto leggete cosa pensano lui e i protagonisti del film che conta nel cast Andrea Arcangeli, Paola Calliari, Matilde Gioli.
Matteo Achilli
Matteo Achilli

Il regista Alessandro D’Alatri ha introdotto l’incontro: “Il produttore ha trovato la storia, pagato la sceneggiatura e trovato il regista. L’ho fatto con grande entusiasmo, sapere che era una storia vera mi ha fatto pensare che era ancora possibile. Ho incontrato il vero Matteo ed era un ragazzo di periferia, figlio di operai come me figlio di una famiglia onesta. Parliamo sempre delle cose che non funzionano, ma questa era una bella notizia”. Matteo Achilli ha invece ringraziato il cast: “Sono stati bravissimi, la storia è quella. Il risultato mi è piaciuto molto, ma la storia che mi è piaciuta di più è stato decidere di raccontare la storia vera di un ragazzo normale. Non sono un genio dell’informatica, ma vengo da una famiglia normale con tutte le difficoltà. Credo che tutti i ragazzi possano riconoscersi nei valori importanti del film che sono non arrendersi, non lamentarsi e portare valore in questo paese”.
Quando avete letto il copione che effetto vi ha fatto?

Paola Calliari: “Non avevo mai sentito parlare di Matteo o Egomnia ed è stato piacevole. Credo che ci siano tanti giovani che lottano per quello che vogliono e si fanno un mazzo così, scusate il francesismo. Interpretare Emma è stato importante perché porta dei valori come famiglia e sacrificio, segue degli ideali che ti creano come persona”.
Andrea Arcangeli: “In realtà ci siamo conosciuti a film iniziato, però in realtà è stata una scelta cercare di raccontare la storia prendendoci delle libertà. Alessandro mi ha raccontato la trama e io ho pensato che non era possibile la voglia di fare un film su questa storia. Non solo l’idea è di un coraggio straordinario, ma chi ha visto il film può constatare che non sembra un film italiano. D’Alatri è un bravo regista”.
Matilde Gioli: “Girare un film a Milano per una milanese è una grande goduria, avere la libertà di mantenere l’accento è una chicca per un’attrice. Mi è piaciuto il ruolo di Cecilia, trovo che sia un po’ la chiave di volta. Ci sono delle cose simili come il carattere e il carisma. Mi è piaciuto interpretare una studentessa bocconiana. Ci sono delle sottigliezze interessanti da interpretare ed io ho potuto fare tutto un lavoro sul personaggio perché magari sono più fighetti di quelli della statale”.
Luca Di Giovanni: “Io sono un po’ più grande di quello del film. Sono un po’ più grande e lavoro in un sottoscala sottopagato. Il mio personaggio non è carismatico, ma ha una fame di vita e in tutti i sensi. Io ho messo la mia fame nel raccontare questa rabbia proletaria non rancorosa, ma sfrontata. Io sono il contraltare del protagonista, lui conquista mentre io gli faccio da grillo parlante. Il mio personaggio riesce ad essere valorizzato”.
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Da dove è nata questa idea?

Luca Barbareschi: “Nasce dalla mia passione smodata per chi inventa e innova, per chi non si arrende. Gli americani hanno saputo farlo meglio di noi, nei periodi di fatica bisogna motivare come abbiamo fatto con la vita di Olivetti. Oggi parlare di cinema è molto difficile, ma penso sia importante raccontare qualcosa in cui non si rispecchia solo una fase di pubblico. Sono cresciuto a Milano alla cineteca San Marco dove si vedevano quattro film. Non c’è più quel pubblico con il senso di colpa, ora ci sono i tablet. Questo film è stata un’idea di Saverio D’Ercole. I giovani che smettono di pensare che basta avere un sogno per farcela nella vita sono finiti, questo paese è mal rappresentato nella comunicazione. Questo è un paese straordinario, infatti i campi indipendenti dalla politica sono primi nel mondo. L’Italia è priva di talento secondo loro, ma non è così. C’è uno studio del Politecnico per far vedere la concentrazione delle start up in Italia con 6000 nel nord, qualcuna nel centro e poi il vuoto totale. Il film non racconta quanto guadagnerà lui, racconta del sogno di un ragazzo che vive al Corviale e ce la fa”.

Il film racconta la determinazione di un ragazzo che ha avuto il coraggio di andare fino in fondo e anche di cadere, mi ha ricordato molto Steve Jobs. Ti sei mai pentito? Iniziando il lavoro con questi attori avete mai pensato ad un app sul merito degli attori?

Matteo  Achilli: “Non ci ho pensato perché sono focalizzato sulla mia, falla tu però. Tutto quello che si è visto è vero e sono contentissimo che sia stato realizzato. Vedo che il messaggio è passato, tu hai nominato Steve Jobs ma ci sono imprenditori grandissimi come Steve Jobs e Bill Gates. Entrambi hanno tenuto un discorso davanti ai laureandi. Steve Jobs incentrò tutto il suo discorso sull’individuo, mentre l’altro ha detto tutto il contrario ad Harvard con l’importante che era aiutare gli altri. Io inizialmente avevo un po’ di Steve Jobs con un senso di rivalsa sociale, poi alla fine ho capito che la cosa importante è il messaggio di Bill Gates e fare una cosa che aiuta anche gli altri. Credo che testimoniare questa storia aiuterà i ragazzi”.

Mi è interessato molto il concetto di meritocrazia che può essere rovesciata, tu lo calcoli con l’algoritmo. Se è allo stesso livello come si sceglie?

Matteo Achilli: “Io inizio a rispondere non entrando nel dettaglio. Il merito è importante, io cerco di fare una semplificazione. Nel mercato del recluting la complessità è molto alta, diventa importante agevolare questo processo e trovare persone potenzialmente più adatte. Se io ho davanti due persone uguali per preparazione io recluter vado a prendere un ragazzo che conosco. Non bisogna focalizzarsi solamente su una cosa, anche il networking è importante. Il merito è importante in questa società perché non è un momento facile per l’economia e non possiamo più permetterci il lusso di assumere una persona sbagliata. Io voglio spiegare questa cosa della giacca e della cravatta perché è simpatica, quando avevo 19/20 anni che ero giovane mi sono reso conto che ai pranzi di networking nessuno parlava con me. Mi sono vestito da grande per cercare di sembrare più grande, questa cosa mi è rimasta”.

Alessandro ti sei ispirato a The Social Network?

Alessandro D’Alatri: “Più che The Social Network mi sono ispirato alle realtà della pubblicità dove sono cresciuto. Ho conosciuto Barilla, Rana…purtroppo sono venuti a mancare gli imprenditori e c’è solo il managment. Il messaggio è che ogni persona è una start-up, ogni persona è un progetto. Siamo creativi, coraggiosi e abbiamo una grandissima creatività. Per me Steve Jobs viene dopo quelli che ho detto prima, l’idea di raccontare la dignità della periferia da cui parte Matteo è fondamentale. La comunicazione racconta la periferia come un ruolo di degrado, invece c’è la gente che tira avanti la carretta e sono fondamentali nella crescita di un paese”.

Luca Barbareschi interviene: “In questo paese non si vuole più fare la classe dirigente, il Nord e l’Italia hanno fatto finta di non fare il loro mestiere. C’è una scena nel film che non abbiamo messo, lui ad una riunione con il capo della general eletric. Lui dice ad un uomo non si preoccupi che sta andando in pensione magari posso assumerla io tra qualche anno. Lì dopo una provocazione più guascona, ma lì c’è il dialogo e l’ascolto. Questa scena racconta molto Matteo”.

L’ultimo tuo film parlava di giovani, come mai ti sei concentrato in questa parte? 

Alessandro D’Alatri: “C’è bisogno di dare fiducia ai giovani, questo cast che sta qui è venuto da formazioni straordinarie e fatte di sacrifici. Ancora tirano la cinghia, io sono affascinato da chi non ha garanzie. Questo a me dà una grande energia, oggi si parla solo di giovani ma ci sono tanti 50enni non rappresentati. Nel film c’è la storia di un uomo disoccupato che viene licenziato, magari il prossimo film sarà in una casa di cura. C’è tutta una società nel film”.

Il ministro Poletti era iscritto alla piattaforma di Matteo?  In questo film c’è il rifiuto della politica, questo ministro ha un nome?

Matteo Achilli: “È normale per un ministro non conoscere tutte le piccole realtà che operano nel settore. Chiedo il vostro aiuto per invitarlo alla prima del film il 5. La scena è vera, il ministro è meglio non dirlo. Vi dico però che l’interesse della politica ci può essere quando hai un database corposo con indirizzi e percorsi. Non farò attività di questo tipo perché sono un imprenditore”.

Come mai ti hai scelto di accettare il film?

Alessandro D’Alatri: “Mi è stato proposto questo film e me l’ho accettato perché era una continuità ideale del mio pensiero. La Febbre anticipava queste tematiche, quella scena è importante perché uno deve decidere se prendere le scorciatoie che sono le strade più praticate di questo paese. La sera dormi meglio dopo una scelta come quella”.

Immagino che insieme al successo arriva l’invidia, ci sono su alcuni giornali con polemiche sulla sua azienda. Quanto c’è di vero in questa cosa? Com’è lo stato della sua azienda per replicare?

Matteo Achilli: “Diciamo che sicuramente avendo loro scelto la mia storia per i valori è la storia di una start up e c’è un’alta visibilità. Non è però un film della Microsoft, forse c’è invidia di chi ha altre start up. Io ho due fortune: sono inattaccabile perché creo valore in Italia in modo onesto ed innovativo, non perdo poi mai il rispetto. Chi ascolta me deve sentire un messaggio positivo e di speranza, io auguro a tutti loro di avere successo con aziende grandi in grado di dare lavoro”.

Volevo chiederle, lei ha messo una colonna sonora bella e importante che dà ritmo al film. Fermo e restando che siamo in un teatro che ha problemi diversi sul suono, la musica doveva non solo accompagnare le immagini ma sovrastarle? 

Alessandro D’Alatri: “Sicuramente non c’è stato l’ascolto ottimale, io ad esempio ho un ritorno strano delle vostre domande. Sono contento del lavoro musicale, sicuramente la sala gli renderà più giustizia. Stiamo parlando di una generazione in cui la musica è l’asse portante. I miei ragazzi la vivono dalla mattina alla sera la musica. All’interno del film c’è Ginevra che ha fatto il brano estivo ed è un talento emergente che non è passato da X-Factor o dai reality”.

Matteo ha fatto una cosa grandiosa, ma in tutto ciò qual è stato il prezzo da pagare nel privato?

Matteo Achilli: “Rispetto al sacrificio sicuramente bisogna farlo, il tempo è limitato. Inizi a trascurare le persone che ti vogliono bene, ma io ho la consapevolezza che la felicità me la danno le relazioni. Ho dovuto sacrificare l’Università, con sacrificio sono andato a Milano ed invece di andare a seguire il percorso l’ho dovuta sacrificare per seguire il lancio. Credo che il sacrificio sia lo stesso per gli attori giovani qui presenti. La differenza è che loro hanno un talento, io amavo tantissimo nuotare però il mio talento non mi ha permesso di farcela. Quando la passione incontra il talento è meraviglioso”.

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Nella tua vita il film parte con un no che innesca questo meccanismo di rivalsa, spesso i ragazzi si imbattono nei no un po’ anche a Matilde è successo. Volevo sapere cosa fare quando c’è un no così ingiusto?

Matteo Achilli: “Il film mostra un aspetto chiave che ha fatto nascere il merito. Qui si parla di una start up tecnologica ma non c’è lo stereotipo del nerd. Io ho fatto nuoto agonistico per tutta la vita fino a 18 anni. Lo sport è una meravigliosa simulazione della vita, avevo un talento che mi ha portato a vincere i campionati italiani giovanili. Lì c’è stato l’inizio della fine della mia carriera. Pensavo di poter vincere perché avevo più talento degli altri. Iniziai ad avere questa attitudine e da primo arrivai terzo, poi ottavo. Io nel nuoto ho fallito perché non ho fatto le cose fatte bene e ho peccato di presunzione. Non voglio fallire nella vita, quando si vince alzi le braccia al cielo per ricordare le cose da fare con il sacrificio”.
Matilde Gioli: “Sicuramente non ero campionessa, però in squadra andavamo a fare anche gli europei con un bel lavoro. Non è stato un percorso sudato il mio, non ho fatto sacrifici. È stato un inciampo che poi per mantenerlo servono i sacrifici. Ci può essere un incontro fortunato, ma poi serve quella disciplina lì”.

Vorrei sapere in che misura il ritorno alle radici abbia influenzato il poter proseguire, a parte le svolte a Milano? La figura della fidanzata che tramite il privato riavvia.

Matteo Achilli: “Si dice che il viaggiatore parte per cercare qualcosa, ma poi quella cosa la trova quando torna a casa”.

 
 
 
 
 
 

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