Venezia73: Brimstone, presentato alla stampa il nuovo western con Kit Harington, Guy Pierce, Dakota Fanning e Carice Van Houten

Brimstone, il nuovo western con protagonisti Kit Harington, Guy Pierce, Dakota Fanning e Carice Van Houten è stato presentato stamane alla stampa internazionale.

Marthin Koolhoven, Dakota Fanning ed Emila Jones hanno presentato stamane alla stampa internazionale il loro ultimo lavoro Brimstone. Vediamo cosa ci hanno detto.
Liz (Dakota Fanning) è accusata dal reverendo della città, desideroso di vendetta, di un crimine che non ha mai commesso. Un vester psicologico incentrato sulla ricerca della verità.
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A lei piacciono i film western, cosa ci può dire a riguardo?
Martin Koolhoven: Sono sempre stato un amante del genere, anche se nell’affrontare il film mi sono sentito un pochino in soggezione. Alcuni dei miei film preferiti sono dei western. Quando è giunto il momento di fare un film recitato interamente in inglese ho trovato una buona soluzione; l’unico modo di farlo era rendere il western qualcosa di personale. Mi sono ispirato agli “spaghetti western”, i western italiani come quelli realizzati da Enzo Castellari. Volevo ricreare un qualcosa che avesse un retrogusto olandese. Naturalmente c’è di mezzo la religione calvinista, tipica della mia nazione.
Il punto di vista femminile è una novità secondo lei?
Martin Koolhoven: Si, stavo facendo delle ricerche per il film e avevo deciso di farlo di pancia, diverso da come veiene idealizzato il vecchio e selvaggio west ove solamente il 50% della popolazione aveva un peso rilevante e contadini, poveri e donne non avevano alcuna possibilità di opinione. nei vecchi western come in un libro che stavo leggendo quando ebbi l’idea, la donna o scappava o diventava una puttana. Odiavo questa nostra idea molto macha del mondo occidentale e così ho deciso di stravolgere il punto di vista.
Dakota Fanning: Si, penso che il punto di vista femminile mi abbia convinto a partecipare a questo progetto. Credo che per ogni genere cinematografico sia una rarità che una donna abbia un ruolo predominante e domini la scena. Quando vedo un personaggio  femminile importante e di spessore ne sono sempre attratta. Inoltre, il film era un western e non avevo mai visto un ruolo di leadership femminile in alcun film di questo tipo.
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Martin Koolhoven: Ci sono pochi western con un carattere principale femminile, in questo caso siamo stati anche molto fedeli a com’era realmente la donna.
Emila Jones: È stato molto eccitante anche per me.
Ho trovato interessante come questo film svuoti e porti in un nuovo contesto dei modelli narrativi come il west e la bibbia, i titoli dei capitoli del film, esempio, sono bibblici. Perchè ha strutturato così il racconto?
Martin Koolhoven: È un qualche cosa che è accaduto gradualmente, avevo cominciato con lo scrivere in modo lineare e ho avuto dei flashback. Mi sono detto che dovevo assolutamente trovare una struttura del racconto ottimale per far funzionare la storia in modo migliore. Non potevo farlo con il procedimento lineare, credo che il risultato finale sia stato il modo più emotivo di raccontare la storia. Non mi sono posto l’obiettivo di una struttura coerente, è venuta fuori così. Poco alla volta.
Penso che ci sia una mutazione del bene e del mondo di Dio in questo film, lei pensa che ci sia una correlazione con quello che stiamo vivendo oggigiorno? Com’è stato il suo rapporto con la recitazione muta?
Dakota Fanning: Non vedevo l’ora di recitare interpretando il ruolo di un personaggio muto, rimango sempre affascinata quando vedo delle persone che comunicano senza parole con il corpo e le vibrazioni. Essere in grado di portare queste sensazioni sullo schermo mi entusiasmava. Ma ci voleva una preparazione particolare. La situazione era una grande sfida per me, il riuscire a farlo bene soprattutto; ciò  mi ha aiutato a comunicare senza parole.
Martin Koolhoven: In ogni film che si fa c’è sempre una parte della storia che riguarda il passato, la storia vera e propria con la S maiuscola e questo vale anche per l’argomento religioso. Ci sono voluti anni per scrivere questa storia, non ho cominciato con tutte le idee pronte in testa, gho iniziato a scrivere e pian piano mi sono reso conto di quello che stavo facendo.
È stato influenzato dal film Il cavaliere Pallido (Pale rider) di Clint Eastwood?
Martin Koolhoven: Si, non so se è stata una grossa influenza e se me lo sta chiedendo per le ragioni giuste. C’è un elemento in comune di cui però esito a parlare.
Ha visto il film Salvation? Credo che entrambi i film abbiano un personaggio femminile che non parla perchè muto? Perché ha scelto proprio Dakota Fanning?
Martin Koolhoven: Non ho visto il film The Salvation (con Mads Mikkelsen ed Eva Green). È buffo, quando abbiamo dato agli attori i copioni ho sentito dire che era uscito quel film o che lo stavano girando, ora non ricordo, e ho deciso appositamente di non vederlo. Ce l’ho in dvd e lo vedrò presto. Dakota è un’attrice fantastica e la storia aveva bisogno di una persona che potesse essere nel contempo potente, forte e vulnerabile. La protagonista vive la vicenda in u n arco temporale abbastanza ampio e le cose che stanno nel mezzo sono molteplici e sfaccettate. Dakota è stata fantastica e mi ha sbalordito. Non ho mai avuto un’attrice di questo tipo, era già attrice appena ha iniziato a camminare. Sa tutto, il 90% del tempo le puoi chiedere; Sapevi già cosa volevo vero? Sa veramente tante cose e presto potrebbe diventare anche lei regista, spero che non perda l’anima  e con lei non può succedere perché è sempre fedele al personaggio che interpreta.
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Ci sono altri attori nel film e ve lo volevo chiedere. Per una buona parte del pubblico può essere duro vedere tanta violenza contro le donne, vi siete mai poste il problema?
Emila Jones: Io e Guy (Pierce) abbiamo fatto molte scene insieme, naturalmente lui non voleva essere violento con me, ma il suo comportamento era importate ai fini della storia. Contemporaneamente abbiamo anche portato avanti parti comiche e piene di humor.
Dakota Fanning: Sono in grado di discenrere cosa c’è dietro un ciack e l’esperienza che si fa all’infuori del film. Ci sono diverse storie con ingredienti diversi. Se c’è posto per la violenza nel mondo devo affrontarla. “Il Trono di Spade” prende proprio in considerazione questa violenza e anche questa storia la richiedeva.
Martin Koolhoven: Bisogna essere fedeli al materiale, a quello che è accaduto ad una persona caduta in rovina, anche se ci si sente in dubbio da un punto di vista morale. Altrimenti, non mantenendo il punto, avrei fatto qualcosa di sbagliato. In molti casi quando la violenza accade non si vede, qui abbiamo dovuto affrontarla a viso aperto.
Si è posto la domanda se questo da qualcuno possa essere giudicato un film blasfemo? La scena finale con l’assenza dell’amore, cosa può dirci a riguardo?
Martin Koolhoven: Il mio obiettivo non era essere blasfemo, spetta agli altri deciderlo. Cerco semplicemente di rispettare la verità seguendo la storia, dove questa mi porta. Sono sicuro che ci saranno in futuro persone che, dopo aver visto il film, crederanno alla blasfemia della storia.
È stata una sfida ricreare il classico paesaggio americano e mantenere lo stile del film tipicamente olandese?
Martin Koolhoven: Noi volevamo girare in Canada, ma quando stavo facendo le mie ricerche un amico mi aveva detto che c’erano dei posti europei dal paesaggio simile a quello americano. Ho cercato di approfondire le ricerche ma ad un certo punto abbiamo avuto mancanze di soldi. Abbiamo così scoperto che il finanziamento in Europa avrebbe potuto permetterci di fare al meglio il film. Abbiamo girato il film in particolari zone della Germania e della Spagna, solo alcuni paesaggi erano localizzati in Ungheria e li abbiamo modificati con il digitale.
Els Vandevorst: Questo film non è il solito film d’autore. Abbiamo cercato di fare una coproduzione con altri paesi europei ed è stato facile ottenere 7-8 finanziamenti. Si può spendere denaro soltanto una volta e abbiamo capito sin dall’inizio che avevamo bisogno di una partnership che ci permettesse di focalizzarci soprattutto con il paese in cui volevamo spendere il denaro. Abbiamo così combinato le fonti di finanziamento con paesi minori. La Germania ci ha finanziato molto. Ha creduto sin da subito nel progetto.
Secondo voi il genere western può vivere una nuova giovinezza?
Martin Koolhoven: Credo che se la storia è buona la si possa sempre raccontare, credo che ci saranno sempre dei registi che troveranno i finanziamenti per fare un western. Ne vediamo sempre di più e mi spaventa la moda perché poi le mode passano. Credo che sia uno dei generi più interessanti. Quando ho detto che volevo fare un western mi hanno scritto in tanti per partecipare. La percezione che si ha del western è questa, risale alle origini del cinema.
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Quali sono i consigli che ha dato a queste nuove attrici più giovani di te?
Dakota Fanning: Ci siamo incrociate per pochi ciak e pochi giorni sul set, ma non credo di essere in grado di dare consigli.

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